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Smart working, come cambia la ristorazione aziendale

ristorazione aziendale
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Lo smart working ha messo in crisi il business dei pasti. Il ruolo del food delivery. La versione originale di questo articolo fa parte del Dossier Welfare 2021, allegato del numero di Fortune Italia di novembre 2021. Il dossier può essere consultato online a questo indirizzo.

 

LA MENSA AZIENDALE, così come il buono pasto, ha rappresentato uno dei primi gradini del welfare in azienda. La rivoluzione imposta dalla pandemia – e dalla post-pandemia – nei luoghi di lavoro ha trasformato uno dei servizi essenziali di cui godevano molti dei lavoratori del privato, come della Pubblica Amministrazione.

In uno studio condotto a fine 2019 da Euromedia Research sui primi lavoratori in smart working, “l’80% degli intervistati evidenzia l’importanza di avere una mensa aziendale. Per il 27% il pasto in mensa ha la funzione di consentire la socializzazione con i colleghi, condividere pensieri, momenti di leggerezza e di confronto. Tutti aspetti che contribuiscono, nel complesso, a migliorare il clima aziendale e il benessere dei lavoratori” sostiene Carlo Scarsciotti, presidente Oricon, l’Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione.

“Il massiccio ricorso allo smart working ha ridotto fortemente i volumi di pasti distribuiti nella ristorazione collettiva aziendale” commenta. Nel 2019 mediamente venivano distribuiti dalla ristorazione collettiva aziendale 200.589.000 pasti all’anno, mentre nel 2020 sono stati 118.374.000, segnando un -41%.

Nel 2021 (stime Oricon provvisorie) si è assistito a una ripresa del numero dei pasti distribuiti che, sullo stesso arco temporale è risalito a 109 milioni (+26,9% sul 2020) mantenendosi tuttavia ancora distante dal livello registrato nel 2019 prima della pandemia. Il fatturato 2020 è sceso a 720 milioni contro 1,2 mld del 2019. “In questi mesi stiamo assistendo a un lento seppur graduale ritorno al lavoro in presenza, ma sappiamo anche che saranno molte le organizzazioni che decideranno di rendere strutturale lo smart working almeno 1 o 2 giorni a settimana – commenta Rosario Ambrosino, amministratore delegato di Elior, l’azienda leader del mercato della ristorazione collettiva in Italia – Per questo motivo riteniamo fondamentale l’attuazione di strumenti contrattuali che, associati a un’evoluzione culturale della concezione del welfare aziendale, permettano di rendere tutti i servizi a supporto del lavoratore una realtà quotidiana, a prescindere dalla sede in cui egli si trova”.

La tecnologia in questo senso offre strumenti innovativi per rispondere a questo nuovo contesto, “sia attraverso soluzioni flessibili come gli smart locker, che assicurano il servizio anche alle realtà piccole e medie per cui la presenza di un ristorante aziendale non sarebbe sostenibile, che attraverso sistemi che consentano il delivery del pasto a domicilio per il lavoratore in remoto” aggiunge Ambrosino.

Sul fronte della tecnologia e della distribuzione dei pasti fuori dalle aziende (per raggiungere i lavoratori dove lavorano) si sta accendendo una forte competizione, che si combatte anche sulla qualità del cibo.

“Vogliamo coltivare una nicchia di qualità, per assicurare ai consumatori dei pasti sani e sapidi. Anche questo è wellbeing”. Federico Isenburg, ceo di Nutribees conosce bene il welfare aziendale (nel 2007 ha creato Easy Welfare, ceduta nel 2017 al colosso francese Edenred). Acquisendo Nutribees ha scelto di rinnovare una sua scommessa imprenditoriale trasformano una startup di successo nel food delivery B2C in una scommessa B2B, sfidando le nuove frontiere della ristorazione collettiva. La produzione dei pasti in atmosfera modificata li rende utilizzabili per 15 giorni; e la logistica integrata consente di assemblare la produzione di sei cucine industriali, distribuite nel Paese.

La versione originale di questo articolo fa parte del Dossier Welfare 2021, allegato del numero di Fortune Italia di novembre 2021. Il dossier può essere consultato online a questo indirizzo.

 

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