Si apre formalmente la crisi di governo. Matteo Renzi ha annunciato le dimissioni delle ministre Teresa Bellanova, Elena Bonetti e del sottosegretario Ivan Scalfarotto. “Crisi aperta da mesi e non da noi”, sostiene il leader di Italia viva. “Abbiamo fiducia in Mattarella”, dice, tenendo aperta la porta a diverse opzioni.
La politica non è un reality show
“Noi non giochiamo con le istituzioni, la politica non è un reality show, non si fa con le veline ma affrontando i problemi nelle sedi politiche, nelle sedi istituzionali, in Parlamento. La Costituzione non è una storia su Instagram”, afferma. “Risolviamo i problemi che si sono aperti: questa è politica. Pensare di risolverli con un post su Facebook è populismo”, continua il leader Iv, che aggiunge: “A dimettersi ci vuole coraggio e responsabilità. È molto più difficile lasciare una poltrona che aggrapparsi alla tenace difesa dello status quo”.
La maggioranza
“Se le forze politiche dell’attuale maggioranza hanno voglia di affrontare i temi, lo facciano ma senza rinviare ancora. Senza continui giochi di parole, comunicati roboanti. La democrazia ha delle forme e se non vengono rispettate allora qualcuno deve avere il coraggio di dire che il re è nudo”.
Mattarella
Renzi confida ora in Mattarella, con una “fiducia incrollabile nel presidente della Repubblica, nella sua persona e nel suo ruolo di arbitro”.
Gli scenari
“Tocca al presidente del Consiglio, noi siamo pronti a discutere di tutto, non abbiamo nessuna pregiudiziale né su formule né su nomi”. Renzi puntualizza qual è l’unico scenario non percorribile. “Noi non faremo mai i ribaltoni, non daremo mai vita a un governo con quelle forze della destra antieuropeista e sovranista che abbiamo combattuto. Questa è l’unica pregiudiziale che noi mettiamo”.
Lo sbocco della crisi
“Spetta a Conte deciderlo. Ho messo un solo paletto: no ribaltoni e no alla destra sovranista e antieuropeista. Poi, si è pronti a discutere di tutto: un governo con la stessa maggioranza, un governo tecnico oppure andare all’opposizione. Non ci interessa il nostro destino ma quello del Paese”. Ma, aggiunge, “se ci vogliono non è che ci prendono come segnaposto. Quando ci mettiamo a lavorare non ci facciamo prendere in giro”.