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Governo, Renzi e Zingaretti i due volti della crisi

manovra renzi di maio zingaretti conte

Uno ha voglia di parlare e risponde a lungo alla stampa. L’altro non accetta domande. Uno continua a sfidare i suoi interlocutori e rivendica spazio per la politica, l’altro si attiene fedelmente allo spartito che segue da giorni. Matteo Renzi e Nicola Zingaretti sono i due volti, mai tanto diversi non solo per caratteristiche personali e di leadership, di una crisi di governo che continua ad arrotolarsi su se stessa. Le consultazioni al Quirinale, con le posizioni espresse da Italia Viva e Partito Democratico, sono entrate nel vivo. E mettere insieme gli elementi che sono sul tavolo è un esercizio utile per descrivere tutte le difficoltà di un percorso ancora lungo.

 

Renzi ha parlato per primo. “Abbiamo subito 15 giorni di fango perché siamo stati gli unici a porre problemi di merito. Noi non ci siamo prestati alla guerra del fango. Il punto fondamentale per noi oggi è dire che siamo pronti ad appoggiare un governo istituzionale o politico, con larga preferenza per quest’ultimo, ma questa proposta politica necessita il passaggio ulteriore di capire se vogliono stare o no con noi. Devono confrontarsi con noi, non con gli hashtag. Poi discuteremo delle persone. Io non vedo altra maggioranza politica che non contempli Italia viva”. Già in queste parole c’è molto. Poi c’è il rapporto con Giuseppe Conte. Renzi vuole evidenziare che i problemi sono sostanziali, e politici, e non personali. “Noi non abbiamo fatto il nome di Conte perché siamo in una fase precedente”, dice, sostenendo che “oggi non si tratta di allargare la maggioranza ma verificare se c’è una maggioranza”. Renzi rivela anche una telefonata con Conte, poco prima di salire al Quirinale. Lo fa per evidenziare che c’è stato un contatto e per puntualizzare che si può parlare. “Questo l’ho detto al premier dimissionario, quando ci siamo sentiti, dicendo che Iv non ha problemi personali”. Parlare vuol dire trattare. “Non abbiamo pregiudizi verso nessuno e siamo pronti a discutere con tutti se l’orizzonte è l’europeismo. Siamo contenti se questa maggioranza si allarga, ma in questo momento una maggioranza non c’è”, ribadisce il leader di Iv. Non solo, puntualizza, non c’è da chiedere scusa a nessuno. “La dimensione delle scuse appartiene agli scontri caratteriali, qua non siamo alla fiction, questa è politica, siamo al Quirinale e noi ci affidiamo alla saggezza del presidente Mattarella”.

 

Zingaretti ha messo insieme due elementi che, se tenuti insieme, possono rappresentare la soluzione della crisi di governo. Almeno nei piani del Pd. Quelli, in chiaro, spiegati pubblicamente. Il Pd ha comunicato di sostenere l’incarico al presidente uscente Giuseppe Conte “per un governo che possa contare su un’ampia e solida base parlamentare, che sia nel solco della migliore tradizione europeista, che sia in grado di affrontare le emergenze della pandemia e che realizzi con riforme istituzionali quella macchina pubblica in grado di far ripartire il Paese”. Quindi, Conte ancora premier e con una maggioranza più larga. Un’opzione che, ragionevolemente, passa per un allargamento più serio di quello prospettato dal mercato dei senatori andato in scena finora. “Abbiamo indicato la disponibilità a sostenere un incarico al presidente Conte che anche nell’ultimo voto di fiducia si è rivelato punto di sintesi ed equilibrio avanzato”. Qui c’è la chiave. Perché Conte possa realmente essere sostenuto da uno schieramento ampio servono passi in avanti sostanziali rispetto agli ultimi giorni, spesi invano a costruire una nuova maggioranza che potesse fare a meno di Renzi.

 

La domanda che resta sul tavolo è se le due condizioni poste da Zingaretti, Conte e una maggioranza solida, possano realmente stare insieme. Perché è evidente che lo scenario potrebbe cambiare radicalmente se alla fine la maggioranza più ampia e più solida si trovasse intorno a un altro premier. Su questo fronte, conterà ovviamente molto la posizione dei Cinquestelle, che restano la forza numericamente più forte. E anche, se non soprattutto, la decisione del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che punterà sulla soluzione che prospetterà l’approdo più stabile e solido possibile.

 

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