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Poste sul mercato? Sì, ma lo Stato non scenderà sotto il 35%

L’annuncio dell’avvio dell’operazione per cedere una parte delle azioni di Poste Italiane ha scatenato un dibattito acceso, con il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che stabilisce i parametri: “Dobbiamo mantenere il controllo, non possiamo scendere sotto il 35%”. Questa percentuale corrisponde alla quota detenuta da Cassa Depositi e Prestiti, sottolineando l’importanza strategica della società per l’interesse pubblico.

La tempistica e la quota esatta della cessione, tuttavia, verranno decise in base alle condizioni di mercato, garantendo il miglior risultato per il pubblico e rispettando gli interessi dei piccoli azionisti. Nonostante questa cautela, sia l’opposizione che i sindacati manifestano preoccupazioni.

Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, esprime il timore di “svendere asset strategici”, mentre i sindacati chiedono un incontro urgente con il governo per discutere l’impatto potenziale sul lavoro. Il dibattito si intensifica, evidenziando le preoccupazioni non solo sull’aspetto economico ma anche sul futuro occupazionale dei dipendenti di Poste Italiane.

Attualmente, lo Stato detiene circa il 65% della società, con il 29,26% direttamente attraverso il Ministero dell’Economia e il restante 35% indirettamente tramite Cassa Depositi e Prestiti. Giorgetti sottolinea che il controllo deve essere mantenuto, ma gli analisti suggeriscono che l’incasso dalla vendita potrebbe variare da 1,7 a oltre 3,5 miliardi di euro, a seconda della quota ceduta.

Gli esperti sottolineano che il governo sembra lasciare aperte diverse opzioni, inclusa la possibilità di mantenere una maggioranza assoluta o un controllo indiretto attraverso una partecipazione superiore al 30%. Vincenzo Longo, analista finanziario di Ig, sottolinea l’importanza strategica di mantenere il controllo dell’azienda.

La strategia del governo, spiegata dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, punta a “fare ordine” nelle partecipazioni pubbliche per renderle più efficienti e ridurre il debito. Tuttavia, i sindacati criticano l’approccio di privatizzazione per generare liquidità e lamentano la mancanza di politiche industriali mirate a stimolare l’occupazione e l’economia.

La prossima fase prevede la nomina di advisor finanziari e legali, oltre alla formazione di un consorzio di banche per il collocamento. Gli esperti ipotizzano che l’operazione potrebbe concretizzarsi tra aprile e maggio, posticipandosi dopo la presentazione del nuovo piano strategico previsto per il 20 marzo.

Mentre il governo assicura che non si tratta di una svendita e che si agisce nell’ambito di una più ampia riorganizzazione delle partecipazioni pubbliche, le preoccupazioni sindacali indicano la necessità di un dialogo approfondito per bilanciare gli interessi economici con quelli sociali. Il futuro di Poste Italiane rimane al centro di un dibattito che coinvolge vari attori, e solo il tempo dirà quale sarà l’esito di questa operazione strategica.

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