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AI e ambiente, costi e benefici: la parola a Gianluca Salviotti

L’utilizzo sempre più diffuso dell’intelligenza artificiale porta a interrogarsi anche sul suo impatto ambientale e su quale sia il bilancio tra costi e benefici della sua introduzione. Secondo il professor Gianluca Salviotti, associate professor of Digital transformation practice all’Università Bocconi di Milano, “se si guarda al passato, gli esseri umani nel corso dei secoli, relativamente alle proprie attività – che vanno dall’agricoltura all’industria, fino alla costruzione di infrastrutture e sistemi di trasporto avanzati – hanno introdotto innovazioni che hanno comportato un impatto radicale dal punto di vista ambientale”.

Con l’intelligenza artificiale, continua Salviotti, “anche se non possiamo nascondere che ci sia un impatto sull’ambiente a causa della capacità computazionale che brucia e consuma energia, nel medio e lungo periodo invece il pareggio tra costi e benefici può essere raggiunto. Quello che l’AI sta richiedendo oggi all’ambiente potrà infatti restituirlo da un punto di vista di miglior utilizzo delle risorse, capacità di ottimizzare il ricorso all’energia che serve per alimentare questo mondo tecnologico, ma anche dal punto di vista dello sviluppo di modelli, di machine learning e di applicazione di questi per l’ottimizzazione e la comprensione di moltissimi fattori”.

Da cosa dipende l’impatto ambientale prodotto dell’intelligenza artificiale? 

Prima di tutto dalla capacità di calcolo che è richiesta sia per addestrare sia per poi utilizzare i grandi modelli, come vengono chiamati. Adesso, il tema rilevante in questo periodo è quello dell’AI generativa. Si dice, per esempio, che per generare una singola immagine con un sistema di intelligenza artificiale generativa ci sia un consumo energetico pari alla ricarica di un telefono cellulare. La capacità di calcolo è poi quella che insiste sulle risorse informatiche, sui data center e sul consumo energetico.

Lo sviluppo di un modello di AI comporta emissioni di anidride carbonica paragonabili a quelle di cinque auto nell’intero ciclo di vita. Stiamo andando nella direzione giusta? 

Questi paragoni sono sempre interessanti e sicuramente fanno riflettere. Ma io credo che vada anche fatta una riflessione un po’ più profonda. Il ciclo di vita di un’autovettura a un certo punto comporta anche la sua dismissione e la sua rottamazione. Quindi esiste anche un impatto derivante dalla fine del ciclo di vita che riguarda tutto quello che serve per smaltire i materiali con cui l’automobile è stata costruita o trovare il modo di riutilizzarli nei casi in cui questo si possa fare. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale invece penso che questo aspetto non sia rilevante, o meglio, ci sia una considerazione positiva da fare. Una volta che il modello è addestrato, è costruito ed è disponibile, questo può essere utilizzato nel lungo periodo. Quindi esiste una logica di riuso, in qualche modo, inclusa all’interno di quello che andiamo a sviluppare con l’intelligenza artificiale, che ancora una volta ci può portare, riagganciandomi alla risposta di prima, a un impatto se non positivo sull’ambiente quanto meno in pareggio. Questo è un punto di vista da considerare. È ovvio che la carbon footprint legata allo sviluppo dei modelli e al loro esercizio in questo preciso momento ha un impatto significativo.

La direzione è quella giusta se cerchiamo in qualche modo di andare a ridurre questo effetto. E i modi ci sono, e sono utilizzabili sia dai grandi player che stanno portando avanti dei modelli, sia dalle aziende o dai singoli consumatori di strumenti di intelligenza artificiale. Quindi si passa attraverso un mondo di sensibilizzazione, di consapevolezza e di educazione.

Esistono delle buone regole di condotta nell’utilizzo dei dispositivi: la stessa cosa si potrebbe fare con l’AI in ambito aziendale, creando dei codici che disciplinino la gestione e l’utilizzo di questi strumenti, identificando una serie di buone prassi per ridurne l’impatto sull’ambiente. Un po’ più complesso, invece, è il ragionamento da fare quando parliamo di sviluppo di modelli. In questo caso si potrebbe prendere spunto dalle grandi piattaforme di operatori come Meta e Google che stanno andando verso un impatto zero da un punto di vista ambientale alimentando i loro data center con energie rinnovabili. Questo è un aspetto importante perché evidenzia come si possa cercare di ridurre la carbon footprint con degli accorgimenti che possono essere messi in piedi proprio nel processo di sviluppo, nella creazione e nella progettazione dei data center. E ancora una volta c’è una parola magica: riuso. Più riusciamo a riutilizzare le risorse energetiche, ma anche quello che produciamo, tanto più riduciamo l’impatto ambientale di questa tecnologia e del suo sviluppo.

 

Le informazioni però sono difficilmente reperibili. Questo non potrebbe distorcere l’idea che abbiamo dell’intelligenza artificiale e del suo impatto sull’ambiente?

Sì, le informazioni sono molto difficili da recuperare, anche perché non si ha una chiara idea di quali siano effettivamente quelle da reperire né di come strutturarle. Abbiamo delle proxy, degli esempi come la generazione di un’immagine che richiede la stessa energia della ricarica di un telefono cellulare. Effettivamente l’opacità non aiuta a prendere decisioni mirate. E da questo punto di vista ci sono alcune nazioni nel mondo che stanno già cercando di dare maggiore trasparenza all’utilizzo di intelligenza artificiale green, cercando di chiarire l’impatto che sta avendo su un determinato servizio messo a disposizione dei cittadini. Sto parlando di alcuni Paesi nordici come la Danimarca o la Finlandia che hanno già inglobato questo tipo di prassi.

Ma manca anche la regolamentazione. Cosa si sta facendo sotto questo punto di vista?

Non esiste un chiaro orientamento regolatorio da un punto di vista green. Esistono però vari gruppi di lavoro, diversi studi e variegate prospettive all’interno dei Paesi e alcune implementazioni pratiche come quelle che ho citato in precedenza. È molto difficile creare una regolamentazione specifica, a prescindere dai temi di natura ambientale, perché si hanno difficoltà ad andare così nel dettaglio proprio per via della carenza di informazioni.

Inoltre credo che più che una regolamentazione servano delle linee guida molto chiare nella consapevolezza che abbiamo dell’impatto ecologico che deriva dall’utilizzo di questi strumenti, così come ne abbiamo dell’utilizzo di tante altre tecnologie. Quello che sto dicendo si può applicare non solo all’AI, ma anche ad altri concetti non necessariamente legati ad essa, come il mondo del gaming e il metaverso. Penso che delle linee guida a livello nazionale e di singola organizzazione possano essere un buon punto di partenza.

Vediamo il lato positivo: l’intelligenza artificiale serve anche per contrastare il cambiamento climatico.

I grandi operatori del mondo dell’energia utilizzano sistemi di intelligenza artificiale già da diversi anni. Non è una novità per molti di loro. Ad esempio all’interno di Enel ed Eni questa è integrata da tempo. Ciò per dire che i big player che abbiamo anche a livello nazionale hanno già approcciato sistemi sia per l’ottimizzazione dei consumi, sia per l’instradamento di questi sulle cosiddette smart grid, nel controllo nell’approvvigionamento delle fonti, oltre che nella loro produzione e nella loro distribuzione. Tutto quello che riguarda il mondo energetico trova grande giovamento nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale anche, ad esempio, nell’aspetto legato alla manutenzione predittiva degli impianti. Queste portano ad evitare eventuali blackout e tale gestione, oltre ad essere già molto concreta e molto attuale, ha anche dei risvolti significativi per queste aziende.

Inoltre, una volta pienamente sviluppati questi modelli manterranno il loro impatto solo da un punto di vista di consumo che sarà nettamente inferiore rispetto a quello di produzione e contribuiranno a chiudere il cerchio con lavori di ottimizzazione, di efficientamento e di incremento di produttività dei sistemi energetici, anche nell’utilizzare meglio le fonti rinnovabili.

Gianluca Salviotti è esperto di tecnologie digitali ad alto impatto per le aziende e dei rischi IT e cyber. Fa parte della Commissione AI sull’editoria istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed è associate professor of Practice di information systems e digital transformation all’Università SDA Bocconi School of Management di Milano.

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