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Uno dei 2 italiani che ha portato l’Expo a Riad è lo stesso di Milano 2015. Ma Roma l’ha cercato tardi

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C’è un italiano dietro a tre delle ultime quattro candidature vincenti degli Expo, le esposizioni universali. Si chiama Roberto Daneo, è astigiano, e con il socio Giorgio Re (a sinistra nella foto in evidenza, con Daneo a destra) e la loro società Weplan ha coordinato il dossier ‘The era of a change’ per la candidatura di Riad all’Expo 2030. C’è sempre la stessa società dietro alla candidatura dell’ultimo Expo, quello di Dubai. Ed è stato proprio Daneo, racconta a Fortune Italia, a proporre a Milano e all’allora Sindaco Letizia Moratti l’esposizione universale che si è poi tenuta nel 2015.

La società di Daneo d’altronde lavora abitualmente per i grandi eventi del nostro Paese. Ha portato a Milano-Cortina le Olimpiadi invernali del 2026 e a Roma (per la quale era stata curata la candidatura, poi ritirata, alle Olimpiadi del 2024) la Ryder cup di golf del 2022. E sempre per Roma Weplan sta lavorando alla candidatura per i mondiali di atletica del 2027, mentre un’altra candidatura è in corso d’opera per un importante evento sportivo nel 2031, del quale il manager non rivela né lo sport né la città. Non si tratta, dice, dei mondiali di pallacanestro.

Eppure, per l’appuntamento più ricco di tutti, la società di Daneo era schierata non con l’Italia, ma dalla parte della capitale saudita, che ha sbaragliato le concorrenti e gettato gli italiani nello sconforto, su tutti il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri.

Ma se cavallo che vince non si cambia, perché non è stata la società di Daneo a occuparsi della candidatura italiana? Roma “ci ha contattato”, dice Daneo a Fortune Italia. Solo che è arrivata in ritardo. Nello specifico “circa sei mesi dopo che avevamo iniziato a lavorare” per la ‘Royal Commission for Riyadh City’ saudita, insieme alla società francese Avisa, ovvero ad “aprile 2021”.

Quando è arrivata la richiesta di informazioni da Roma, spiega Daneo, Weplan aveva già contattato i primi architetti per il progetto  in Arabia Saudita ed iniziato a elaborare il tema di un evento letteralmente storico, a livello economico e geopolitico, per un Paese che deve fare i conti anche con la sua immagine, se si considera il tema del rispetto dei diritti civili. Eppure, la vittoria di Parigi, con la decisione del Bureau International des Expositiones, è stata netta: Riad ha vinto con 119 preferenze. A Roma, terza, solo 17 voti.

Delusione Expo2030: vince Riad con 119 preferenze. A Roma solo 17 voti

Il dossier completo consegnato dopo un anno e mezzo di lavoro (a settembre 2022) dai due italiani, da più di 600 pagine, non è ancora stato pubblicato dall’Arabia Saudita, cosa che “di solito avviene dopo l’assegnazione della candidatura”, spiega Daneo. Ma la Royal Commission for Riad City, proprietaria intellettuale del dossier, non ha ancora diffuso il “malloppone” in cui “si disegna il progetto Expo da zero dal master plan del sito fatto dagli architetti allo sviluppo del tema, dalla descrizione della città all’analisi dei flussi potenziali dei visitatori, fino al piano finanziario ed economico”. Un progetto “curato da noi nel complesso con altri consulenti che hanno fornito approfondimenti strategici, come il piano dei trasporti e dell’accessibilità”.

Expo 2030, i motivi della vittoria di Riad

Perché a vincere è stata la candidatura saudita? “La qualità del progetto è necessaria ma non sufficiente”, dice il manager. “Perché serve anche una campagna di promozione internazionale e prestigio messo in campo da Arabia Saudita. Inoltre, sottolinea, i Paesi che partecipano agli Expo – e che investono fino a 50 mln di euro per i padiglioni –  prediligono Paesi emergenti con grandi opportunità di business. Il progetto strategico Vision 2030 dell’Arabia Saudita ha investimenti miliardari che stanno trasformando il Paese. Per noi è stato abbastanza facile innestare il progetto su questa vision”.

I numero dell’Expo 2030

Secondo Daneo il budget complessivo dell’Expo 2030 oscilla tra i 5,5 e i 6 mld di dollari, che verranno spesi per la costruzione del sito – “nuovissimo e a una fermata di metro dall’aeroporto” – e la gestione dell’evento, che dura 6 mesi. Altri investimenti, che Daneo stima potrebbero sfiorare i 2 mld, sono quelli che i Paesi partecipanti spenderanno per costruire padiglioni e investire a Riad. Una spesa complessiva di quasi 8 mld. In più, l’Arabia Saudita ha avuto l’accortezza di supportare economicamente tutti i Paesi più piccoli: “Per la prima volta è  stato proposto di avere un padiglione singolo per ognuno di questi Paesi da almeno 500 metri quadri”.

Diritti civili e ritorno economico

E le polemiche sul rispetto dei diritti civili nel Paese? Il manager diche che “ogni volta che si lavora per un Paese estero hai uno sguardo disincantato, e questo ti consente di vederlo con gli stessi occhi con cui lo vedrebbero altri Paesi. Abbiamo lavorato molto bene con tutte le istituzioni, con un grande lavoro di raccolta di informazioni. È un paese in grande trasformazione, anche dal punto di vista dell’inclusività sociale: il team che ha presentato il progetto a Parigi era composto in grande quantità da donne. Una grande attenzione l’abbiamo prestata alla parte di governance e sicurezza e abbiamo esaminato su questo il corpo legislativo Arabia saudita, che è all’avanguardia: il livello massimo di sicurezza verrà applicato” all’Expo, dice il socio di Weplan.


Per quanto riguarda il ritorno economico, quello (mancato) per Roma era stimato in circa 50 mld di euro. Quello per l’Expo 2030 di Riad non è incluso nel dossier che ha convinto Parigi, anche se dall’Arabia Saudita si parla della creazione di 250mila posti di lavoro, mentre le stime sul ritorno economico viaggiano sui 100 mld. “Non abbiamo fatto un’analisi dell’impatto economico e occupazionale, non veniva chiesto per il dossier. Credo però che si debba applicare un moltiplicatore importante. Oltre agli investimenti diretti e a quelli dei Paesi ospiti vanno tenuti in conto l’afflusso dei turisti e tutte le opportunità di b2b e b2g”, cioè la possibilità per chi arriva di fare contratti con imprese e governo saudita. Ma anche “tutti gli investimenti diretti che un grande evento incentiva, come è stato a Milano”.

Daneo nel conquistare eventi internazionali ha superato i venti anni di esperienza. Precedentemente funzionario della Commissione Europea, nel 2001 si è allontanato di Bruxelles per lavorare ai giochi olimpici di Torino per i quali è stato direttore delle relazioni istituzionali fino al 2006. “Finiti i giochi mi è venuta l’idea della candidatura all’Expo”, proposta all’allora Sindaco di Milano Letizia Moratti.

Direttore operativo della candidatura di Milano 2015, dopo aver assicurato l’esposizione al capoluogo meneghino, nel 2008, si è “messo in proprio”, ha conosciuto il socio Giorgio Re e iniziato a lavorare ai tanti eventi portati a casa negli anni seguenti, come quelli italiani (e romani). Tra questi, anche i mondiali di equitazione a Roma e Verona. Anche allora Italia e Arabia Saudita erano concorrenti per ospitare la manifestazione, ma la corsa, in quel caso, l’abbiamo vinta noi.

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