NF24
Cerca
Close this search box.

Il sogno di volare: sono sempre più le donne pilota di aerei, ma l’Italia può migliorare

Sognava di pilotare uno degli aerei che atterravano sulla pista della base militare di Verona, dov’è cresciuta. E’ Marta Silvetti, una pilota italiana che ha realizzato il suo desiderio di bambina sulle orme di altre pioniere che hanno scelto una professione apparentemente di appannaggio maschile, come Antonella Celletti che fu la prima donna pilota in Italia, nel 1989, e diventò comandante sei anni dopo, nel 1995. Marta Silvetti è l’unica italiana nella flotta di Vueling – in cui le donne rappresentano il 4,6% dei piloti, rispetto al 4,4% del 2021 – e Fortune Italia l’ha incontrata per conoscere meglio le opportunità e le sfide di questa professione che per lei ha rappresentato una scelta di vita.

Pilota d’aviazione civile. Quando ha deciso che questo sarebbe stato il suo lavoro?

Fin da piccola ho avuto questo sogno. Sono cresciuta a contatto con gli aeroplani, visto che sono di Verona e ho vissuto in una base militare trasformata poi in base civile. Ma da bambina non ci pensi, solo quando cresci e ti poni delle domande sul futuro cominci a considerare quel mondo come uno sbocco professionale. Mi attraeva molto il contesto militare, ma quando ho cominciato io l’aeronautica militare non era aperta alle ragazze. Su consiglio anche dei miei genitori ho conseguito una laurea in economia aziendale. Poi nel 2001 l’accademia militare ha cominciato ad accettare anche candidature femminili, ma io avevo appena concluso la carriera universitaria e non volevo ripartire da zero. Decisi quindi di orientarmi sull’aviazione civile, cominciando a conseguire i miei brevetti.

Quali sono gli studi che consentono di raggiungere questo obiettivo professionale?

È sufficiente aver conseguito un diploma di scuola superiore per accedere al corso di pilota commerciale.  Io ero anche laureata, la mia specializzazione non aveva molto a che fare con il mondo dell’aeronautica civile ma l’esperienza universitaria mi è servita per gestire la notevole mole di studio prevista per il conseguimento dei brevetti. I ragazzi e le ragazze possono cominciare la formazione aeronautica già a 18 anni, ma io sono contenta di aver fatto prima anche l’università, perché a 22 anni ero di sicuro più matura per affrontare la preparazione professionale, si tratta di due anni intensi di studio e di impegno, devi imparare a gestire una responsabilità grande, io suggerirei di acquisire una certa maturità anche a livello personale, prima di cimentarsi con questo percorso.

Le licenze di pilotaggio Easa (European aviation safety agency) hanno valenza europea, e in Italia ci sono diverse scuole che consentono di conseguire i brevetti.

Quando ho deciso di fare il corso di volo l’Italia non era sotto la normativa europea, è entrata nel 2003. Ai tempi l’opzione era quella di recarsi negli Stati Uniti e convertire poi il brevetto, o scegliere una scuola già Easa. Io stavo frequentando l’Erasmus a Barcellona, all’ultimo anno di università, ed è stato qui che ho cominciato anche il mio brevetto aeronautico. La Spagna era avanti di dieci anni per formazione e mentalità, anche nell’esercito e nell’aeronautica spagnola le donne erano già state integrate. Con molto piacere e sorpresa nel mio percorso di formazione ho incontrato anche istruttrici donne. In nessun momento ho visto discriminazione, anzi il mio modello di riferimento è stato quello di queste due istruttrici, donne molto in gamba e integrate nel mondo aeronautico.

Quante lingue straniere deve saper parlare un pilota?

È essenziale l’inglese, che è la base delle comunicazioni standard, e poi ci sono le sei lingue riconosciute dall’International civil aviation organization (Icao), che non comprende l’italiano ma lo spagnolo sì.  In linea di massima tutta la formazione linguistica è utile, io lavoro con piloti di tante nazionalità. Quando entri in una compagnia c’è la lingua base, che è quella del paese in cui operi. Noi in cabina parliamo quasi sempre spagnolo, ma se ci sono compagni che vengono da fuori comunichiamo in inglese.

Ci sono dei requisiti fisici standard richiesti per la professione di pilota?

Prima di decidere di diventare pilota è indispensabile richiedere il riconoscimento medico di ‘classe uno’ che comprende tutti i requisiti medico aeronautici utili ad ottenere il brevetto e per accedere alla carriera. Poi la responsabilità di mantenere le condizioni ottime per volare è del pilota. Il nostro è un lavoro sedentario, seduti dalle 8 alle 10 ore tutti i giorni, la preparazione fisica non è obbligatoria, ma è una richiesta che arriva dal corpo che ha bisogno di restare attivo, bisogna contenere il peso in certi limiti, avere un’alimentazione curata.

La sua scelta di volare con una low cost è arrivata per gestire gli impegni di famiglia. Ci racconti meglio.

Quella di Vueling è stata una decisione personale, vedevo e vedo la compagnia come la migliore opzione per conciliare professione e vita personale. La mia è una vocazione già da prima di decidere di avere una famiglia. Quando cresci e maturi pensi che puoi sviluppare anche la tua vita personale, e per questo devi avere un giusto equilibrio. Io ho avuto la fortuna di trovare mio marito, anche lui pilota. Abbiamo volato per 10 anni per una compagnia regionale, ma stavamo fuori casa per diversi giorni al mese. Noi abbiamo due figli e nel momento in cui il più grande ha cominciato le elementari avevamo chiaro che per conciliare lavoro e famiglia dovevamo poter tornare a casa tutte le sere e avere la base nella stessa città. Vueling è stata la decisione migliore per riuscire a garantire una presenza costante e stabile in casa. Non ci importava la città di residenza, siamo stati a Roma per tre anni, contenti di vivere quell’esperienza, i bambini sono bilingue, e poi siamo tornati a Valencia, la città di mio marito.  La low cost che ti permette di vivere nella base dove lavori ti dà la possibilità di trasformare un lavoro fuori dallo standard in un lavoro normale, con degli orari a turni, ovviamente ci capita di  lavorare durante il fine settimana e nei periodi festivi ma potendo tornare a casa la sera. E questo vale molto per me che sono donna, ma anche per i colleghi maschi è importante.

Com’è la situazione in Italia e quanto ha influenzato le sue scelte?

In Italia ho volato nei tre anni che sono stata a Roma, ma riconosco che il Paese deve ancora progredire, col tempo sarà sempre più normale la presenza delle donne nel mondo dell’aviazione e nei lavori in cui la presenza femminile non è ancora valutata al 100%. In questo senso, noi donne pilota non siamo più l’eccezione ma siamo quasi la norma, la percentuale è ancora bassa perché forse è un lavoro particolare. Ci sono compagnie che consentono di vivere serenamente questo lavoro che è impegnativo e richiede impegno e volontà, ma se la preparazione raggiunge lo stesso livello non c’è proprio nessuna differenza fra uomo e donna.

Volere è potere. Ma le ragazze che sognano di volare hanno forse bisogno di un consiglio mirato. Il suo qual è?

Non è proprio un consiglio, ma un suggerimento che vale in tutti i settori: bisogna seguire la propria vocazione. In particolare, per questo lavoro è importante non farsi affascinare dai falsi miti come la divisa, lo stipendio, sono cose che vengono dopo, la cosa più importante è la passione. Io da piccola restavo in testata pista per ore, guardavo gli aeroplani e restavo affascinata, la vocazione ti fa superare i problemi, come quelli connessi alla fase di addestramento. Bisognerebbe avere passione e affrontare gli ostacoli uno alla volta, non considerarli nel lungo periodo ma risolverli a poco a poco, durante il training. Io non avrei pensato di diventare pilota, avere due figli, sposarmi e riuscire anche a conciliare le cose, eppure…

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.