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Chi pagherà per la pandemia? Il caso delle assicurazioni Usa

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Centinaia di aziende americane hanno fatto causa alle assicurazioni per essersi rifiutate di coprire le perdite dovute al Covid. Un tema che vale più di un trilione di dollari. Articolo di Jeff John Roberts apparso sul numero di Fortune Italia di luglio 2020.

L’Indiana Repertory Theatre è un’istituzione della vita culturale nel Midwest degli Stati Uniti. Ma dopo l’impatto del Covid-19, il teatro ha cominciato a faticare, prima mettendo brevemente in scena l’Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie davanti a una platea più piccola del solito, poi chiudendo del tutto, quando la situazione si è fatta troppo rischiosa. “Abbiamo subito capito che avremmo perso un milione di dollari di incassi”, dice il direttore Suzanne Sweeney, che ha dovuto licenziare decine di attori e lavoratori per tagliare le spese. Nella speranza di attutire il colpo, Sweeney ha chiamato l’agente assicurativo del teatro per sfruttare la polizza stilata per coprire eventuali interruzioni dell’attività. L’assicuratore, però, si è rifiutato di pagare perché ha detto che la perdita non era dovuta a un danno fisico, come un incendio. La risposta del teatro è stata una causa, presentata al tribunale dello Stato ad aprile, nella speranza che un giudice possa ripristinare la copertura.

 

Il teatro dell’Indiana è solo una delle centinaia di organizzazioni e aziende, inclusi ristoranti, centri estetici e casinò, che hanno fatto causa alle compagnie assicurative per aver rifiutato di coprire le loro perdite dovute al coronavirus. I bersagli delle cause includono compagnie come l’American International Group, Liberty Mutual e Hartford Financial.

 

 

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Gli uffici American International Group di New York.

 

 

Questi casi sono solo l’antipasto di un grande scontro legale per decidere chi debba pagare le centinaia di miliardi di dollari perse dal mondo del business a causa della pandemia. Il risultato determinerà se molte aziende possano continuare ad esistere, o addirittura se possa sopravvivere la stessa industria delle assicurazioni. Dopo che la maggior parte di Londra fu rasa al suolo dalle fiamme nel 1666, gli assicuratori, che al tempo si occupavano più che altro di disastri marittimi, estesero la copertura anche agli incendi. Da allora, lo spettro di coperture a disposizione dei commercianti si è allargato a dismisura, e oggi il 40% delle piccole e medie imprese compra assicurazioni per compensare la perdita di entrate nel caso di qualche disastro.

 

Ma come stanno tardivamente scoprendo molte aziende, la maggior parte delle polizze contengono un linguaggio che fa riferimento a perdite dovute ad eventi fisici. Le interruzioni causate da ‘autorità civili’, che dovrebbero includere quindi anche il ‘restate a casa’ governativo, spesso sono coperte. Ma anche in quei casi, le aziende devono aver avuto un danno ‘fisico’ ai loro locali per far scattare la copertura. A complicare ancora la questione c’è il fatto che molte polizze contengono clausole che escludono specificatamente perdite dovute a eventuali virus. Termini del genere sono apparsi per la prima volta nel 2006 quando l’industria delle assicurazioni, spaventata dall’epidemia di Sars, ha pensato di proteggersi in caso di pandemia.

 

Questi garbugli non hanno impedito agli avvocati più intraprendenti di cercare qualche scorciatoia. Alcuni di questi legali affermano che il coronavirus debba essere definito come un evento ‘fisico’, e che quindi vada coperto, proprio come è successo in passato in casi che coinvolgevano l’amianto o la malattia del legionario. Nella speranza di dribblare l’esclusione della pandemia dalle coperture, altri puntano il dito contro alcune scelte di linguaggio che escludono perdite dovute a dei batteri, ma che non menzionano chiaramente i virus. Questo tipo di creatività legale porterà a qualche successo? Il professore dell’Università della Virginia Kenneth Abraham dice di no. Avverte però che precedenti campagne contro l’industria delle assicurazioni, specialmente sul tema inquinamento, sono iniziate da presupposti ambiziosi, ma alla fine hanno avuto successo. “In 40 anni ho imparato che qualcosa che sembra una forzatura a molte persone, alla fine potrebbe non esserlo”, dice.

 

Il risultato legale per i proprietari di attività commerciali probabilmente dipenderà dalle leggi dei vari Stati americani. Intanto, i politici di almeno sette Stati stanno provando a intervenire con richieste di leggi che impedirebbero agli assicuratori di escludere le pandemie dalle polizze. Ma anche se stratagemmi del genere avessero successo (un risultato dubbio, visto la rigidità della Costituzione degli Stati Uniti in materia di revisione dei contratti privati da parte del Governo) non è chiaro quanto le compagnie assicurative si possano permettere di pagare. Gli esperti dicono che il costo sarà molto più alto delle cause contro l’amianto e i siti contaminati, che sono costate centinaia di miliardi di dollari alle assicurazioni. “In quanto ai dollari che ci sono in ballo, è una situazione senza precedenti”, dice Abraham.

 

Secondo l’avvocato assicurativo Michael Menapace, le compagnie americane (compresi i riassicuratori che le aiutano e i retrocessionari che li supportano a loro volta) al momento hanno in mano una riserva da 770 mld di dollari, una somma che secondo lui verrebbe spazzolata in tre o quattro mesi se i tribunali ordinassero alle assicurazioni di pagare tutti i reclami delle aziende. Un grande terremoto o un uragano andrebbero a pesare ancora di più sull’industria, dice Menapace.

 

Questo spiega perché le compagnie assicurative hanno provato a proteggersi dal pagamento dei danni della pandemia. L’industria è ben equipaggiata per pagare in caso di gravi disastri o per vicissitudini come quella dell’amianto, per le quali si può impostare una copertura lenta, spalmata su diversi anni. Ma non può coprire quelli che la gente del mestiere chiama “rischi collaterali” come i danni provocati dalla guerra
(o dal Covid-19) che possono impattare su milioni di persone allo stesso tempo.

 

Un avvocato di Chicago, Teresa Snider, suggerisce che la pandemia potrebbe portare a un risultato simile a quello successivo all’11 settembre 2001, con il governo federale che crea un nuovo sistema in cui il Tesoro statunitense possa aiutare le compagnie a pagare per future pandemie.

 

Nel frattempo, dice, il dibattito sulla copertura richiederà anni, per essere risolto. Questo non sarà di conforto ai lavoratori del teatro dell’Indiana, per i quali un immediato rimborso assicurativo avrebbe probabilmente offerto un po’ di protezione dalle conseguenze della disoccupazione.

 

 

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