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Azimut è in Borsa da 15 anni: ha distribuito 1,3 mld di dividendi

azimut

di Sara Bonifazio – Azimut festeggia i 15 anni in Borsa con gli obiettivi del piano raggiunti in anticipo e la prima disclosure del presidente Pietro Giuliani sull’estero, su cui intende puntare anche nel prossimo quinquennio: “ora vale 1,5 miliardi”. Dal debutto il 7 luglio 2004 il titolo del gestore indipendente ha premiato i suoi azionisti con un Total return del 751% (da 14,4 euro a oltre 17,19 euro oggi). “Tutti gli obiettivi dei tre piani precedenti sono stati raggiunti – spiega Giuliani – ed entro i prossimi 12 mesi annunceremo il quarto”.

Il gruppo è cresciuto da circa 700 a quasi 1.800 professionisti (2.200 includendo la rete all’estero), ha inoltre raccolto complessivamente 44 miliardi di euro di nuove masse e ha generato quasi 2 miliardi di euro di utile netto, di cui circa 1,3 miliardi di euro pagati agli azionisti come dividendo. Con il raggiungimento anticipato di tutti gli obiettivi previsti dal terzo (e attuale) piano quinquennale, il Gruppo ha dimostrato di saper prevedere e cogliere positivamente i trend di un settore in rapido cambiamento negli ultimi anni. L’utile netto nel 2019 sarà di 300 milioni di euro e, promettono i manager, sarà il possibile ‘floor’ per il futuro.

“A giugno la raccolta è stata di 700 milioni, inclusi i 400 milioni che arrivano dall’acquisizione in Egitto” ha detto Giuliani. Tra le aree di maggiore crescita le attività estere in Paesi ad alto sviluppo, dove attualmente la società detiene il 28% delle masse gestite e punta ad arrivare al 35% nel 2024. Continuerà a investire in Italia ma, sia per crescita organica che con acquisizioni, puntando soprattutto su Australia e Brasile. Un’altra fonte di crescita sarà l’espansione attraverso Azimut Libera Impresa nel settore degli asset alternativi e non quotati, il cui peso è previsto raggiungere almeno il 15% delle masse totali del gruppo dall’attuale 1%. Azimut fa gola e Giuliani lo sottolinea: “volete dei numeri? Azimut vale 4,5 miliardi ma l’invidia è una brutta cosa e c’è qualcuno che ci vuole comprare e ci tiene bassi ‘shortando’ sul titolo”.

Sull’ipotesi di un matrimonio con Banca Generali “nessuno ci ha mai proposto seriamente di acquistarla, nel caso la valuteremo” ma è probabilmente alle mire di Mediobanca il riferimento. “Un’opa ostile non funzionerebbe: chi vuol comprare – spiega – comprerebbe società e brand ma le persone sono libere e in 6 mesi possiamo ricostruire tutto da un’altra parte”.

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