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Coronavirus, intorno al Mes la peggiore politica

coronavirus ue von der leyen

Neanche la peggiore crisi dal Dopoguerra riesce a mettere da parte la peggiore politica. L’emergenza legata alla diffusione del Coronavirus avrebbe almeno dovuto portare a una tregua, a un compromesso su una sola priorità: trovare più risorse possibile per aiutare il Paese a rialzarsi. Se c’è stata, è durata troppo poco. Il dibattito sul Mes sarà ricordato come uno dei punti più bassi della nostra storia. E non perché non si possa sostenere una posizione, o quella esattamente contraria, ma perché si è scelto di continuare a sventolare bandierine, a urlare slogan, ad accumulare meme sui social network senza alcun nesso con la realtà.

 

Il Mes è uno strumento, per altro profondamente cambiato nella sua versione praticamente senza condizioni per l’utilizzo sanitario, e invece è diventato un totem. Soprattutto, è uno strumento che assicura 36 miliardi. Ma la retorica sovranista e quella anti europeista ha evidentemente un valore troppo alto in termini di presunti consensi.

 

La reazione seguita alla riunione dell’Eurogruppo, con le polemiche tra Conte, Salvini e Meloni a fare da sfondo a una pessima rappresentazione teatrale, ha prodotto anche la successiva, surreale, votazione al Parlamento Europeo. La stessa immagine sbrindellata che quotidianamente produce la nostra politica si è riflessa nella plenaria a Bruxelles che ha approvato a maggioranza una risoluzione comune sulle misure necessarie a contrastare le conseguenze della pandemia di Coronavirus , che prevede, oltre al Mes ‘rivisto’, anche l’utilizzo di Recovery Bond legati al bilancio Ue.

 

I Recovery bond sono la richiesta francese, e italiana, per mettere in campo una risposta condivisa che dia forma ‘sostenibile’ agli Eurobond. Votare ‘no’ vuol dire scegliere di non volere risorse dall’Europa. Vuol dire rinunciare a poter sostenere i lavoratori, le famiglie e le imprese pur di non rinunciare alla campagna contro l’Europa. Bene, a dire ‘no’ sono stati gli europarlamentari di Lega e Fdi, insieme a tre grillini. Il resto della pattuglia Cinquestelle si è astenuta. A favore si sono espressi Pd, Italia Viva e Forza Italia. E questo certifica che la maggioranza che sostiene Conte ora è anche formalmente spaccata. Così come è spaccata l’opposizione.

 

In condizioni normali, tutto questo sarebbe bastato a innescare una crisi politica, ponendo l’esigenza di andare a verificare la tenuta della maggioranza che sostiene il secondo governo Conte. La situazione di emergenza in cui siamo suggerisce invece di evitare una crisi che inevitabilmente paralizzerebbe il Paese, in una fase in cui di tutto abbiamo bisogno tranne che di settimane di trattative per fare un nuovo governo.

 

Resta però il tema di fondo. Questa classe politica sta dimostrando di non avere gli strumenti per capire quello che stiamo attraversando. Il 23 aprile il Consiglio Europeo prenderà le sue decisioni e l’Italia arriverà a quel tavolo senza il sostegno politico che avrebbe richiesto una condivisa assunzione di responsabilità. Poi, sarà il Parlamento italiano a doversi esprimere sul ‘pacchetto’ confezionato a Bruxelles. E si riproporrà la stessa domanda: saranno in grado le forze politiche di esprimere una maggioranza solida a favore dell’unica soluzione percorribile? E se quella maggioranza avesse una composizione diversa rispetto a quella che sostiene il governo, quali conclusioni andrebbero tratte? In attesa delle risposte, continuiamo a girare intorno al totem del Mes.

 

 

 

 

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