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Quirinale, quarta votazione e quorum a 505. Primi segnali dai mercati

Non proprio un conclave in cui si sta chiusi “a pane e acqua” finché non si prende una decisione, come aveva detto il segretario del Pd, Enrico Letta. Ma nel giorno della quarta votazione per il presidente della Repubblica, quella in cui il quorum si abbassa a 505, è proprio dal vertice dei leader della maggioranza che ci si attende una soluzione al rebus sul successore di Sergio Mattarella.

Al momento la rosa dei nomi possibili sembra ridotta a tre: Mario Draghi, Pier Ferdinando Casini e una cosiddetta figura terza per cui si fanno i nomi di Giuliano Amato (che sabato verrà eletto presidente della Consulta), di Sabino Cassese (anche se Matteo Salvini ha smentito di averlo incontrato) e di Elisabetta Belloni (che però ha il non trascurabile problema di essere al momento il capo dei servizi segreti).

Quella di oggi non dovrebbe comunque essere la votazione decisiva. Se, tuttavia, dovesse finalmente maturare l’intesa tra Matteo Salvini, Enrico Letta e Giuseppe Conte quello di domani potrebbe essere il giorno giusto per eleggere il tredicesimo capo dello Stato.

Anche perché i mercati cominciano a mandare qualche segnale di nervosismo. Sebbene l’esito delle prime votazioni, con il quorum dei due terzi richiesto, fosse praticamente scontato, ieri lo spread ha cominciato a crescere arrivando in chiusura oltre i 140 punti base per la prima volta in un anno e mezzo.

Come ha spiegato in un’intervista a Fortune Italia l’economista Marcello Messori, d’altra parte, “se le scelte politico-istituzionali introducessero persistenti elementi di instabilità e di incertezza, allora gli investitori si concentrerebbero – e in senso negativo – sul nostro Paese”.

Il tema centrale resta sempre quello delle ricadute sulle sorti del governo e di chi attualmente ne è alla guida.

Per Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio Conti pubblici italiani, il rialzo del differenziale con i bund tedeschi è più dovuto all’alta inflazione che alla situazione politica del Paese. Ma – ha spiegato ieri parlando a un evento – c’è sicuramente uno scenario che viene considerato il “peggiore” dai mercati: una eventuale uscita di scena dell’attuale presidente del Consiglio. “I mercati si sentirebbero rassicurati sia che Draghi resti primo ministro sia che venga eletto presidente della Repubblica”, ha osservato.

D’altra parte, pochi giorni fa, la banca britannica Berclays, delineando i possibili scenari politici, ha messo tra quelli “negativi” proprio l’ipotesi che venga eletto un presidente “con una maggioranza meno larga di quella che sostiene il governo Draghi”, perché questo potrebbe spingere l’ex presidente della Bce a lasciare la guida dell’esecutivo. Qualora lo scenario peggiore si materializzasse – è il calcolo – lo spread Btp/Bund potrebbe salire in una forchetta tra i 150 e i 200 punti base.

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