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Moda, mercato da 81,3 mld di euro nel 2023

moda fashion

(Luxury&Finance) – Mentre Gildo Zegna è pronto a dichiarare che il mercato della moda italiana sarà, causa Covid, sempre più local, una ricerca di PwC evidenzia che Europa e Italia devono fronteggiare forti difficoltà, a causa della mancanza dei flussi turistici. Intanto ci pensa Covid, al netto delle geografie, a cambiare i connotati al mercato: lo smart working porta con sé meno abiti formali, mentre crescono l’outdoor e lo sportswear.

Stando all’analisi presentata dall’Ufficio Studi PwC e Fondazione Edison in occasione di Pitti Immagine Uomo 10, la moda italiana mostra una netta ripresa nel 2021, in particolare per i brand più rilevanti, che registrano risultati oltre le attese.

Nel 2022 il mercato raggiungerà i 78 miliardi di euro, mentre si arriverà a 81,3 miliardi nel 2023, superando i livelli pre-pandemia. I consumi di personal luxury goods sono cresciuti del 29% nel 2021, segnando un incremento dell’1% sul 2019. In Italia, la prima metà del 2021 ha visto un’importante crescita nel fatturato delle aziende moda.

Dopo un primo trimestre 2021 con un fatturato in linea con quello dello stesso periodo del 2020 (-0,3%), nel secondo trimestre 2021 l’industria della moda italiana ha segnato un forte rimbalzo, pari al 63,9% rispetto allo stesso periodo del 2020. Una spinta che ha portato la crescita complessiva del primo semestre 2021 a +24%, recuperando buona parte della caduta del 2020, ma che non è stata sufficiente a raggiungere i livelli pre pandemia.

A pesare sulla salute del comparto della moda italiana ed europea è la mancanza di flussi turistici.

Tutti i primi dieci mercati di export della moda italiana, ad eccezione del Regno Unito, hanno registrato incrementi dei flussi commerciali superiori al 10% rispetto ai primi 5 mesi dello scorso anno. Oltre alla Cina, i paesi con le migliori performance sono la Francia (+35%), gli USA, i cui consumi sono in piena espansione (+31,9%), e la Corea (+27,8%).

I dati riflettono anche il cambiamento della clientela registrato negli ultimi anni. Se fino a dieci anni fa il mercato del lusso era appannaggio di clienti maturi in Europa e in Occidente, oggi la Cina si appresta a rappresentare la metà di questo mercato, con clienti prevalentemente Millennials e GenZ più propensi alle modalità di acquisto digitali e via mobile favorite dalla pandemia.

I prodotti del comparto abbigliamento-moda, in cui l’Italia si trova ai vertici mondiali (ovvero ai primi 5 posti) per saldo commerciale con l’estero, ammontano ad un totale di 361 prodotti (su un totale di 870), per un controvalore di 42,7 miliardi di dollari, secondo l’indice delle eccellenze competitive elaborato dalla Fondazione Edison (dati 2019).

“La sostenibilità – afferma Erika Andreetta, Consumer Markets Consulting Leader, PwC Italia – non è un trend di breve periodo: a partire dal primo gennaio 2022 la raccolta differenziata dei rifiuti tessili diventerà obbligatoria in Italia e fenomeni come il second-hand e il resale, ma anche l’introduzione di modalità di smaltimento e riciclo dei tessuti sempre più efficaci, saranno al centro dei modelli operativi e di business della moda italiana”.

“I brand del mondo fashion – conclude Andreetta – dovranno farsi trovare preparati di fronte ai nuovi paradigmi e ai comportamenti d’acquisto dei consumatori: ragionare non più in base al numero di capi venduti, ma al numero di volte che sono utilizzati per estenderne il ciclo di vita e facilitarne lo smaltimento”.

“Le 4A del Made in Italy, di cui l’Abbigliamento-moda italiano è un caposaldo, sono un motore dell’economia italiana. Il comparto – sottolinea Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison – ha accusato la dura crisi dettata dalla pandemia COVID-19, che ha coinvolto tutti i settori produttivi, ma il tessuto imprenditoriale ha resistito tenacemente e ha dimostrato buone capacità di ripresa. Nonostante le criticità, il contributo del settore al PIL italiano, all’occupazione manifatturiera e al surplus commerciale è strutturalmente solido e vitale per consolidare la ripresa, anche tramite le attività produttive dell’indotto”.

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