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Visco non fa sconti: mancata crescita dipende da scelte governo

I rischi per la crescita, anche in presenza di un rallentamento di origine esterna, dipendono soprattutto da debolezze italiane e sono dovuti innanzitutto a un fattore: l’incertezza. Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento al congresso Assiom Forex, organizzato da Iccrea Banca, fa riferimento esplicito alle responsabilità del governo e della politica economica, confermando le stime di crescita per il 2019, 0,6%, e puntualizzando che sullo scenario attuale gravano “fattori di rischio rilevanti”. L’appuntamento annuale è tradizionalmente dedicato soprattutto alla finanza e allo stato di salute degli intermediari. Ma il contesto politico e la congiuntura economica sono ovviamente in primo piano.

Il numero uno di Via Nazionale non si sottrae e, anzi, entra nel merito di quello che è stato fatto, di quello che invece andrebbe fatto e dell’urgenza di farlo. L’analisi è sorretta dalle argomentazioni che da sempre sostengono il ‘pensiero’ del Governatore: equilibrio nei conti pubblici, riforme, sostegno alla crescita. “Le prospettive dell’economia italiana sono oggi meno favorevoli di un anno fa. Sono gravate da rischi al ribasso che hanno in parte origine estera, ma che continuano a riflettere in misura significativa le debolezze proprie del nostro paese, in primo luogo l’incertezza sulla crescita, oltre che sull’orientamento della politica di bilancio e sulla ripresa di un percorso credibile di riduzione del peso del debito pubblico sull’economia”: le parole di Visco non lasciano dubbi di interpretazione.

La spiegazione delle ragioni che inducono a questa conclusione sono ben argomentate. “Un premio elevato per il rischio sovrano aggrava lo squilibrio dei conti pubblici, pregiudica la capacità della politica di bilancio di sostenere l’economia, comprime le risorse disponibili per gli investimenti in infrastrutture. La diminuzione del valore dei titoli di Stato incide negativamente sui risparmi accumulati dalle famiglie e determina perdite in conto capitale per gli investitori istituzionali, quali assicurazioni e fondi pensione, e per le banche, ripercuotendosi sulle loro condizioni di finanziamento sui mercati; ne risente la capacità degli intermediari di fornire credito al settore privato e sostenere, per questa via, l’attività produttiva”.

Quindi, l’ultimo tassello del ragionamento: la strada da seguire per invertire la rotta. “Questo rischio va evitato tenendo alta l’attenzione all’equilibrio dei conti pubblici – nel breve come nel lungo periodo – e attuando con decisione un disegno organico di riforme volte a preservare la fiducia dei risparmiatori e a riguadagnare quella degli investitori. L’obiettivo ultimo, da conseguire con continuità e determinazione, non può che essere quello di uno stabile ritorno su un sentiero di sviluppo economico e sociale”.

Nell’intervento di Visco c’è la sintesi di quello che, negli ultimi nove mesi, ha inciso sul ritorno alla recessione tecnica, appena certificata dall’Istat. “In Italia la domanda interna ha risentito del marcato aumento dell’incertezza, legato prima ai dubbi sulla posizione del Paese riguardo alla partecipazione alla moneta unica, poi al difficile percorso che ha portato alla definizione della legge di bilancio, segnato da contrasti con la Commissione europea risolti solo alla fine dell’anno”.

Guardando invece avanti, le proiezioni sulla crescita economica “tengono conto del sostegno fornito alla domanda aggregata dalle misure espansive del bilancio pubblico per il 2019, la cui effettiva entità dipenderà dalle modalità di attuazione”. Il Governatore avverte però che “sulle prospettive per l’anno in corso e sulle proiezioni per il successivo biennio, che prefigurano il ritorno della crescita attorno all’1 per cento, gravano fattori di rischio rilevanti, di origine sia internazionale sia interna“.

L’incertezza sulla politica di bilancio, peraltro, “non si è dissipata”. L’accordo con la Commissione, ricorda il numero uno di Via Nazionale, “è stato raggiunto per il 2019, ma per il 2020-21 restano da definire numerosi aspetti e, specialmente, il futuro delle cosiddette clausole di salvaguardia, il cui importo è stato portato all’1,2 per cento del prodotto nel 2020 e all’1,5 nel 2021. Se fossero disattivate senza prevedere misure compensative, il disavanzo si collocherebbe intorno al 3 per cento del pil in entrambi gli anni”.

Per assicurare un effettivo sostegno all’attività economica, comunque, “la politica di bilancio deve preservare la fiducia nel percorso di riequilibrio dei conti pubblici e nella prospettiva di riduzione del rapporto tra debito e prodotto”.

In questo quadro, “per poter fruire appieno dei benefici derivanti dalle condizioni espansive determinate dalla politica monetaria serve il contributo delle riforme volte a ridurre le debolezze strutturali della nostra economia, debolezze che accentuano le difficoltà congiunturali. Occorrono progressi decisi nella creazione di un ambiente più favorevole all’innovazione e all’attività d’impresa, va incentivata la partecipazione al mercato del lavoro, innalzata la qualità del capitale umano, aumentata l’efficienza dei servizi pubblici. Dal 1999 il tasso di crescita annuo dell’economia italiana è risultato in media inferiore di un punto a quello dell’area dell’euro. In assenza di risultati consistenti sul piano strutturale, quelli che a livello internazionale sono rallentamenti di natura congiunturale tendono da noi a trasformarsi in un ristagno o in un calo dell’attività produttiva”.

Soprattutto, è il richiamo di Visco, “devono continuare a rivestire un ruolo centrale nell’azione di politica economica interventi volti a rafforzare e modernizzare la struttura produttiva, a renderla più dinamica e in grado di creare maggiori opportunità di lavoro”.

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