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Ue, al via la consultazione per rivedere il Patto di stabilità

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Un percorso tutto da costruire e dagli esiti per niente scontati. L’Unione Europea dà oggi ufficialmente il via alla consultazione sulla revisione del Patto di stabilità e crescita che resterà aperta fino alla fine di quest’anno. Dopo, inizierà una fase di confronto tra gli Stati aderenti e, solo in primavera, la Commissione presenterà la sua proposta di riforma. Nel contesto post pandemico, e a seguito della sospensione del Patto fino al 2022, l’Europa si ritrova a fare i conti con una governance economica che non risponde più alla realtà mutata.

Oggi sono stati il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, e il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, a lanciare il dado di una partita che si annuncia complessa: nei contenuti e per le modalità con cui attuare eventuali modifiche ai regolamenti in vigore. Sono richiesti insieme cautela e coraggio. Un indirizzo però Bruxelles oggi lo ha dato: “le regole vanno cambiate”. E questa è la chiave di lettura: “il ritmo con cui il debito degli Stati deve scendere è un tema centrale ma per tagliare il debito è fondamentale la crescita”. Poche parole che racchiudono le questioni più importanti e dirimenti da affrontare. La prima: gli obblighi sul controllo dell’indebitamento. “Finanze pubbliche sane sono un ingrediente essenziale per l’economia europea”, spiega Gentiloni, “ma la riduzione del debito deve essere realistica e compatibile con una strategia di crescita sostenibile”.

L’aiuto fornito dagli Stati per affrontare la crisi sanitaria e supportare l’occupazione è stata “la cosa giusta da fare”, anche se “ha portato a livelli più elevati il debito, in media del 100% nell’area euro”. Questo non significa che sia possibile “appesantire in modo permanente la spesa pubblica”. Ma il punto per Bruxelles è riflettere “su come le regole di bilancio possano garantire una graduale riduzione del rapporto debito/Pil”. Quelle attuali – con un taglio ogni anno pari a un ventesimo della parte eccedente il 60% del Pil – impongono politiche di austerity che non si conciliano con la necessità di questa fase di investimenti maggiori. “Il fabbisogno aggiuntivo” di risorse pubbliche e private “per le transizioni verde e digitale sarà di quasi 650 miliardi di euro l’anno fino al 2030”, spiega Gentiloni. E “settori dell’energia e dei trasporti richiederanno una stima di 390 miliardi l’anno”, praticamente “il 50% in più rispetto al passato”. Cifre che danno un’idea di quanto sia necessaria una risposta che “faciliti gli investimenti”, non che li riduca. La “Green rule” per scontare dal computo di debito e deficit quelli destinati alla transizione ‘verde’ è una delle opzioni allo studio, conferma Dombrovskis.

In ogni caso, i Piani di ripresa e le risorse europee daranno il loro contributo, ma al resto dovranno provvedere i singoli Paesi. Per il commissario all’Economia il retaggio delle regole europee – negli ultimi anni “gli investimenti pubblici nell’eurozona sono scesi intorno allo zero in termini netti” – ci dicono che le “politiche fiscali” del PSC “sono state spesso tutt’altro che favorevoli alla crescita”. E senza crescita non si può ridurre il debito. Ancora da capire è come si muoverà la Commissione sul piano normativo. Dombrovskis fa sapere che un primo step sarà adottare “linee guida nel primo trimestre” del 2022 “per aiutare gli Stati membri a preparare i loro programmi di stabilità e convergenza per il 2023”, quando è previsto il ritorno alle attuali regole del Patto di stabilità. Non è ancora chiaro se si seguirà la strada legislativa, ma i tempi potrebbero non consentire l’approvazione di modifiche regolamentari che “siano in funzione il primo gennaio 2023”. Resta perciò probabile l’ipotesi di “una comunicazione interpretativa” dell’organo presieduto da Ursula Von der Leyen.

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