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Coronavirus, perché le persone escono di casa?

Ai tempi del coronavirus c’è chi scalpita, chi si lamenta, chi ha cercato di reimpostare la propria vita in 24 ore e ha abbracciato il cambiamento in favore del bene collettivo, chi fa la spesa 15 volte al giorno, e poi c’è chi, nelle notti insonni, applica complicati modelli matematici alla realtà per cercare di spiegare perché la gente, nonostante i rischi ingenerati dalla pandemia, continua a uscire di casa. Che si tratti di deformazione professionale, creatività che arde tra le quattro mura di casa, o solo una predisposizione a dare spiegazioni a tutto ciò che accade, Daniele Vezza non ha potuto fare a meno di applicare la ‘teoria dei giochi’ – una disciplina matematica che alcuni ricorderanno dal film ‘A beautiful mind’ – alla realtà italiana, in questo particolare momento storico.

Ventisette anni solo sulla carta d’identità, Change management & global projects specialist in PwC e docente alla Lum School of management, Vezza ha co-fondato quattro anni fa ‘Economia del suicidio’, la più grande community di studenti di economia, con i suoi 100mila follower sui social network. “Si tratta di un profilo Instangram e una pagina Facebook in cui ironizziamo su quello che si studia all’Università. Io ho fatto economia, e insieme al mio socio Alessandro Cascavilla, volevamo creare contenuti per permettere agli universitari di imparare, ma in maniera divertente. Ironizziamo un po’ su tutto. E oggi i nostri social sono diventati un punto di riferimento per gli studenti di economia”.

La community, che oggi vanta un vero e proprio marchio registrato nasce anche da quell’irrefrenabile necessità di dare forma e un senso al proprio futuro: “per me personalmente è stata la chiave per far emergere la mia creatività e la mia empatia che poi mi ha permesso di passare dalla frustrazione di non sapere cosa voler fare nella vita, a capire pienamente quali sono le mie attitudini, cosa mi piace e per cosa sono realmente portato. Ho studiato ‘banche, mercati e finanza’, un po’ per curiosità, un po’ perché facevo figo. Invece poi ho capito che è figo solo quello che veramente ti piace e la mattina ti fa svegliare determinato per poter emergere”.

È proprio questo approccio ad ogni genere di problema – da quelli matematici a quelli che la vita ti pone – che ha spinto Vezza a riprendere in mano il testo di Economia pubblica per vedere come applicare la ‘teoria dei giochi’ al comportamento degli italiani in questa fase di reclusione forzata. E soprattutto per convincerli che conviene a tutti stare a casa.

Chi ha studiato economia conosce bene la disciplina che descrive le scelte dei giocatori quando interagiscono tra loro. E potrebbe anche riecheggiare tra i ricordi di chi ha visto il film sulla vita di John Nash, il matematico statunitense e premio Nobel per l’Economia, considerato uno dei più importanti matematici del ‘900. Nonché l’uomo che ha dato un contributo fondamentale alla ‘teoria dei giochi’.

La teoria dei giochi è disciplina della matematica applicata che studia e analizza le decisioni individuali di un soggetto in situazioni di conflitto o interazione strategica con altri soggetti rivali finalizzate al massimo guadagno di ciascun soggetto. “Serve a capire le interazione tra gli individui quando devono fare delle scelte strategiche”, afferma Vezza spiegando che “l’assunto di base è che se ognuno ragiona per se stesso, si arriva a un equilibrio che non è ottimale per tutti. Se tutti fanno il comodo loro, e quindi se ne fregano della collettività, non solo ci rimettiamo tutti ma ci rimette anche il singolo. L’uomo tende ad agire per sé stesso, e quando ognuno agisce per sé stesso si arriva all’equilibrio di Nash, un equilibrio migliorabile. Nella teoria dei giochi quando tu hai un equilibrio migliorabile vuol dire che, puoi compiere delle azioni, che devono essere rivolte al bene della collettività, per migliorarlo”.

Se si prende ad esempio l’attuale situazione italiana, il messaggio chiave è: “salvo eccezioni che rientrano nel limite dell’accettabilità – chi ha serie necessità – le persone escono di casa per egoismo, ma questo egoismo non porta al benessere collettivo. Se tutti uscissimo a fare la passeggiata con il cane, a correre, e a fare la spesa tutti i giorni, creeremmo assembramenti. E non faremmo il bene neanche per noi stessi”.

Applicando il modello matematico alla realtà quotidiana che l’Italia sta vivendo sarebbe emerso un altro punto cardine: se in questo momento il governo allentasse la presa, anche di poco, sulle restrizioni, il risultato potrebbe essere di molto peggiore del previsto.

In questo contesto, infatti, un ruolo chiave lo gioca il quorum. “Nel momento in cui noi sappiamo che la nostra scelta è determinante ai fini di qualcosa, noi ci sentiamo molto più responsabilizzati: se siamo in 100, e 99 hanno già deciso di non uscire, io so che sono l’ultimo e tenderò sempre a limitare il mio atto perché sto comprendendo che la mia scelta è decisiva”, spiega Vezza. Ma non solo: “sto anche comprendendo che questa scelta è una scelta collettiva, mi sento parte di un gruppo”. Tanto è vero che analizzando le realtà dei paesini versus quelle delle città, “nelle città grandi si esce molto di più. C’è minor senso di appartenenza a un gruppo”.

Ma alla luce di questa considerazione, cosa potrebbe succedere nel momento in cui a livello centrale venissero emanati decreti più ‘permissivi’, nei quali gradualmente vengono rilasciati maggiori libertà, anche se minime?

“Se io sento che c’è bisogno di tutti, mi sento responsabilizzato, ma se iniziano a dirmi: ‘la passeggiatina la puoi fare’, io inizio a capire che c’è un margine di flessibilità, e il ragionamento diventa: bene, allora una piccola defezione è compatibile con il raggiungimento del risultato, quindi anche se io esco, tanto ci sarà qualcun altro che rimane in casa, e io mi becco i benefici di quello che non esce, senza dover rinunciare alla mia libertà, e quindi faccio quello che voglio”. Portando così, per le strade, nuovamente assembramenti di persone.

Escludendo dal ragionamento chi ha serie necessità psicofisiche, o situazioni particolarmente complicate, per il resto della popolazione le conclusioni del paper elaborato da Vezza sono più che lineari: “Una volta compreso quanto detto, tutti dovrebbero essere incentivati e capire razionalmente che non uscire è l’unica strada da percorrere. Se non lo fanno è perché sono stronzi”.

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