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Ecco perché i bitcoin non salveranno la Russia dalle sanzioni

La Russia potrebbe accettare Bitcoin da alcuni “Paesi amici” come pagamento per le forniture di petrolio e gas. A dirlo, citato dalla Bbc, il capo della Commissione per l’energia della Duma, Pavel Zavalny, che ha affermato come questi Paesi potranno anche essere autorizzati a pagare nelle loro valute locali, menzionando la Cina e la Turchia tra i Paesi “non coinvolti nella pressione delle sanzioni”.

Parole che hanno un peso e che hanno fatto storcere il naso a molti, soprattutto in Occidente. C’è da chiedersi se si tratti però di una strategia seria o una dichiarazione estemporanea per verificare la risposta del mercato crypto e agire di conseguenza. È la seconda ipotesi a farla da padrone tra gli investitori, che non sembrano tradurla come un reale cambio di paradigma, ma più come una provocazione. Si tratta, in ogni caso, di un ulteriore tassello, dopo che negli scorsi giorni Vladimir Putin ha ordinato che i contratti per il gas con i Paesi definiti “ostili” vengano pagati in rubli anziché valute estere.

Una decisione volta a rafforzare la valuta russa che dall’inizio dell’anno ha già perso oltre il 20% del suo valore. Il prezzo della guerra si sta facendo sentire dalle parti del Cremlino, che sta cercando mille modi per costringere i Paesi occidentali ad avere rapporti economici con Mosca, sempre più isolata dal punto di vista geopolitico e naturalmente economico. “Da molto tempo proponiamo alla Cina di passare agli accordi in valute nazionali per rubli e yuan. Con la Turchia, saranno lire e rubli”, ha detto Zavalny giovedì. Poi però non si è fermato alle valute tradizionali: “Si possono anche scambiare bitcoin”, ha detto.

“Siamo di fronte ad una provocazione”, dice a Fortune Italia Andrea Medri, founder e CFO di ‘The Rock Trading’, la piattaforma di trading online nata nel 2010 che permette lo scambio di criptovalute . “Il bitcoin può essere usato – aggiunge – come moneta di scambio, ma in questo caso sarebbe uno scenario molto complicato da un punto di vista pratico: se una nazione estera volesse utopisticamente comprare in bitcoin per 500 milioni di euro dovrebbe prima organizzarsi, trovare una piattaforma che consente questo tipo di transazioni, convertire il bitcoin nella propria valuta, andando incontro anche a enormi burocrazie e sanzioni”.

Già nel 2021 si era discusso della possibilità di utilizzare bitcoin per la compravendita di gas dalla Russia, ma il leader del Cremlino aveva detto che, sebbene credesse nel valore della criptovaluta, non era convinto che potesse sostituire il dollaro nel regolare i traffici petroliferi. Non è chiaro nemmeno oggi, tuttavia, se i bitcoin possano supportare transazioni commerciali internazionali di tale portata. Per Medri uno switch da una finanza tradizionale ad una legata ai bitcoin “non è possibile, per ragioni meramente pratiche. Innanzitutto la conversione da una finanza tradizionale a una basata sui bitcoin non è semplice da realizzare. Prendiamo il caso di El Salvador: si tratta del primo Paese dove il bitcoin è moneta legale, ma accanto a esso hanno mantenuto anche il dollaro. Per uno stato molto più grande da un punto di vista economico, come la Russia, credo sia del tutto infattibile nel breve periodo, anche perché avrebbe bisogno di masse di disponibilità di questi sistemi enormi, che il mercato oggi non è in grado di assolvere. Un fenomeno da monitorare è invece quello dell’utilizzo delle CBDC (Central bank ditigal currencies): la Cina ha emesso la propria recentemente, mentre più di 70 Banche Centrali globali, tra cui anche le principali occidentali, ne stanno studiando l’implementazione. Questo scenario in prospettiva futura potrebbe essere sicuramente interessante, ma nell’immediato, cioè nei tempi di questa guerra non è praticabile”.

Il timore è che, dopo le nuove sanzioni di G7 e Ue che hanno bloccato le riserve in oro della Russia, il Cremlino possa utilizzare i bitcoin come soluzione semi-definitiva per smarcarsi dagli inconvenienti dell’isolamento della sua economia, per aggirare le sanzioni dell’Occidente, in particolare l’esclusione dal circuito bancario internazionale SWIFT, o come scappatoia per gli oligarchi russi che vogliono evitare ulteriori confische. La guerra in tempi moderni è anche questa, e per la prima volta nella storia la valuta digitale ha un ruolo fondamentale che si gioca a livello di sistema. “Il volume complessivo aggiuntivo di bitcoin e ether nei giorni dal 24 febbraio al 7 marzo, per fare un esempio, ammonta a 350 milioni di dollari (in totale da inizio anno i due mercati hanno movimentato cumulativamente circa 750 milioni). Si tratta di una dimensione troppo piccola per coprire movimentazioni necessarie a controbilanciare le sanzioni: che riguardano ordini di grandezza di 100 volte superiori. Le stime più prudenziali sull’andamento del Pil russo a fine 2022 vedono un calo del -7,8% (pari a circa 115 miliardi di dollari). Le riserve in valuta estera del Paese ammontano a 630 miliardi e l’esposizione debitoria verso controparti estere 478 miliardi. Gli Ide russi sono infine superiori a 17 miliardi di dollari”.

Non è da escludere invece per Andrea Medri che “gli oligarchi possano tentare di mettere al sicuro i loro patrimoni, acquistando in modo diversificato beni rifugio come oro e bitcoin, che può essere considerato da questo punto di vista oro digitale”. Senza dimenticare il lato positivo però: “Quella che potrebbe venire a crearsi in modo graduale è una circolazione alternativa interna, basata sulla necessità di sopravvivenza della gente comune. E questo è anche il lato più interessante della tecnologia: il fatto cioè che possa ritornare alle origini come sistema di pagamento non controllabile. A tutti i governi dittatoriali dà molto fastidio che ci sia qualcosa di non controllabile, perché il controllo è intrinseco alla natura di una dittatura. In passato è capitato spesso che Paesi come la Cina o la Russia abbiano tentato di bloccare il bitcoin, per poi aprire di nuovo ad esso, con conseguenti crolli e successivi rialzi, del tutto normali in questo mercato. Quello che cambierà davvero il concetto dell’utilizzo del denaro digitale saranno le stable coins emesse da grandi gruppi come Google, Amazon o Facebook, che avranno un bacino di utenti molto più ampio, pari a qualche miliardo di persone. Ma anche questo è uno scenario da monitorare sul lungo periodo”.

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