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Acqua risorsa strategica, ce lo spiega Marco Casini

L’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale (Aubac) è l’ente pubblico responsabile nell’Italia centrale della programmazione e della pianificazione territoriale per la gestione del rischio idrogeologico, la tutela delle risorse idriche, la difesa delle coste e l’uso sostenibile del suolo. Oggi più che mai, questo organismo riveste un ruolo centrale per fornire un quadro delle conoscenze sempre più approfondito, coerente e aggiornato che consenta di mettere in atto azioni efficaci di prevenzione, mitigazione e adattamento per garantire la salute e la sicurezza dei cittadini, la salvaguardia dell’ambiente e lo sviluppo del territorio. Ma come agisce nello specifico l’Aubac? Lo abbiamo chiesto a Marco Casini, nominato segretario generale nel novembre 2022.

L’intervista

Siamo in un particolare momento storico in cui il cambiamento climatico è letteralmente sotto i nostri occhi. Quali sono le sfide più significative che l’Aubac si ritrova ad affrontare?

Proteggere il territorio e le coste dal rischio idrogeologico e garantire allo stesso tempo un’adeguata disponibilità di risorse idriche per i diversi possibili usi. L’Italia è il Paese europeo maggiormente interessato da fenomeni franosi. Un italiano su cinque risiede in aree potenzialmente allagabili e sono minacciate da pericolosità idraulica di livello medio o elevato 6,9 milioni di persone, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici. Dagli anni ’90 l’Italia è stata interessata, con crescente frequenza, da episodi di siccità e l’acqua disponibile si è ridotta del 20% dagli inizi del ‘900. Sono dati che ci fanno capire che abbiamo sfide importanti davanti.

L’Italia è il terzo Paese in Europa per risorse idriche. Eppure, abbiamo un grave problema di siccità: basti pensare alle foto del Po in secca degli ultimi anni. Quali fattori incidono su questa discrepanza?

Il 2022 è stato un anno particolarmente siccitoso. In Italia si è verificata una riduzione record delle precipitazioni di circa il 25% in meno rispetto alla media 1951-2022 con punte di -36% proprio nel distretto del Po. A questo si è aggiunta una copertura nevosa esigua e temperature record. Tutto ciò ha portato a una disponibilità di risorsa idrica a livello nazionale del 50% inferiore alla media annua dell’ultimo trentennio climatologico. È evidente che gli effetti di questi fenomeni possono essere più o meno amplificati fino a situazioni di emergenza, in relazione alle condizioni in cui si trovano le infrastrutture e i servizi idrici, alle modalità di gestione e utilizzo dell’acqua e ai comportamenti individuali. Il 25% della rete idrica italiana ha superato il limite di resistenza strutturale di 70-80 anni e il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua è oltre il 42% a fronte di una media europea del 15%. In Italia raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana. Il riutilizzo delle acque reflue per uso agricolo non supera il 5% delle acque trattate e la desalinizzazione è pressoché inesistente. Abbiamo il consumo pro-capite più alto d’Europa con quasi 220 litri al giorno. Il risultato è che siamo il Paese con i più alti valori di stress idrico con un consumo annuo pari a circa il 30% della risorsa disponibile.

Un altro grande problema del nostro territorio, lo accennava prima, è la sua predisposizione al rischio idrogeologico. C’è un piano d’azione per prevenire o per affrontare disagi legati ad alluvioni, mareggiate, grandinate, eccetera?

Sì, l’Autorità ha il compito di elaborare e tenere aggiornati i Piani territoriali di bacino. Questi piani riguardano: la gestione delle acque, la gestione del rischio di alluvioni, la difesa dal rischio frane e la gestione delle coste.

Quali sono le strategie e le iniziative chiave dell’Aubac per garantire una gestione sostenibile delle risorse idriche?

Stiamo promuovendo un modello di gestione dell’acqua quanto più possibile circolare incentrato sulle attività di Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione (le cosiddette 5-R del Circular water). La strategia operativa prevede l’integrazione di misure di breve termine, orientate prevalentemente alla minimizzazione degli impatti, e interventi di medio-lungo termine, finalizzati all’efficientamento delle reti e all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Tra le sfide globali, insieme a quella per combattere il climate change, c’è la corsa all’intelligenza artificiale. L’AI può portare importanti benefici sociali, economici… e anche ambientali.

Certo. Nel campo della gestione del territorio può fornire un supporto fondamentale nel dare valore all’enorme mole di dati e informazioni oggi disponibili. Può consentire di trovare correlazioni tra dati di natura diversa ed individuare rapporti di causa ed effetto, elaborare previsioni ed esplorare rapidamente scenari alternativi tenendo conto delle esperienze pregresse.

Voi integrate sistemi ‘intelligenti’ nel vostro lavoro?

Sì, abbiamo realizzato con il progetto Digital twin di distretto (Dbdt), un avanzatissimo sistema digitale georeferenziato di monitoraggio e previsione in grado di fornire in tempo reale un quadro conoscitivo completo e continuamente aggiornato dello stato ambientale del territorio e dell’utilizzo delle risorse idriche.

Se non ci proiettiamo troppo avanti, ma in un futuro più prossimo, cosa dobbiamo aspettarci? Ad esempio, quest’estate rischiamo di rivedere nei notiziari le immagini dei fiumi
in secca?

Il periodo settembre 2023-gennaio 2024 ha fatto registrare persistenti deficit di precipitazione stimabili intorno al 40% rispetto al periodo 1991-2020 con concomitanti valori della temperatura dell’aria superiori alla media e un deficit del manto nevoso a livello nazionale di circa il 40%. Nel 2023 le intense piogge dei mesi di maggio e giugno erano riuscite ad attenuare il precedente deficit pluviometrico normalizzando la situazione. Quest’anno, se nei prossimi mesi primaverili dovessero perdurare le attuali condizioni siccitose, ci troveremo purtroppo in una situazione probabilmente peggiore di quella avuta nel 2022.

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