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Bio-on, Quintessential e la guerra delle bioplastiche

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Comincia tutto il 24 luglio. Bio-on è l’unicorno da 1 mld di euro della plastica (bio) italiana. Al gruppo, che concede in licenza e produce bioplastiche innovative, il fondo speculativo americano Quintessential capital management dedica un video e un report: ‘una Parmalat a Bologna’, è il titolo. Un’accusa all’intero business – dalle capacità tecnologiche ai conti – dell’ex startup guidata dal presidente e ad Marco Astorri e il vice presidente Guy Cicognani: il management si “arricchisce alle spalle degli azionisti”, la società si regge su “un castello di carte”, ha una “situazione finanziaria precaria” e una contabilità che “presenta serie irregolarità”.

Da quel primo atto d’accusa è scaturita, in pochi giorni, una sequela di ribassi e rialzi in borsa, di accuse e controaccuse, denunce e dichiarazioni al vetriolo. Un botta e risposta in cui la cartina di tornasole dell’efficacia della strategia difensiva di Bio-on è la sua stessa capitalizzazione: con il report di Qcm era precipitata da oltre il miliardo segnato martedì 23 luglio ai 262 milioni di euro della chiusura del 25. Nel giro di 48 ore il gruppo bolognese aveva bruciato 760 milioni, con il titolo che era passato da 55 euro a quindici. Passo dopo passo, Bio-on è riuscita a risalire: oggi, dopo una sospensione in asta di volatilità, il titolo guadagna il 16% a 22,10 euro. Questo ultimo rialzo c’è stato dopo che la società ha reso noto di aver presentato, il primo agosto, un esposto alla Procura di Bologna sul report di Quintessential. È seguita a breve giro la controrisposta del fondo che ritiene che Bio-on “non abbia risposto in maniera minimamente esauriente” alle sue domande e che le proprie osservazioni “siano del tutto giustificate”.

Per Bio-on invece è Qcm ad aver “diffuso notizie false e fuorvianti, finalizzate a determinare una significativa flessione del valore del titolo Bio-On”. Nel suo esposto, “portato immediatamente a conoscenza anche della Consob”, Bio-on ipotizza per Qcm i reati di “market abuse, nel quale si intersecano tanto profili di manipolazione del mercato, quanto di criminal insider trading”. Nello specifico Bio-on rileva nel video e nel report di Qcm “informazioni oggettivamente false, informazioni che poggiano su assunti scorretti o, comunque, comunicate al mercato in maniera fuorviante, informazioni vere, immediatamente ricavabili dalla documentazione societaria, presentate tuttavia subdolamente come frutto di un’asserita attività d’inchiesta, svolta in via originale da Qcm”.

“Limitandosi ad alcuni esempi: è certamente falso che l’impianto di Castel San Pietro non sia attivo e in produzione” spiega Bio-on in una nota e aggiunge: “è altrettanto falso il racconto della visita di analisti inglesi, dapprima confermata e poi disdetta immediatamente prima dell’ora stabilita. È falso infine che Qcm abbia mai cercato un confronto con la società Bio-On attraverso richieste di informazioni”. Bio-on conclude riferendo di avere segnalato che “le accuse di Qcm in materia di contabilità aziendale e sistema delle joint venture si risolvano tutte in censure, puramente discrezionali e opinabili, riferite al modello di business, senza che da esse emerga alcun elemento capace di fare anche solo lontanamente immaginare una condotta fraudolenta della società Bio-On”.

Le accuse degli americani

Quali erano state, quindi, le accuse del fondo americano? Oltre al bilancio, sotto la lente di Quintessential finiscono sia la tecnologia adottata, sia le attività dell’unica fabbrica esistente realizzata, secondo l’accusa, “a prezzi esorbitanti e sembrerebbe non ancora completata o in produzione”, ovvero proprio l’impianto di Castel San Pietro Terme che per Bio-on, oltre ad essere “operativo e in produzione”, è anche “centrale per il business nell’ottica di standardizzare la produzione di Pha con la propria tecnologia, provata sul piano industriale, e di accelerarne la diffusione nel mercato dei bio-polimeri”. Non è dello stesso avviso il fondo guidato dall’italiano Gabriel Grego.

Secondo la consulenza scientifica la tecnologia della società è fondata su un “concetto datato”. Peraltro “i processi di produzione Pha sono altamente complessi e il ‘prodotto’ finito incerto” perché “le variabili nella chimica dei polimeri sono numerosissime e il controllo delle stesse diviene aleatorio”. Gli esperti escludono che Bio-on abbia risorse tali da poter gestire una operazione simile. A tal proposito nell’indagine si fa notare come sulla produzione di Pha su scala industriale ci siano stati numerosi fallimenti da parte di società come Zeneca, Monsanto e Metabolix che potevano contare su “risorse finanziarie, tecnologiche e scientifiche ben superiori” rispetto ad un’azienda che “non ha talento scientifico”.

Tornando alla contabilità e ai bilanci, Quintessential ha evidenziato anche che il gruppo bolognese “ha un fatturato ingannevole”, costituito “da una serie di scatole vuote che non sembrano avere alcuna operatività, alle quali ‘vende’ la propria tecnologia sotto forma di licenze”. Il fondo speculativo ha fatto emergere un legame con una ‘scatola vuota’ con sede alle Hawaii chiamata Virdhi (un progetto abbandonato e antecedente alla quotazione, per Bio-on) e focalizzata sullo sviluppo di materiali avanzati per uso biomedico.

Bio-On risponde che l’ultimo bilancio, approvato il 30 aprile scorso, contiene “dati e informazioni sulle joint venture costituite” nel corso dello scorso anno “con partner di primario standing internazionale”. Bilancio, aggiunge, che è certificato da E&Y che ha emesso relazione senza rilievi. Sotto esame anche i rapporti con Finnat, l’unica banca che fornisce analisi sul titolo e che risulta essere in due joint venture. Partecipazioni, spiegano fonti vicine all’istituto, di importo irrilevante. Mentre per quanto riguarda le ricerche prodotte sul titolo si fa notare che sono sempre state realizzate con obiettività ed individuando target price che, alla luce degli andamenti borsistici, si sono frequentemente rivelati tutt’altro che aggressivi.

La strategia dei bolognesi

Oltre all’esposto, Bio-on si è giocata anche altre carte. Una di queste è il parere di due professori a difesa della validità e delle potenzialità delle sue bioplastiche, che anche a fronte delle immediate contestazioni di Quintessential perlomeno offre l’opportunità di capire il contesto scientifico della disputa.

“Come scienziato ho sempre sognato un prodotto del genere, adesso vedo delle possibilità e trovo questo futuro molto stimolante, penso che aprirà delle porte nuovissime all’impiego delle materie plastiche nella nostra vita di tutti i giorni”, ha affermato il professor Paolo Galli, definito “tra gli scienziati più influenti al mondo nell’industria della plastica”, unico italiano assieme al Nobel della chimica Giulio Natta – evidenzia Bio-on – presente nella Plastics Hall of Fame. “Il PHA polimerico”, sottolinea Galli, “ha una struttura che ricorda moltissimo nelle proprietà il polipropilene, il quale è una materiale perfetto ma non bio degradabile”. Ma a differenza del polipropile è “assolutamente biodegradabile” come dimostrano “tonnellate di pubblicazioni” che “non possono essere messe in dubbio”.

Nel secondo parere (messo fortemente in dubbio da Qcm) a favore di Bio-on, fornito da Paola Fabbri, PHD in Ingegneria dei Materiali e professoressa associata dell’Università di Bologna, si specifica che i PHA “non hanno trovato fino ad un’epoca recentissima una concreta implementazione a livello industriale”. Quello che è cambiato “con l’arrivo delle tecnologie di Bio-On è stata la possibilità effettivamente di implementare su larghissima scala e su scala industriale le produzioni della polvere di PHA da processo biotecnologico, da cui poi si ottengono i formulati, i pellet, per le applicazioni industriali su larga scala”. Una difesa, quella del gruppo bolognese, che non ha convinto Quintessential. Per il fondo entrambi i pareri dimostrano la validità delle proprie tesi ossia che il “PHA non è un materiale nuovo” e che “ancora oggi non ha trovato una sua completa implementazione a livello industriale” ma soprattutto che Bio-on “non possa affermare di aver rivoluzionato il mercato della bio-plastica”. In generale Bio-on distoglie “l’attenzione dalle questioni chiave” quali “la contabilità, il conferimento delle licenze e il fatturato”.

Un’altra mossa, qualche giorno fa, l’hanno fatta direttamente il presidente e a.d Marco Astorri e il vice presidente Guy Cicognani, entrambi azionisti rilevanti: hanno comprato azioni (7.000 al prezzo di 15,0714 euro) per un controvalore complessivo di circa 211 mila euro. “Anche di fronte agli effetti del feroce attacco di cui siamo oggetto, Bio-on resta un’azienda di grande valore, in cui crediamo e continuiamo a investire”, spiegano Astorri e Cicognani che ringraziano “soprattutto i 100 dipendenti” che “con serietà e compostezza” stanno “affrontando il momento, perché conoscono esattamente il lavoro che quotidianamente si svolge in Bio-on e nel suo stabilimento produttivo”.

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