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Dal centralino al cloud: la CPaaS e la doppia rivoluzione delle imprese

avaya cloud cpaas

Nel 2020 qualsiasi azienda ha dovuto affrontare due rivoluzioni: una esterna, relativa alle abitudini dei propri clienti, e una interna, relativa a quelle dei dipendenti. Entrambe, nell’atto pratico, passano anche dal modo con cui l’azienda gestisce le sue comunicazioni. Secondo la ricerca di Gartner ‘The Life and Work Beyond 2020’, commissionata da Avaya (multinazionale specializzata in comunicazioni aziendali che serve il 90% delle imprese Fortune 100), una maggiore attenzione al benessere, una spinta a fare leva sull’empatia quando si interagisce con i clienti e la preferenza per il lavoro ibrido sono le tre principali tendenze destinate a trasformare la vita quotidiana e il lavoro a partire dal 2020. Per Avaya, dice il Country manager italiano Massimo Palermo, la risposta integrata a questi trend sta nel cloud, e precisamente nella CPaaS, ovvero Communications Platform as a Service.

Per capire di cosa si tratta, supponiamo che un’azienda abbia un centralino e dei servizi di contatto clienti tradizionali (una tecnologia cosiddetta ‘on-premise’, quindi) e che voglia arricchire questi servizi con un servizio di informazioni realizzato con un chatbot per automatizzare e velocizzare la risposta al cliente e, al tempo stesso, offrirgli una esperienza semplice grazie all’utilizzo di un linguaggio naturale, simile al nostro parlato. Gestire bene i servizi di contatto verso i clienti combinando nel giusto modo agenti e risorse digitali può essere fondamentale per un’impresa: secondo Gartner il 71% dei consumatori afferma che le difficoltà riscontrate nell’interagire con il servizio clienti delle aziende hanno un impatto negativo sul proprio benessere. Nel servizio descritto sono presenti chatbot costruiti con intelligenza artificiale che si trovano su cloud, centralino e agenti on premise. Come si fa allora a integrare in maniera semplice le chiamate che arrivano sul centralino e che, passando dal ‘robottino’ in cloud, vengono ri-trasferite agli operatori umani per offrire un miglior supporto? Nel caso di Avaya, racconta il country manager italiano, la soluzione si chiama Avaya OneCloud CPaaS.

Qual è il valore di un sistema come questo, per le aziende?

Può aiutarle a completare il loro percorso di innovazione, è un vero e proprio catalizzatore. Quello che vogliamo offrire è la flessibilità al loro percorso di trasformazione. Non si tratta di ‘far sparire’ i sistemi tradizionali. Conosciamo bene il mercato della comunicazione delle aziende, siamo degli insider, e conosciamo l’utilità di questi sistemi on-premise. Il vero problema è riuscire ad integrarli superando il concetto di applicazione monolitica, ovvero di applicazioni e funzionalità che non sono integrate e non sono in grado di condividere dati con altre applicazioni all’interno dei processi di business, perché sono obsolete o hanno interfacce complicate da usare. E questo vale in generale sia per applicazioni di comunicazione sia per applicazioni legate al mondo IT. Può accadere ad esempio che un’azienda abbia un sistema di CRM particolarmente datato e quindi in questo caso non è così semplice e immediato gestire le informazioni sui clienti. Il valore di una piattaforma CPaaS è superare questi limiti e agire come un ponte tra queste interfacce che sono ormai obsolete, permettendo integrazione e apertura con il mondo cloud e con i suoi applicativi, come i chatbot.

Massimo Palermo, Country manager Italia di Avaya – Courtesy Avaya

La ricerca Gartner dice che una delle nuove tendenze tecnologiche delle aziende sarà una “total experience”, che sostituirà i vari canali di comunicazione con un unico percorso, basato appunto sull’esperienza, che potrà essere compiuto sia dai dipendenti, sia dai clienti, nella maniera più comoda possibile. Come risponde una piattaforma del genere a queste trasformazioni?

Il primo vantaggio è la semplicità. Con Avaya OneCloud CPaaS le aziende possono sviluppare use case, applicazioni e workflow in tempi ridotti e con competenze di sviluppo generiche, in maniera molto semplice. Questo avviene perché il CPaaS offre delle funzionalità in cloud richiamabili attraverso semplici API e che sono in grado di interagire con le applicazioni on-premise e che, quindi, possono essere composte in modo semplice per creare nuove esperienze. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che gli esperti affermino che entro il 2023, il 90% delle aziende globali farà leva sull’offerta di CPaaS abilitate per API come asset di competenze IT strategiche per migliorare la propria competitività digitale. Da notare che nel 2020 questa percentuale era solo del 20%.

Se i clienti vogliono una comunicazione migliore con l’azienda, i dipendenti vogliono più indipendenza. Secondo lo studio Gartner il 46% dei dipendenti già adesso preferisce lavorare da remoto o almeno avere gli strumenti per farlo. In che modo un solo strumento si adatta sia ai consumatori che ai lavoratori?

La pandemia ha confermato che le esperienze dei dipendenti e dei clienti sono due facce della stessa medaglia. Oggi è fondamentale costruire una relazione digitale con il proprio mercato e mantenere una comunicazione costante con i propri dipendenti, clienti e/o cittadini, anche quelli con cui fino a qualche mese fa le organizzazioni entravano in contatto solo fisicamente, di persona, ma che ora sono “ingaggiati” attraverso il sito, le varie app e i social media, senza peraltro dimenticare il canale voce. Per rispondere a queste esigenze noi proponiamo una nuova concezione di azienda, cioè quella della ‘composable enterprise’, una sorta di ‘impresa componibile’. Impresa composta da più parti facilmente integrabili – soprattutto grazie al cloud – dove app specifiche si possono combinare, da un lato, con le funzioni di contact center per disegnare un’esperienza nuova e personalizzata per il cliente, e, dall’altro, con le applicazioni che gestiscono i flussi di lavoro per creare nuovi modi di collaborare in team siano esse in cloud oppure on- premise. La ‘composable enterprise’ nasce dalla disponibilità dei migliori “building block” presenti sul mercato nelle aree sia dell’esperienza cliente e sia dell’esperienza del dipendente e dell’automazione del lavoro, nel contesto di un ecosistema di tecnologie leader di settore. In sostanza CPaaS crea una connessione tra il mondo dei contact center e quello dello smart working e della collaborazione aziendale. Infatti, nel portafoglio cloud di Avaya, il CPaaS si posiziona come elemento trasversale e di congiunzione tra queste due aree di soluzioni: CCaaS, contact center as a service e UCaaS, Unified Communication e Collaboration as a service. Ad esempio, la piattaforma CPaaS può essere combinata con le tecnologie per il Contact Center per orchestrare l’intero customer journey e offrire esperienze più personalizzate, positive e significative per l’utente che vengono create in modo immediato.

A chi è adatta una piattaforma del genere?

A tutti. Senz’altro alle Pmi. Infatti, rispetto alle aziende più grandi, che di solito usano soluzioni di private cloud e spesso sono partite prima con l’innovazione, le Pmi, specialmente in Italia, sono probabilmente le aziende che possono beneficiare di più da uno strumento del genere. Ma anche alla pubblica amministrazione, che rappresenta in Italia circa il 40% del nostro fatturato, e che è quella che da sempre ha maggiori problemi di risorse e competenze. Perché anche in tempo zero diamo loro subito la possibilità di usufruire di una tecnologia avanzata senza bisogno di grandi competenze interne e di grandi investimenti, grazie alla modalità opex propria del Cloud. Avere la flessibilità come obiettivo significa infatti permettersi di innovare senza grossi investimenti in infrastruttura o in nuovo personale. Inoltre, la piattaforma è facilmente scalabile: le aziende pagano solo per i servizi di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno. Molte aziende non dispongono di risorse interne per lo sviluppo di applicazioni, per questo è importante che i fornitori di CPaaS rendano disponibili app pronte per essere personalizzate e distribuite rapidamente. In questo modo, non è necessario impiegare tempo e risorse per la creazione di applicazioni da un set di API e le aziende possono dedicarsi alla semplice personalizzazione delle applicazioni preconfigurate, velocizzando notevolmente l’intero processo.

Essendo una realtà internazionale, avete una prospettiva unica sullo stato d’avanzamento del cloud in Italia, rispetto ad altri Paesi. A che punto siamo in questa transizione, secondo lei?

Una certa differenza con gli altri Paesi si nota. C’è ancora una latente forma di diffidenza verso il cloud. E per portare a termine una vera trasformazione digitale serve anche una continuità politica e un chiaro commitment a livello di sistema-Paese per riuscire ad effettuare una transizione su vasta scala. La pandemia d’altro canto ci ha offerto anche una forte motivazione ad innovare ed accelerare in tal senso. Vediamo proprio in questi giorni l’attualità del Pnrr (Piano Nazionale di ripresa e resilienza) che pone il focus su voci di spesa relative a modernizzazione e creazione di infrastrutture critiche che non sono più considerate in secondo piano. Sappiamo bene che la trasformazione digitale delle nostre organizzazioni pubbliche e private richiede non solo vision, ma anche – e soprattutto – capacità umane ed esperienza per realizzare nel concreto il cambiamento. Avaya, oltre alla tecnologia e ad anni di esperienza come leader di mercato, in Italia soprattutto può contare su un’ampia e capillare rete di partner, certificati e competenti, che porta ulteriore valore aggiunto ai nostri clienti. Le partnership territoriali come le alleanze strategiche a livello globale sono indispensabili per poter offrire un’ampia gamma di esperienze e soluzioni di comunicazione e collaborazione che offrano eccellenza tecnologica a supporto di tutti i settori di mercato. E questo è un obbiettivo e un risultato che non si può avere la presunzione di conseguire da soli. In questo particolare momento di trasformazione, la capacità di fare sistema per lavorare insieme è importante quanto le competenze tecnologiche che ciascun attore del sistema è capace di apportare.

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