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Gender gap, a che punto è l’Italia

Il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum (WEF), che ogni anno rileva lo stato del divario di genere nel mondo, posiziona l’Italia al 79esimo posto rispetto a 146 paesi analizzati, con una perdita di 16 posizioni rispetto alle rilevazioni 2022, e ampia distanza rispetto a numerosi Paesi dell’eurozona, dove ad esempio la Germania si conferma al sesto posto e la Spagna al 18esimo.

“Partecipazione economica e opportunità per le donne” è, nello specifico, l’area in cui l’Italia ottiene un punteggio più basso (104/146). Mentre la posizione migliore si conferma nella sezione “livello di istruzione”.

Effettivamente si tratta di dati allineati anche alle statistiche di Eurostat che rileva l’Italia al terzultimo posto in Europa in termini di occupazione delle donne. Secondo le ultime rilevazioni ISTAT, sarebbero 1,4 milioni le donne che in Italia hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro.

Le iniziative istituzionali

Negli ultimi anni, diverse sono state le leggi e le politiche emanate per contrastare questo allarmante scenario e garantire l’uguaglianza di trattamento nelle opportunità di lavoro. Sono passati oltre 10 anni dalla ben nota Legge Golfo-Mosca sulle cosiddette “quote di genere”. Iniziativa nata per aumentare la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle grandi aziende e che ha portato in Italia, secondo ‘Il Sole 24 ore’, il numero delle donne nei Cda delle società quotate dal 7 al 40%.

Lo scorso anno, invece, è stato esteso l’obbligo di redigere il rapporto biennale sulla situazione del personale anche alle aziende con più di 50 dipendenti e quindi di fare disclosure rispetto alla composizione delle risorse umane divisa per genere.

Inoltre è stata introdotta la Certificazione di parità di genere, che seppur su base volontaria permette alle aziende certificate di ottenere sgravi fiscali e incentivi. Le imprese che vogliono intraprendere questo percorso dovranno dar conto di una serie di dati e informazioni qualitative afferenti a 6 macro-aree, ovvero: Cultura e strategia; Governance; Processi HR; Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda; Equità remunerativa per genere; Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. Ad oggi, in Italia, sono state certificate più di 500 imprese di comparti differenti.

L’introduzione del Sistema di certificazione della parità di genere dà attuazione alla cosiddetta Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 che, secondo il Dipartimento per le Pari Opportunità  della Presidenza del Consiglio dei ministri, persegue l’obiettivo di raggiungere, entro il 2026, l’incremento di 5 punti nella classifica dell’indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), che attualmente colloca l’Italia al 14° posto tra i Paesi UE.

Il contributo dell’associazionismo

Notevole il fermento della società civile italiana sul tema delle pari opportunità nel mondo del lavoro. Lo scorso luglio, si è costituito il Comitato italiano del Women7 (W7), il gruppo di interesse ufficiale del G7 sull’uguaglianza di genere, che durante la presidenza italiana 2024 con il supporto di 80 advisor internazionali presenterà le sue raccomandazioni al Vertice, anche per accelerare l’occupazione femminile. E tra le numerose iniziative, attiva inoltre Inclusione Donna, l’alleanza di oltre 80 organizzazioni italiane impegnate sulla parità di genere che, dopo aver contribuito alla stesura degli indicatori della Certificazione di parità, ora si concentrerà sul tema della valutazione di impatto di genere.

L’impegno delle giovani donne

Ancora sottorappresentate in Italia e con un tasso di disoccupazione giovanile del 21,7% (ISTAT), le giovani italiane costituiscono anche associazioni per supportare l’equità di genere. Come nel caso di Young Women Network, che dal 2011 promuove le soft skills come strumento di empowerment delle donne alle prime esperienze professionali. Il network attivo con formazione, percorsi di mentoring e advocacy, ha recentemente lanciato Hanami, un podcast con 8 storie di “fioritura” e consapevolezza per ispirare le giovani donne a valorizzare la propria unicità e farsi strada verso i propri obiettivi.

Le soluzioni per il cambiamento

Le pari opportunità dovrebbero essere una priorità mainstream di ogni ambito, settore e industria, e l’ottica di genere intersezionale dovrebbe essere considerata prima della costruzione di una qualsiasi policy aziendale e regolamento affinché se ne considerino gli impatti da ogni punto di vista. Al di là delle novità legislative che sicuramente permettono un’accelerazione rispetto alla corsa verso l’equità di genere, inoltre fondamentale è l’impegno sinergico di ogni attore rispetto alla costruzione concreta di una nuova cultura di impresa basata sull’equità.

A tal proposito, sarebbe necessario partire dalle scuole, con il consolidamento di modelli che possano ispirare ragazze e bambine a seguire le proprie ambizioni e inclinazioni senza lasciarsi condizionare dai cosiddetti bias di genere. E per le generazioni in età lavorativa, invece, prevedere anche all’interno delle imprese percorsi di empowerment e mentoring ma anche sportelli di counselling e momenti di ascolto proattivo. Per il contrasto al fenomeno della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, urgente è lavorare sull’educazione e divulgazione sessuo-affettiva con ogni canale e strumento formativo e divulgativo disponibile, e infine costruire meccanismi di grievance ad hoc che permettano a chiunque di segnalare eventuali episodi di sessismo e discriminazione.

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