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Quello che c’è e quello che non c’è nel piano Fs

Mai prima d’ora. Mai numeri così importanti, mai tanti investimenti, mai tante assunzioni. Ancora, mai tanti rappresentanti del governo, mai prima d’ora un Presidente del Consiglio era stato presente, mai tante menzioni del rapporto strettissimo con i ministri. Mai tanti imbarazzati silenzi, che nemmeno le domande dei giornalisti riescono a scalfire. Una prima volta sotto molti aspetti per la presentazione del piano industriale delle Ferrovie dello Stato 2019-2023.

Con una novità di prima grandezza: dopo più di vent’anni la politica è riuscita a riprendersi il timone della principale società pubblica, a decidere le strategie per il suo sviluppo e non viceversa, con il capoazienda a dettare l’agenda dei trasporti, come è accaduto con amministratori delegati precedenti. E poiché la politica non è ancora in grado di chiarire come procederà per il rilancio di Alitalia, non ha intenzione di scorporare Anas, come ampiamente garantito in autunno, e ha del tutto accantonato l’idea di privatizzare segmenti appetibili di FS (per esempio l’Alta Velocità) queste tre questioni non solo non compaiono nel Piano ma non sono state neppure menzionate.

Cominciamo dai numeri e dall’impatto che (ci si augura) avranno sull’economia italiana, sul prodotto interno lordo e la crescita, di cui c’è un disperato bisogno, e che spiegano la partecipazione attenta del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, oltre che del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli. L’amministratore delegato Gianfranco Battisti ha promesso investimenti per 58 miliardi di euro, un impegno record con punte fino a 13 miliardi l’anno, che confermano il gruppo come primo investitore in Italia, per il 24% con risorse proprie.

Il contributo annuo all’aumento del Pil è valutato tra lo 0,7 e lo 0,9%, grazie alla creazione di un indotto per 120mila posti di lavoro l’anno e 15mila assunzioni dirette nel gruppo. Nel 2023 i ricavi raggiungeranno i 16,9 miliardi (contro i 12,2 del 2018), l’EBIDTA i 3,3 miliardi (contro 2,5) mentre l’utile netto toccherà gli 800 milioni (contro i 560 dell’anno scorso).

Il nuovo focus aziendale è “mettere al centro i bisogni delle persone, in particolare dei pendolari”, come ha sottolineato il presidente Gianluigi Castelli, con l’obiettivo di trasformare la mobilità collettiva in Italia, compiendo un forte salto nella qualità e nella personalizzazione dell’offerta: 90 milioni di passeggeri in più l’anno, 400mila auto in meno sulle strade e riduzione di 600 milioni di chilogrammi di Co2 di emissioni, i target.

La maggior parte degli investimenti sarà sulle infrastrutture: 42 miliardi di euro, di cui 28 per le opere ferroviarie e 14 per le strade (di cui 16 miliardi, il 38%, al Sud); 12 miliardi andranno all’acquisto di 600 nuovi treni regionali (anticipando al 2023 la consegna di 239 convogli), 14 Frecciarossa 1000, e 1.421 bus, di cui oltre 500 elettrici, ibridi e a metano.

Battisti ha promesso lo sblocco e l’accelerazione di 1.600 cantieri, 1.000 di Rfi (il gestore dell’infrastruttura ferroviaria) e 600 di Anas in tutta Italia, grazie anche a 4 miliardi di investimenti aggiuntivi; le opere strategiche menzionate sono terzo Valico, Brennero, Brescia-Verona-Padova, Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina. “Ho lavorato quotidianamente con tutti voi – così il premier, Giuseppe Conte, si è rivolto ai vertici di Fs seduti in platea – per sbloccare i cantieri e rafforzare la vostra attività”.

Tra gli investimenti strategici il miglioramento degli indici di puntualità dei treni a cui vanno 5,5 miliardi (“Quest’anno abbiamo già recuperato 17 punti – ha sottolineato l’Ad – il ministro ci tiene molto”), le connessioni con stazioni, porti e aeroporti, la crescita in Europa nel servizio e nei mercati extra-europei nelle infrastrutture, la riqualificazione urbana attraverso la valorizzazione del patrimonio (5,3 miliardi) e 2 miliardi per la digitalizzazione.

Battisti ha anche promesso nuovi servizi per i pendolari, “tema molto caro al ministro Toninelli”, ha insistito, che costituiscono l’86% della clientela del gruppo: verrà rivisto il modello dell’offerta, con una maggiore segmentazione e un incremento delle frequenze nelle ore di punta.

Nel Piano industriale Alitalia non compare, come eventuali privatizzazioni, Anas è strutturalmente inserita nel gruppo. Alle domande dei giornalisti l’amministratore delegato ha risposto che questi sono nodi affidati all’azionista, ovvero alla politica. “Alitalia non è un’azienda del gruppo – ha spiegato – quindi non poteva essere nel Piano. Se l’operazione andrà a buon fine la assorbiremo nelle linee guida, non cambia molto, la sua incidenza sui nostri numeri è molto bassa”. L’uscita di Anas non è prevista: “è a tutti gli effetti un’azienda del gruppo, ha una vocazione simile”.

Nel 2018 il gruppo Fs ha trasportato 1 miliardo di passeggeri e 50 milioni di tonnellate di merci, ha gestito 24.500 km di rete ferroviaria in Italia e 30mila km di rete stradale e autostradale con 83mila dipendenti, di cui 7mila all’estero.

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