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Il Palermo nella galassia City, un impero da 4 mld

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Dodici club tra tutti i continenti, il terzo investimento di fila in Europa. Con l’acquisizione del Palermo per poco più di una decina di milioni di euro, il City Football Group entra nel mercato sportivo italiano. L’obiettivo è riportare il club siciliano in Serie A e soprattutto c’è un piano per la costruzione di un nuovo impianto sportivo nel capoluogo siciliano.

Nella Serie A che negli ultimi anni accoglie, nonostante il calo di appeal a livello internazionale, diversi fondi americani, ecco l’arrivo di uno dei gruppi finanziari più discussi dell’ultimo decennio.

Un impero che vale oltre quattro miliardi di dollari e che ha ridefinito il concetto di multiproprietà nel calcio europeo e mondiale.

La holding che ha acquistato l’80% del Palermo appartiene alla Abu Dhabi United Group, con sede ad Abu Dhabi e che fa capo allo sceicco al Mansour, oltre a uno spicchio di quote degli americani di Silver Lake (poco meno del 15%) e di China Media Capital (8,24%). Un nome già piuttosto conosciuto, quello del patron del Manchester City allenato da Pep Guardiola, quattro volte vincitore in Premier League, una finale e un paio di semifinali in Champions, oltre un miliardo di dollari investito in calciatori negli ultimi dieci anni in Premier League, riscrivendo un nuovo capitolo per il campionato inglese.

 

Come è nata la galassia City

È una specie di franchising globale del pallone che si è andata a formare mentre il Fair Play Finanziario provava in prima battuta, senza poi riuscirci, a far rivedere i bilanci dei club europei, bilanciando entrate e uscite.

La svolta per il modello City Group è arrivata dieci anni fa, con l’acquisto delle quote di maggioranza del New York FC, l’ultima squadra da calciatore di Andrea Pirlo. Cento milioni di dollari investiti, tanto per cominciare dalla Grande Mela. Poi ci sono stati gli investimenti in Australia (quote del Melbourne City), Uruguay (Torque, poi diventato Montevideo City Torque), Singapore (City of Football), Giappone (il 20% degli Yokohama Marinos) poi il primo passo in Europa, al Girona, in cui lavora il fratello di Pep Guardiola, Pere.

Dal 2017 ci sono stati gli investimenti in Sudamerica, spesso trascurata dai grandi gruppi finanziari perché è un mercato non ricco, dove il potere di spesa dei tifosi è inferiore ad altre aree geografiche. Il City Group però ha deciso di investire anche in paesi, tipo Uruguay, dove ci sono solo due squadre di riferimento, Nacional e Penarol ma dove c’è grande potenziale di talenti da individuare, far crescere e poi mettere sul mercato. E così anche in Bolivia. Poi, il gruppo si è spostato in Cina e India (Mumbai City). Ora, anzi da un po’, rotta verso l’Europa.

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Ferran Soriano, CEO del City Football Group, durante una conferenza stampa a Palermo. (Credit Image: © Antonio Melita/Pacific Press via ZUMA Press Wire)

Soriano, il guru amico di Guardiola

La figura cardine del progetto City Group si chiama Ferran Soriano, presente alla conferenza stampa di presentazione a Palermo, poche ore fa. È l’amministratore delegato del Manchester City, era vicepresidente del Barcellona mentre Guardiola dominava il mondo con Messi, Xavi e Iniesta.

Soriano è partito da un punto centrale: un club con un seguito di 500 milioni di fan – reali e virtuali – non poteva produrre un giro d’affari da circa 500 milioni di euro. C’erano i margini per lavorare a qualcosa di diverso, ovvero alla costruzione di un brand globale che sfruttasse le potenzialità del suo marchio nelle economie locali, soprattutto se in paesi in via di sviluppo. Un sistema non invasivo per i club acquistati, che negli anni non sono stati brandizzati, nessun cambio di ragione sociale, o modifica del logo del club, oppure dei colori societari. Un diverso modello di multiproprietà, meno aggressiva con le tradizioni della società in questione rispetto ad altre decine che si stanno affermando, una per tutte quella targata Red Bull, che nel calcio europeo possiede Lipsia e Salisburgo.

Così è nato il sistema City, che produce a getto continuo calciatori, dirigenti, manager, ma anche medici, fisioterapisti che lavorano con un’idea comune, con una sola metodologia, creando un database utile per tutti. Nel caso dei calciatori, il progetto è farli crescere e poi piazzarli sul mercato, producendo utili da reinvestire nel sistema.

Mentre sul piano commerciale, il sistema City intreccia il suo brand internazionale con il mercato locale, attirando le multinazionali, che firmano contratti di sponsorizzazione con più club sotto la sigla City. Soriano è riuscito così nel tempo a creare un sistema tipo Google o della Coca Cola del calcio, come scrisse qualche anno fa The Guardian.

Insomma, il modello è chiaro: intreccio tra sport ed economia, l’ingresso in mercati locali – Stati Uniti, India, Australia, Cina, Giappone – costruendo squadre competitive, poi il Sudamerica, tra Uruguay e i boliviani del Club Bolivar come base dello scouting di talenti, poi l’Europa, prima il Girona appunto, di recente Troyes (Francia, seconda divisione), Lommel in Belgio, come succursali del player trading. Ovvero, il Manchester City, che è il vertice del sistema, la punta della piramide. In dieci anni il copione non è variato, certo, il City resta la priorità, ma non tutto è andato secondo i programmi. L’investimento in Cina, risorse sulle quote dello Sichuan Jiuniu, su 50 mila scuole calcio in dieci anni e una squadra di e-sports del Manchester City al via del campionato asiatico, l’Online Star League, non è stato produttivo. E sul fronte del Fair Play Finanziario non c’è stata piena sintonia con l’Uefa, che però si è mostrata piuttosto comprensiva sia con il Manchester City che con il Psg. Per il club inglese, accusato di violazioni dal 2012 al 2016 per aver creato un sistema di sponsorizzazioni provenienti da società riconducibili alla proprietà Mansour, non ci sono stati provvedimenti duri tipo l’esclusione dalle coppe europee, anche perché il Tribunale Arbitrale dello Sport (CAS), ha ritenuto le accuse non provate e in alcuni casi andate in prescrizione.

Su queste basi, con questi trascorsi il City Group arriva a Palermo, con un piano di sette anni. La prova che il risultato sportivo è solo uno dei tavoli su cui lavora la holding, che nel consiglio di amministratore della neonata società siciliana ha inserito un solo italiano, Alberto Galassi, amministratore delegato di Ferretti Group, leader mondiale nel settore degli yacht di lusso. La trattativa era in piedi da mesi, segue l’acquisto di due anni del Lommel e del Troyes. C’è da scommetterci che il prossimo passo del City Group sarà ancora in Europa.

 

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