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Inflazione record: mai così alta dal 1986

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“A maggio, dopo il rallentamento di aprile, l’inflazione torna ad accelerare salendo a un livello che non si registrava da marzo 1986 (quando fu pari a +7,0%)”. La sintesi migliore sulla situazione relativa all’inflazione italiana la dà lo stesso Istat, fornendo i livelli raggiunti dall’aumento dei prezzi nell’ultimo mese.

La corsa dell’inflazione iniziata mesi fa, dice l’istituto, non si ferma: secondo le stime preliminari, a maggio 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,9% su base mensile e del 6,9% su base annua (da +6,0% del mese precedente, nel quale c’era stato un rallentamento).

Alla base del fenomeno inflattivo c’è, naturalmente, l’energia: “Gli elevati aumenti dei prezzi dei beni energetici continuano a essere il traino dell’inflazione (con quelli dei non regolamentati in accelerazione)”, dice l’Istat, spiegando che conseguenze degli aumenti “si propagano” sempre più agli altri comparti merceologici. Quindi, i maggiori costi di produzione “si riverberano sulla fase finale della commercializzazione”, afferma l’istituto.

“L’inflazione a +6,9% significa, per una coppia con due figli, una stangata complessiva, in termini di aumento del costo della vita, pari a 2421 euro su base annua, 981 per abitazione, acqua ed elettricità, 573 euro per i trasporti, 561 per prodotti alimentari e bevande”, dice Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Dona rileva inoltre che “per una coppia con 1 figlio, la batosta totale è pari a 2257 euro, 984 per l’abitazione, 499 per i trasporti, 505 euro per cibo e bevande. In media per una famiglia il rialzo annuo è di 1924 euro, 924 per l’abitazione, 367 per i trasporti, 418 euro per mangiare e bere”. Ma “il record” secondo il presidente dell’Unc “spetta alle famiglie numerose con più di 3 figli con una scoppola pari a 2693 euro, 615 solo per il cibo”. Per l’Unc i numeri dell’inflazione sono “una catastrofe. Una Caporetto per i consumi, per via degli effetti disastrosi sul potere d’acquisto delle famiglie”.

Accelerano infatti i prezzi al consumo di quasi tutte le altre tipologie di prodotto, con gli alimentari lavorati che fanno salire di un punto la crescita dei prezzi del cosiddetto ”carrello della spesa” che si porta a +6,7%, come non accadeva dal marzo 1986 (quando fu +7,2%). L’Istat segnala infatti l’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +5,7% a +6,7%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,8% a +6,7%).

L’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale dopo il rallentamento di aprile, si deve ai prezzi di diverse tipologie di prodotto: dei beni energetici (da +39,5% di aprile a +42,2%) e in particolare degli energetici non regolamentati (da +29,8% a +32,4%; la crescita dei prezzi degli energetici regolamentati è stabile a +64,3%), dei beni alimentari (da +6,1% a +7,1%), soprattutto dei beni alimentari lavorati (da +5,0% a +6,8%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,4% a +4,4%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +5,1% a +6,0%).

Pertanto la ‘inflazione di fondo’ (al netto degli energetici e degli alimentari freschi) accelera da +2,4% a +3,3% e quella al netto dei soli beni energetici da +2,9% a +3,7%.

Su base annua accelerano sia i prezzi dei beni (da +8,7% a +9,7%) sia quelli dei servizi (da +2,1% a +3,1%); rimane stabile, quindi, il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (-6,6 punti percentuali come ad aprile).

L’aumento congiunturale, cioè mensile, dell’indice generale è dovuto, per lo più, ai prezzi dei beni energetici non regolamentati (+3,2%), degli alimentari lavorati (+1,5%), degli alimentari non lavorati (+1,1%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,2%).

L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +2,5% per la componente di fondo. Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (ipca) registra un aumento su base mensile dello 0,9% e del 7,3% su base annua (da +6,3% nel mese precedente).

Inflazione, le parole di Visco

Nelle ore in cui l’Istat ha diffuso le sue stime sull’inflazione, sul tema è intervenuto anche il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, secondo cui si deve agire con “interventi di bilancio di natura temporanea, e calibrati con attenzione all’equilibrio delle finanze pubbliche”, che “possono contenere i rincari dei beni energetici e sostenere il reddito disponibile delle famiglie più colpite, riducendo in entrambi i casi le pressioni per incrementi di natura salariale. Ciò consente una più graduale normalizzazione della politica monetaria, attenuando i rischi di un impatto recessivo sull’economia”, spiega.

Secondo il Governatore “l’aumento dei costi delle materie prime non può essere contrastato direttamente dalla politica monetaria. Quello che la politica monetaria può fare è assicurare la stabilità dei prezzi nel medio termine, preservando l’ancoraggio delle aspettative d’inflazione e contrastando vane rincorse tra prezzi e salari”.

Per Visco “l’aumento dei prezzi delle materie prime importate è una tassa ineludibile per il Paese. L’azione pubblica può ridistribuirne gli effetti tra famiglie, fattori di produzione, generazioni presenti e future; non può annullarne l’impatto d’insieme”. Per quanto riguarda le famiglie, “gli interventi calibrati in funzione della loro condizione economica complessiva anziché dei redditi individuali risultano più efficaci nel contrastare le ripercussioni dell’inflazione sulla disuguaglianza. Misure mirate consentono, tra l’altro, di meglio preservare il ruolo dei prezzi come incentivo agli investimenti in fonti rinnovabili e al risparmio energetico”.

Le stime sul Pil

Oltre alle stime sull’inflazione, l’Istat ha anche diffuso quelle sulla crescita italiana. Nel primo trimestre del 2022 il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e del 6,2% nei confronti del primo trimestre del 2021. La crescita congiunturale del Pil diffusa il 29 aprile 2022 era stata del -0.2% mentre quella tendenziale era stata del +5.8%. La revisione congiunturale di 0,3 punti percentuali, “benché di rilievo”, dice l’Istat, non rappresenta una eccezione assoluta in questo periodo ancora influenzato dalla pandemia, visto che nel primo trimestre del 2021 la revisione al rialzo era stata di 0,5 punti.

Rispetto al trimestre precedente, e per i principali aggregati della domanda interna, l’Istat rileva una diminuzione dello 0,6% dei consumi finali nazionali, a fronte di un aumento del 3,9% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono cresciute, rispettivamente, del 4,3% e del 3,5%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito positivamente alla crescita del Pil per 0,4 punti percentuali: negativo, per 0,5 punti percentuali, è risultato il contributo dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, mentre è stato positivo, per 0,8 punti, quello degli investimenti fissi lordi. Infine, è risultato nullo il contributo della spesa delle amministrazioni pubbliche. La variazione delle scorte ha anch’essa fornito un contribuito nullo, mentre la domanda estera netta ha sottratto 0,3 punti percentuali alla crescita del Pil. L’istituto di statistica registra poi andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto di agricoltura e industria, cresciuti rispettivamente dell’1,8% e dello 0,5%, mentre i servizi sono diminuiti dello 0,1%.

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