Un ostacolo legale. Con questa motivazione la Federal networks agency tedesca ha annunciato la sospensione temporanea del processo di approvazione di Nord Stream 2, il controverso gasdotto che, attraverso il Mar Baltico, collega Russia e Germania.
Il regolatore tedesco ha dichiarato di non poter procedere alla certificazione perché Nord Stream 2 AG, la società controllata da Gazprom proprietaria del gasdotto, è registrata in Svizzera e non in Germania. “A seguito di un esame approfondito della documentazione, la Bundesnetzagentur ha concluso che sarebbe possibile certificare un operatore del gasdotto Nord Stream 2 solo se tale operatore fosse organizzato in una forma giuridica secondo la legge tedesca”, si legge in una nota.
Nord Stream 2 AG ha accettato di costituire una filiale tedesca, ha ricordato il regolatore nella sua dichiarazione. E dunque “la procedura di certificazione rimarrà sospesa fino a quando i principali asset e le risorse umane non saranno trasferiti alla controllata”. Una volta completato tale processo, il processo di certificazione riprenderà.
Nonostante si tratti solo di una sospensione, la notizia ha già fatto sentire i suoi primi effetti: i future con consegna a un mese trattati sulla piattaforma olandese Ttf, ritenuti un benchmark per il mercato continentale, sono arrivati a guadagnare oltre il 12% e sono ora in rialzo dell’11% a 88,82 euro per megawattora.
La costruzione dell’opera è stata completata a inizio settembre: si tratta del gasdotto attualmente più lungo del mondo con i suoi 1.230 chilometri. E’ stata tuttavia al centro di forti tensioni diplomatiche. In particolare a opporsi alla costruzione per molto tempo sono stati gli Stai Uniti, convinti che in questo modo l’Europa diventerà troppo dipendente dalla Russia in termini di approvvigionamento energetico e che dunque questo potrebbe essere usato come una sorta di arma di ricatto da Mosca. A luglio tra Washington e Berlino è stato sancito il disgelo basato su un accordo in cui entrambi si impegnano ad adottare misure nel caso in cui la Russia dovesse fare leva sulla sua funzione di fornitore di energia per pesare sullo scacchiere internazionale o in caso commettesse ulteriori atti aggressivi contro l’Ucraina.
