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Coronavirus, ora serve un’Europa diversa

lagarde von der leyen

Finora è stato un controllore severo. Ha vigilato su norme condivise, concedendo deroghe e ragionando sempre in termini di maggiore o minore flessibilità rispetto ai parametri concordati. L’Unione Europea ha amministrato il suo Patto di stabilità e crescita con alterne fortune, mostrando in alcuni casi lungimiranza e commettendo errori, anche piuttosto clamorosi, in altri casi. Intorno al vincolo del 3% nel rapporto tra deficit e pil, nelle indicazioni ferme per ridurre progressivamente l’indebitamento netto, si è giocato un confronto costante, a tratti estenuante, tra Commissione e Stati membri. Nel caso dell’Italia, ogni manovra economica, e ogni correzione in corso d’anno, sono state contrattate sull’asse Roma-Bruxelles come l’ultima delle battaglie di una guerra di posizione senza fine.

Il sentimento anti-europeo, alimentato negli ultimi anni soprattutto dalle forze sovraniste e populiste, è cresciuto anche grazie all’odiosa connotazione di parole come ‘rigore’ e ‘austerità’. Molto si è speculato, strumentalizzato ed enfatizzato per convenienze di parte, all’insegna della propaganda più spicciola. Dall’altra parte, c’è chi ha continuato a difendere l’idea di un’Europa unita e l’esigenza di una maggiore condivisione di sovranità. In ogni caso, comunque la si pensi, il problema della modifica delle regole, superate dall’evoluzione della globalizzazione e da un nuovo modello di sviluppo economico, è emerso in maniera chiara e inequivocabile negli ultimi anni.

Ora, l’emergenza Coronavirus sgombera il campo da ogni dubbio. L’Europa, se vuole continuare a esistere anche nella sua dimensione politica e non solo in quella geografica, deve completamente capovolgere il suo ruolo. Non più un controllore, più o meno illuminato, di regole condivise ma il promotore del più grande sforzo economico e finanziario che si sia mai visto: l’Europa, con l’accordo di tutti gli Stati membri, deve mettere sul tavolo tutte le risorse disponibili per far ripartire un’economia che uscirà distrutta dai mesi di emergenza sanitaria.

Non solo non ci sarà più un Patto di Stabilità, che ancora non è stato colpevolmente sospeso, ma servirà un Patto di Spesa, di investimenti pubblici e di finanziamenti straordinari, all’interno di nuove regole condivise, che dovrà mettere d’accordo tutti, a partire dalla Germania e dalla Francia, colpite dall’epidemia ormai quanto Italia e Spagna, e anche dai Paesi del Nord, guidati dall’Olanda, da sempre custodi della dottrina dell’applicazione rigida delle regole. In gioco non ci sono più i rapporti di forza tra gli Stati membri, c’è la sopravvivenza dell’Europa, sul piano economico e sul piano politico. E la regia spetta alla Commissione guidata da Ursula Von del Leyen e alla Bce di Christine Lagarde: bisogna ripartire dagli errori di questi giorni per cambiare immediatamente rotta. Il primo passo significativo è arrivato: la Banca centrale europea ha messo sul tavolo 750 mld da destinare all’acquisto di titoli pubblici e privati, con la possibilità di focalizzarsi anche su singoli Paesi, per impedire la corsa incontrollata degli spread. Ora, anche la Commissione deve fare la sua parte.

Senza un gigantesco sforzo straordinario condiviso, in qualunque formula tecnica lo si voglia declinare, l’epidemia del Coronavirus oltre al Patto di Stabilità spazzerà via anche quello che resta dell’idea, e del valore, di un’Europa unita e capace di rialzarsi.

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