Centocinquantaquattro o 155, alla fine sono 156. Il governo Conte insegue, uno a uno, i numeri che gli servono al Senato per poter sostenere, definitivamente, di aver vinto la battaglia. Una conta sofferta, trattata, ‘comprata’ con la mediazione.
Si dirà, l’arte della politica. È sempre stato così nella storia della Repubblica parlamentare. Vero, ma questa volta è comunque diverso. Perché se in condizioni normali un governo può anche comprare tempo e tergiversare, puntare a sopravvivere in attesa di tempi migliori, oggi si pone, subito, un problema più grande rispetto al pallottoliere del Senato: da domani il governo Conte e la maggioranza che lo sostiene devono dare risposte forti.
Non si può galleggiare. Non si può rimandare più nulla. Fuori dalla bolla della crisi politica più assurda di sempre c’è la realtà. Sarà necessario uscire dal gioco di ruolo, riconsegnare le pedine e i soldi del Monopoli e tornare, bruscamente, a occuparsi di morti e di malati, di disoccupati e di studenti, di progetti seri e di scelte difficili. Non tra qualche settimana ma domani mattina. Dal Senato, appena spente le luci sul tabellone, inizia la partita vera.
Quando si parla dell’operazione di questi giorni si esprimono, come inevitabile e fisiologico, posizioni di parte. Si discute delle responsabilità e di chi ne deve portare il peso, degli schemi possibili e della geometria politica che deve portare alla soluzione.
Si arriva, anche volendo essere ottimisti e indulgenti, a un punto cruciale: così non si può andare avanti. Partendo da un dato sufficientemente oggettivo: l’equilibrio precario del Conte 2 è saltato. Per il sabotaggio di Italia Viva, sostengono le altre forze della maggioranza; per la manifesta incapacità dell’esecutivo, sostengono insieme i renziani e l’opposizione.
Ora, si sostiene, va rafforzato il governo e va allargata la maggioranza. Il problema, di difficile soluzione, è che va fatto senza spostare in avanti il tempo delle decisioni e senza bruciare l’unica possibilità che abbiamo per limitare i danni: governare sul serio.
