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Finita l’età d’oro del calcio in Cina

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Non è più l’età dell’oro per il calcio in Cina. Anzi, il governo di Pechino ha ordinato la retromarcia già da qualche tempo. Ma ora sarà ancora più complicato che stelle del presente o del passato decidano di andare a giocare nel paese asiatico: la federcalcio cinese infatti ha da poco deciso che le squadre dovranno eliminare dal loro nome ogni riferimento a sponsor o gruppi di investitori. Dal Guangzhou Evergrande allo Shanghai SIPG, poi il Tianjin Teda e il Beijing Guoan, solo alcuni dei club che portano il nome di colossi commerciali, in alcuni casi presente sin dalla nascita della società. Un binomio tra calcio e business che si verifica anche in altri Paesi: dal Bayer Leverkusen in Bundesliga al Red Bull Salisburgo in Austria, poi negli Stati Uniti con i New York Red Bulls e in Messico con il Cruz Azul.

Quindi, d’ora in poi solo nomi neutri. C’è solo un’eccezione, concessa dalla federcalcio, per ignoti motivi, allo Shanghai Shenhua. L’intervento chiaramente è stato ispirato dal governo di Pechino e mira all’incremento dell’interesse del pubblico per lo sport. Ma le conseguenze per i club cinesi sono dietro l’angolo: la minor visibilità per i grandi gruppi industriali che si erano legati a un club potrebbe portare all’abbandono di multinazionali alla Chinese Super League. E’ solo l’ultimo atto del processo di normalizzazione imposto dal governo cinese al calcio, che aveva portato nel paese asiatico atleti più o meno famosi pagando ingaggi assolutamente fuori dalla portata anche in Europa.

Insomma, il sogno è finito, dalla prossima estate il clima da austerity in Cina porterà, sul modello delle leghe major americane, come stabilito già nel 2019, il salary cap nella massima serie cinese, con il tetto agli stipendi. Sino a tre milioni di euro, certo non bruscolini, ma per esempio la cifra è solo l’ottava parte del compenso annuo del brasiliano Oscar, ex Chelsea ora allo Shanghai Shenhua, che è il calciatore più pagato del torneo. Secondo le indicazioni arrivate dal governo che con questo provvedimento mira a stimolare la produzione di talenti nazionali (Cina è 75esima nel ranking mondiale), i club potranno pagare al massimo 75 milioni di euro in stipendi, con un tetto di dieci stranieri nella rosa. Solo due stranieri potranno incassare fino a tre milioni di euro, poi la paga base per i calciatori cinesi sarà di circa 630 mila euro annui.

Ovviamente il taglio drastico ai compensi porterà alla fuga dalla Cina di un corposo gruppo di atleti, magari di ritorno nel calcio europeo, che pure non vive l’età dell’oro per gli effetti della pandemia. L’esodo è partito già da un paio di stagioni, tra qualche settimana potrebbero fare le valigie l’ex del Napoli Marek Hamsik (che gioca nel Dalian, allenato da Rafa Benitez) a Graziano Pellè, ex centravanti della nazionale italiana (13 milioni annui allo Shandong Luneng), Eder, ex Inter, ed El Shaarawy, ex Roma.

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