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Recovery Fund, ora si deve usare il Mes

Il risultato è di quelli che si può rivendicare a lungo. Il premier Giuseppe Conte e il suo governo escono dalla battaglia di Bruxelles più forti. Per una volta, la chiusura di un negoziato cruciale, anche grazie all’asse franco-tedesco, vede l’Italia indiscutibilmente dalla parte dei vincitori. E il merito, altrettanto chiaramente, va a chi quel negoziato l’ha condotto, affermando e difendendo una posizione netta: il compromesso su Recovery Fund non ne doveva ridimensionare la portata.


Centrato l’obiettivo, Conte ha la forza per imporsi con la sua stessa maggioranza, prima ancora che con l’opposizione. L’Europa, nonostante tutto, ha dimostrato di poter giocare quel ruolo decisivo che era chiaro dovesse avere fin dall’inizio della crisi. Soprattutto, l’Europa non ha assunto la faccia cattiva dei Paesi frugali e non è quindi diventata il miglior alleato di populisti e nazionalisti. La retorica dell’arcigno controllore, impegnato a trovare il modo di vincolare l’Italia a prestiti usurari ha perso molti dei suoi argomenti.

 

È il momento di archiviare definitivamente la diffidenza a oltranza e valutare per quello che sono gli strumenti a disposizione. A partire dal Mes.

 

Le ragioni per farlo sono le stesse per cui l’opposizione al Mes, nella versione rivista quasi senza condizioni, non ha mai avuto fondamento. Ma se ne è aggiunta un’altra, sempre più ingombrante: l’autunno si prospetta più duro del previsto e il rischio che il virus possa costringere a nuovi stop è tutt’altro che remoto.

 

I soldi del Recovery Fund arriveranno, ma se ne riparla nel 2021. I soldi del Mes possono arrivare subito e servono più di prima. Non solo. Con l’accordo appena raggiunto a Bruxelles, cade anche qualsiasi rischio di ulteriore sovraindebitamento. Gli interessi da pagare sul Mes sono già ampliamente coperti dal resto dei fondi che arriveranno.

 

Resta il tema politico. E su questo fronte si misurerà la capacità di Conte di affermarsi definitivamente come un leader. Le resistenze dei Cinquestelle sono un fattore che va gestito e non subito. Le scelte di politica economica, con l’emergenza lavoro ancora tutta da affrontare, non possono sottostare alle logiche della propaganda. Anche e sopratutto sul Mes.

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