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Changed by women, il progetto Bocconi per festeggiare le donne. Intervista a Paola Profeta

Novantanove donne, 99 storie, 99 vite di ragazze, ormai diventate adulte, che dopo l’università sono riuscite a raggiungere il successo a cui sognavano di arrivare. Storie di aspirazione, inventiva e cambiamenti che travalicano settori, età e ambiti ma che narrano anche modi sempre nuovi e a volte inaspettati di fare la differenza. Changed by women è il progetto che l’Università Bocconi ha deciso di lanciare in occasione della Giornata internazionale delle donne, e che ha l’obiettivo, grazie alle testimonianze delle sue ex studentesse ormai affermate nel mondo del lavoro, di ispirare le prossime generazioni a scavalcare stereotipi e limiti che questa società ancora, troppo spesso, porta avanti.

Un progetto che è anche un libro, che verrà presentato l’8 marzo a Milano nell’aula magna di via Roentgen insieme all’avvio di una raccolta fondi per delle borse di studio dedicate a studentesse che varcheranno le porte dell’Università milanese e a un programma di mentoring al femminile che farà tappa nelle sedi di tutto il mondo della Bocconi alumni community.

“Il progetto – ci spiega la prorettrice Bocconi per Diversità, Inclusione e Sostenibilità e direttrice dell’Axa research lab on gender equality della Bocconi, Paola Profeta, componente del Board Mpw di Fortune Italia – lo stiamo portando avanti per sostenere l’inclusione e in particolare l’empowerment femminile. Noi sappiamo che le ragazze ormai investono nell’istruzione, sono istruite e raggiungono livelli anche superiori a quelli maschili. Nonostante ciò, nel nostro Paese rimane ancora evidente l’esistenza di un forte divario di genere per quanto riguarda le carriere, le professioni, i salari e il raggiungimento da parte delle donne di posizioni di leadership”.

“Quindi, come università stiamo cercando di contribuire anche noi a ridurre queste differenze grazie ad una piattaforma che si chiama Change by women, in cui abbiamo raccolto le storie di nostre laureate, persone che sono passate dall’università Bocconi e sono riuscite raggiungere dei risultati di successo nella loro carriera professionale. Si tratta di interventi tutti legati al tema dell’empowerment femminile, della possibilità per le donne di fare carriera così come ce l’hanno gli uomini. La cosa importante che sottolinea questo progetto è che non si tratta soltanto di modelli di riferimento eccezionali, ma anche di storie di persone normali che si sono impegnate e che hanno raggiunto un loro obiettivo. In questo modo vorremmo sottolineare il messaggio che non bisogna essere speciali o eccezionali per riuscire ad avere una vita professionale ricca di soddisfazioni, ma tutti possono arrivare ad aspirarvi”.

Qual è la situazione del nostro Paese rispetto all’empowerment femminile?

La situazione del nostro Paese, come accennavo, è ancora abbastanza critica. In particolare, quando guardiamo all’occupazione femminile, si evince che in Italia abbiamo un tasso che è intorno al 51%. Il che significa che soltanto una donna su due lavora e questo dato è abbastanza stabile ormai da decenni. Inoltre siamo ultimi in Europa come divario per quanto riguarda la parità di genere sul mercato del lavoro e nelle posizioni economiche. Se poi guardiamo allo sviluppo, quindi alle carriere e alle posizioni di vertice, è ovvio che ci portiamo dietro questi ritardi in termini di occupazione. Intorno poi abbiamo una serie di altri problemi che si accumulano anche una volta che le donne riescono ad entrare nel mondo del lavoro. Ad esempio, abbiamo un tasso di abbandono legato alla maternità che penalizza circa il 33% delle donne, divari salariali, di carriera e di posizioni di vertice e così via. È molto importante quindi intervenire perché ormai siamo consapevoli che non è soltanto una questione di uguaglianza e di pari opportunità di diritti, che è assolutamente importante, ma è anche una questione proprio di crescita per il Paese.

Cosa andrebbe fatto per migliorare la situazione?

Purtroppo non c’è un’unica soluzione, una ricetta magica che si può mettere in campo, ma sono tante le cose che dovrebbero essere fatte. Occorre sicuramente partire dalla formazione, dunque, dall’istruzione delle ragazze e dei ragazzi così da creare dei modelli positivi, non soltanto da un punto di vista della leadership ma anche proprio da quello culturale, perché non sia più così eccezionale vedere delle donne che hanno raggiunto il successo professionale, e che anzi questo diventi una narrazione corretta e spero un giorno anche scontata. Per arrivare a ciò occorre investire in tutto quello che è il contesto che riguarda le politiche pubbliche a favore della famiglia creando maggiori servizi di uguaglianza tra uomini e donne nel caso della nascita di figli. Inoltre, dobbiamo stare attenti anche a tutto ciò che porterà con sé il progresso tecnologico, i cambiamenti di scenario che abbiamo dinanzi a noi, perché sappiamo che le donne sono meno rappresentate in questi settori e nelle materie legate all’intelligenza artificiale.

E quali potrebbero essere le conseguenze economiche, oltre che quelle sociali, di una maggiore integrazione femminile nel mondo del lavoro?

Sono conseguenze molto positive. Per tanti anni le grandi organizzazioni hanno stimato l’impatto che una maggiore occupazione femminile potrebbe avere sul PIL. Per esempio, l’Istituto europeo per la parità di genere dice che si avrebbe un guadagno di dodici punti percentuali in un Paese come l’Italia se le donne lavorassero allo stesso tasso di occupazione degli uomini. Questo perché le donne sono portatrici, comunque, di valore aggiunto e partono dagli stessi livelli di competenza, di capacità e anche di istruzione degli uomini. Ma non è soltanto una questione numerica, è anche una questione, per esempio nelle aziende, di una migliore performance. Si ampliano le prospettive con cui vengono affrontati i problemi e vengono definiti gli obiettivi. E tale realtà sappiamo vale un po’ in tutti i contesti. Ormai anche la ricerca scientifica ci ha mostrato come una leadership bilanciata per genere; quindi, in cui non ci sono solo uomini ma neanche solo donne, è più efficiente e riesce a portare avanti un’agenda più inclusiva, un’agenda decisionale in cui tanti aspetti vengono discussi, in cui tutte le persone ricevono una adeguata valorizzazione e in cui anche, per esempio, la spesa pubblica viene allocata in maniera più bilanciata tra diversi tra diverse dimensioni. Insomma, si tratta di creare un sistema virtuoso in cui più donne prendono le decisioni insieme agli uomini. Queste decisioni a loro volta diventeranno più inclusive e di conseguenza daranno più opportunità ad altre donne.

Esistono al momento ancora pochi modelli di riferimento, è un problema?

Sì, esistono pochi modelli di riferimento femminili rispetto a quelli maschili. La situazione sicuramente sta migliorando ma al momento sono comunque sempre dei modelli molto lontani e molto eccezionali, per cui è difficile immedesimarsi con le loro storie. Noi, con questo progetto, vorremmo proprio cercare di allargare la platea a dare dei role models di riferimento proponendo storie che sono simili a quelle che le ragazze potrebbero vedere di fronte a loro.

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