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La riscossa di Huawei, il fondatore: Usa ci sottovalutano

ren zhengfei huawei

“Le azioni del governo degli Stati Uniti al momento sottovalutano le nostre capacità”. Dopo la ‘lista nera’ di Trump, dopo il bando di Google, e dopo la tregua di 90 giorni da parte dell’amministrazione Usa, Huawei reagisce, guidata dalle parole del suo fondatore, Ren Zhengfei, riportate dalla Bbc. Ren, riferisce il quotidiano cinese Global Times, ha rilasciato un’intervista ad alcune testate nel quartier generale di Shenzhen. Una strategia comunicativa relativamente aggressiva da parte del fondatore, generalmente poco incline a rilasciare dichiarazioni, che fa il punto sulle accuse di spionaggio degli Stati Uniti e sulle possibili conseguenze sul futuro del colosso cinese, un futuro in cui i mercati sembrano puntare ancora, nonostante tutto.

La notizia di giornata, Ren la ridimensiona. L’azienda cinese ha infatti ottenuto una “licenza temporanea di 90 giorni che ripristina parzialmente i requisiti e le politiche di licenza in base ai Regolamenti di amministrazione delle esportazioni”, si legge in un documento del Dipartimento del commercio Usa. In base alla licenza, la cui durata potrebbe essere estesa, Huawei potrà acquistare prodotti e servizi americani per mantenere operativi gli smartphone già in commercio, e le reti e le apparecchiature esistenti, inclusi gli aggiornamenti software e le ‘patch’ di sicurezza. La licenza non riguarda invece l’acquisto di componenti statunitensi destinati alla creazione di nuovi prodotti. La licenza temporanea si applica ai contratti stipulati con imprese Usa, prima del 16 maggio, da Huawei e dalle sue 68 affiliate che, proprio il 16 maggio scorso, sono finite nella lista nera del commercio Usa. “La Licenza temporanea generale concede agli operatori il tempo di prendere altre misure e al Dipartimento lo spazio per determinare i provvedimenti a lungo termine per gli americani e per i fornitori di telecomunicazioni stranieri che attualmente si affidano alle apparecchiature Huawei per servizi critici”, afferma nel documento il segretario al commercio, Wilbur Ross. “In sostanza questa licenza consentirà agli attuali utenti di telefoni cellulari Huawei e alle reti rurali a banda larga di continuare a operare”.

“Questa licenza temporanea ci consente di continuare a fornire aggiornamenti software e patch di sicurezza ai modelli esistenti di smartphone per i prossimi 90 giorni. Mantenere i telefoni aggiornati e sicuri è nell’interesse di tutti”, dichiara il portavoce di Google, che nei prossimi 90 giorni potrà quindi collaborare con Huawei sugli aggiornamenti software. Al termine dei tre mesi, se non ci sarà una proroga della licenza, Huawei avrà comunque accesso ad aggiornamenti e patch di sicurezza, ma dovrà attendere che siano disponibili per la versione open source – e non quella commerciale – di Android, chiamata Android Open Source Project (Aosp).

Ma la licenza, per il fondatore di Huawei, non è così significativa, in quanto l’azienda è ben preparata e le sue tecnologie fondamentali sono intatte.

Ren inoltre ha assicurato che la società è in grado di continuare a fornire prodotti e servizi, e che le sanzioni statunitensi non danneggeranno il core business aziendale. Il fondatore ha anche ringraziato le aziende americane, che “hanno fatto sforzi per persuadere il governo degli Stati Uniti a consentire loro di collaborare” con il colosso di Shenzen. Huawei è un’azienda commerciale e l’uso dei suoi prodotti è una scelta compiuta dai consumatori sulla base delle loro preferenze. Non dovrebbe essere legata a questioni politiche, ha anche detto Ren Zhengfei.

Per quanto riguarda il futuro industriale dell’azienda, secondo quanto spiegato dal fondatore – e presidente – Huawei possiede capacità di produzione di massa per alcuni componenti chiave dei suoi prodotti, come ad esempio i microchip, e la decisione degli Stati Uniti non si rifletterà negativamente sulla crescita dell’azienda. La società ha previsto per quest’anno una crescita economica più lenta ma comunque positiva. Nel primo trimestre dell’anno, Huawei ha registrato un aumento del 39% dei ricavi su base annua. La crescita ha rallentato leggermente nel secondo trimestre, ma secondo i dirigenti questo fatto non danneggerà la società. “Huawei era pronta ad affrontare conseguenze estreme ancor prima del Capodanno cinese”, ha spiegato Ren. Il fondatore ha sottolineato però che la sua azienda non prenderà in ogni caso le distanze dalla filiera statunitense, facendo riferimento anche all’acquisto, già annunciato nel 2018, di 50 milioni di chip da Qualcomm. “Fintantoché Washington permetterà alle aziende statunitensi di esportare le componenti, Huawei continuerà a comprare, pur potenziando la propria divisione Ricerca e sviluppo”, ha aggiunto Ren. Ren ha anche detto di essere in trattativa con aziende come Google per trovare soluzioni alternative.

Le restrizioni statunitensi, inoltre, secondo il fondatore, non avranno effetti sui prodotti d’alta gamma di Huawei, specialmente per quanto riguarda il settore 5G. Al momento, secondo quanto riferito da Ren, la restrizione avrà impatto solo sui prodotti di livello inferiore. Secondo il fondatore, la sua azienda non dovrebbe subire vincoli soltanto per la sua posizione di leader di mercato tecnologico. “Il nostro lavoro mira a creare benefici per tutta l’umanità”, ha spiegato Ren, aggiungendo che gli strumenti 5G di Huawei ridurranno molto il costo di realizzazione delle reti di telecomunicazione globali. Al di là delle considerazioni di Ren, che sembrano più riferite alla parte dell’azienda dedicata alle infrastrutture, l’esclusione dagli aggiornamenti Android pone sicuramente un ostacolo nel lancio del 5G sui dispositivi Huawei.

La ‘riscossa’ del fondatore di Huawei è stata rinforzata mediaticamente, in Italia, anche dalla vicepresidente di Huawei, Catherine Chen (intervistata dal Corriere della Sera) e da Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia (intervistato dal Sole 24 Ore), e accompagnata dai mercati. I titoli tecnologici, dopo le vendite di ieri in reazione al blocco di Google verso Huawei, oggi tengono alto l’indice d’area delle Borse europee, lo Stoxx 600. Il mercato ci ripensa e, assorbito il timore di un forte rallentamento nella produzione, che potesse influire su fornitori di componenti e sull’intero settore, anche con aziende non direttamente collegate a Huawei, oggi gli investitori si riposizionano sul settore. Un esempio per tutti per il mercato europeo è Stm, che ha Huawei fra i suoi primi dieci clienti e aveva fatto segnare un crollo sia a Milano che a Parigi. Oggi segna un +1,6% a Piazza Affari e +1,7% a Parigi. Rimbalzo anche per Infineon, scivolata a Francoforte, che tiene con il +1,2%. In positivo anche la svizzera Ams (+3,5%) e Asml ad Amsterdam (+0,9%), con analogo tonfo ieri. La scommessa del mercato in Asia pare diventare quella che siano le stesse aziende cinesi a compensare le forniture negate dagli Usa. Sanchuan Wisdom Technology ha preso il volo (+9,93%) insieme a Archemind Technology Nanjing (+10%), bene anche i competitor come Samsung che ha guadagnato il 2,86%, Tencent l’1,1%, Aac Technologies il 2,8%. Foxconn (Honn), principale fornitore Huawei, ha segnato un +0,98 a Taiwan, Byd +0,54%. Zte, che con Huawei aveva subito a fine 2018 la messa al bando dal Giappone per i propri prodotti ed era stata la prima vittima della guerra dei dazi Usa Cina, uscendone con tre mesi di blocco e una sanzione da 1,4 miliardi di dollari, oggi reagisce con un +4,67.

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