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I verbali della Bce e la ‘fronda’ contro Draghi

mario draghi bce

Di Domenico Conti – Il quantitative easing rilanciato da Mario Draghi a settembre fu varato nonostante il parere sfavorevole dei tecnici del comitato di politica monetaria, e con “numerosi membri” del consiglio direttivo che non vedevano ragioni “sufficientemente forti” per riprendere l’acquisto dei titoli di Stato. A un mese dal lancio del nuovo ‘bazooka’, e con ormai una ventina di giorni di mandato prima di cedere il timone della Bce a Christine Lagarde, si distinguono più chiaramente i ‘bastoni fra le ruote’ al disegno di Draghi per guidare l’Eurozona attraverso i nuovi venti di crisi globale.

La riapertura del Qe a meno di un anno dalla fine del precedente programma, ripartendo al ritmo di 20 miliardi al mese, sarebbe stata sconsigliata dalla maggioranza del comitato di politica monetaria. Un organismo tecnico, la cui analisi e i cui pareri non sono vincolanti. E non si tratta di un precedente: già in altre occasioni il consiglio aveva scelto diversamente. Ma l’occasione fornisce argomenti alla ‘fronda’, all’interno del consiglio Bce, che promette opposizione al ‘pacchetto’ varato da Draghi un mese fa: avvio del Qe al ritmo di 20 miliardi al mese a tempo indefinito, ulteriore taglio dei tassi con l’impegno a non farli salire fin quando l’inflazione non si sarà avvicinata al 2%.

Una fronda fatta di sette voti contrari alla decisione di settembre, su 25 membri del consiglio direttivo di cui 21 votanti: circa un terzo, dunque. A mettere a fuoco quanto avvenuto sono i verbali di quella riunione, che raccontano di “numerose riserve” sul pacchetto di politica monetaria, con una “maggioranza molto ampia” a favore del taglio dei tassi, e una “chiara maggioranza” a favore del Qe pur con “numerosi membri” che non erano convinti.

E il timore serpeggiante fra questi che la Bce corra un rischio, rincorrendo le aspettative dei mercati. Per contro, tutti i governatori sarebbero stati d’accordo sul fatto che i governi con spazio di manovra debbano dare uno stimolo all’economia “in maniera efficace e tempestiva”. Se è un pungolo a Berlino, è anche l’avvisaglia di quanto – dopo l’uscita pubblica contro il Qe dell’olandese Klaas Knot e le dimissioni dal board della tedesca Sabine Lautenschlaeger subito dopo il consiglio di un mese fa – i ‘falchi’ intendano dare battaglia. Guardando avanti, ai prossimi otto anni del mandato di Christine Lagarde, con tutte le banche centrali che ormai navigano in acque inesplorate, con la sfida imminente di Brexit e della guerra dei dazi, e con un’opposizione interna, guidata dalla Bundesbank e dagli olandesi, che non farà sconti.

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