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L’intervento pubblico nell’economia tra sfide e prospettive

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Negli ultimi anni, l’apparato statale ha dimostrato un interesse crescente nel supportare e proteggere i settori strategici dell’economia nazionale. Si tratta di un tema globale: negli ultimi 30 anni almeno 37 Paesi hanno introdotto un quadro normativo per lo screening degli investimenti, integrando processi valutazione e selezione per motivi assimilabili alla tutela della sicurezza nazionale.

In un periodo caratterizzato da incertezze e tensioni anche geopolitiche, occorre riflettere in maniera preventiva sui possibili effetti contrastanti di un maggior intervento statale in ‘questioni di mercato’. Anzitutto, occorre delineare i due grandi filoni di intervento pubblico: quello legato al supporto di settori strategici e quello riferibile alla tutela degli stessi.

Il primo approccio vede lo Stato intervenire con sostegni concreti alle filiere di interesse nazionale, attraverso aiuti erogati ad esempio sotto forma di misure emergenziali: solo lo scorso anno la Commissione Europea ha adottato 195 decisioni relative al Temporary Crisis Framework, facendo arrivare il bilancio complessivo di aiuti notificati alla Commissione dagli Stati membri a oltre 600 mld di euro.

Oltre alle misure emergenziali, sono molti i provvedimenti a medio termine volti a fornire supporto continuativo all’economia un sostegno continuativo. A livello nazionale, sono emblematici in tal senso i chips act, iniziativa che segue il percorso creato dallo European Chips Act, ed il recente disegno di legge sul Made in Italy. La principale criticità derivante da questa tipologia di interventi può essere ricondotta alla fase di phasing-out, ovvero di eliminazione degli strumenti e delle misure, poiché un crescente statalismo potrebbe portare ad un’eccessiva dipendenza del tessuto imprenditoriale dagli interventi pubblici: ciò è tanto più vero nel nostro Paese, dove quasi il 95% delle aziende sono micro-imprese e la graduale riduzione dei rapporti territoriali banca impresa rischia di compromettere l’accesso al credito e la capacità di investimento delle imprese.

Il secondo approccio è incentrato sulla tutela delle filiere strategiche. Lo strumento principe in tal senso è il ‘golden power’, il potere del Governo di porre specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni o veti all’adozione di delibere societarie relative a operazioni  straordinarie o di particolare rilevanza, tali da compromettere l’interesse nazionale. Si tratta di uno strumento cruciale, troppo spesso sottovalutato dagli operatori privati e dai policy maker. Per il settore privato, è infatti fondamentale comprendere e conoscere a fondo i perimetri e la strategicità dello strumento, che non riguarda solo aziende dimensionalmente strategiche, ma anzi può coinvolgere società di dimensioni minori ma che svolgono un ruolo geopolitico chiave.

D’altro canto, per i policy maker, specialmente quelli con un ambito di azione territoriale, è importante avere piena contezza delle imprese
operanti sul territorio di possibile interesse nazionale, al fine di adottare percorsi di sviluppo che su queste possano far leva. Al contempo è importante trovare un compromesso tra innovazione e crescita da un lato e limiti imposti dall’intervento pubblico dall’altro. Se pensiamo appunto al golden power, non è sempre semplice garantire il delicato equilibrio tra sviluppo economico e tutela della sicurezza e della sovranità nazionali.

Per cercare di rispondere in modo efficace ad entrambe le necessità, è fondamentale armonizzare le aree di intervento in termini normativi sui piani nazionale ed europeo, e in tal senso dovrebbe operare la nuova Strategia Europea per la Sicurezza Economica. Occorre poi garantire, in ottica preventiva, la coesione economica dell’Unione, per far leva sull’integrazione delle catene del valore strategiche e della ricerca e sviluppo. Si tratta di una sfida complessa che deve vedere la collaborazione tra mondo pubblico e mondo privato a livello strategico sovranazionale, in un’osmosi di interessi e obiettivi comuni.

*Founder e Managing Director di Futuritaly, strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale.

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