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Mpw in Design. Incontrarsi di nuovo a Milano

L’incontro mensile degli MPW Talk celebra Milano capitale del Design europeo. MPW in Design – Milano chiama il mondo, con la moderazione di Cinzia Malvini, dà vita a riflessioni, ragionamenti e previsioni, all’indomani della design week che ha riacceso i riflettori e riportato fisicamente industriali, retailer, stampa e compratori di tutto il mondo, all’ombra della Madunina. Il 2022 apre le porte alla ripresa fisica e agli incontri, e dopo la pandemia si sente ancor più forte il bisogno di creatività, bellezza e qualità. Imprese e professionisti, prima, lavoravano in attesa e in funzione del salone, ma oggi la città si impone nel campo del Design anche in maniera più ampia ed estesa nel corso dell’anno.  Di sicuro l’avvento della Pandemia ha avuto un peso determinante su questo ridisegnarsi degli appuntamenti del design. E dopo due anni di eventi online, quanto è stato utile incontrarsi? “L’appuntamento con il Salone del Mobile e il FuoriSalone è stato il primo di grande presenza, svoltosi per la prima volta a giugno e non ad aprile. Operatori ma non solo, perché tutti avevano voglia di reincontrarsi, di vedersi” Gilda Boiardi, direttrice del mensile Interni e colei che ha inventato il FuoriSalone nel 1990, ben 30 anni fa. “E fu un anno senza Salone del Mobile, si fece in modo di far vivere la città con un evento che coinvolgesse prodotto ma anche idee nuove, per avere poi punto di raccolta, incontro e scoperta sulla terrazza di piazza Cavour, con mosaico di Sironi che era rimasto chiuso da più di 15 anni. Da allora il fuori salone, nelle sue differenti anime, parla a più voce con obiettivo comune, arrivare in tutta la produzione ad una economia circolare”. È stato quindi, ovviamente, utile ritrovarsi, ma si scopre quanto la creatività sia in fondo stata molto influenzata dal periodo vissuto, il ‘restare a casa’ è stato utile ai fini della nascita di nuovi progetti.

Come nel caso di  Tiziana Monterisi, founder di Ricehouse, la startup che costruisce case con il riso, già vincitrice del premio MPW – Most Powerful Women del 2021, che si è aggiudicata il Compasso D’Oro 2022. Quest’anno l’azienda ha realizzato un tessuto di lolla di riso. “Noi valorizziamo tutto quello che del riso non si può mangiare. E quest’anno eravamo presenti al fuori salone con una mostra su selezione di materiali innovativi, ed abbiamo presentato il tessuto di riso. Entriamo quindi nel mondo del design con nuovi materiali che sono un invito, per i designer, a sperimentare. Abbiamo sviluppato una miscela della stampa in 3D, che è presente in Triennale, che ha aperto in questi giorni”. Una nuova era del design che, quindi, esce dal mondo della plastica per fare nuovi oggetti con nuovi materiali. La voce dell’Homo Faber è quella di Ferruccio Laviani, progettista di fama internazionale, direttore artistico di Kartell. “Io sono un grande fan del Salone, ma lo guardo il primo giorno e poi vado in ferie. E quest’anno ho notato che tutti si riempivano la bocca con sostenibilità, ma non ne ho vista molta. Sarebbe ora forse il momento dei fatti, non dovremmo nemmeno più comunicarla, la sostenibilità deve far parte del nostro modo di vivere, di progettare e di lavorare. Al Salone di quest’anno abbiamo presentato la nuova sedia di Antonio” si tratta della ReChair, già nel nome vocata a essere oggetto di sperimentazione sul riciclato, ultima nata dalla creatività di Antonio Citterio per Kartell. E’ realizzata con le capsule riciclate. Si usano le capsule che vengono scartate perché presentano un’errata foratura o un imballaggio non corretto, con un percorso di rigenerazione del materiale macinato e riportato a ‘granulo iniettato’, trasforma la capsula per il caffè eliminata dal ciclo produttivo in un bene durevole, e in un bel progetto di design. “Ho presentato anche una sedia fatta con scarti di plastica riciclati, perché sempre più stiamo lavorando in quella direzione, guardando anche alle bioplastiche”.

 

Gli architetti disegnano comportamenti, non oggetti. Su questo punto tutti sono d’accordo. E l’attenzione all’eco-sostenibiltà si declina anche nei nuovi obiettivi che ciascuna azienda si pone. Monica Sarti, della Faliero Sarti, proviene dalla moda e si apre alla home production. “La nostra azienda punta, entro il 2025, a diventare completamente green. Quello che abbiamo fatto, dopo un lungo periodo di lockdown, come industria tessile abbiamo avuto un esubero di materiali, anche da sovra-produzione. La mia divisione accessori è nata da mio nonno, che l’aveva concepita perché dal tessile si potesse ragionare in termini di “arredo casa”, con plaid, cuscini, con la semplicità dell’utilizzo della materia prima. Io ho voluto utilizzar i nostri materiali in chiave diversa, ho fuso i tessuti in una soluzione di bioplastica, con cui abbiamo realizzato una parte di oggettistica casa.
Tutti parlano di sostenibilità oggi, e per il cliente è difficile oggi distinguere il greewashing dal sostenibile vero.  Ci prova Ilaria Bianchi, indicata da AD Italia come una delle best 7 architette italiane, dice di lavorare nel limite fra arte e design: “eravamo aiutati a lavorare in funzione del Salone. Abbiamo oggi scoperto che il prodotto lo puoi lanciare in qualsiasi altro momento, e c’è più spazio per produrre e realizzare, per maturare una nuova idea di prodotto. Quest’anno sono stata puramente una visitatrice del Salone”.

Per gli amanti del design, ci sono oggetti che sono icone, in cui si identificano epoche. Se è difficile prevedere quando un oggetto assorgerà a simbolo, però ci sono delle caratteristiche dei prodotti che fanno intravedere la genialità, e che fanno ‘battere il cuore’. Il grande progettista deve saper prevedere i gusti del consumatore. Le aziende che investono in ricerca, e si affidano poi al lavoro del designer, riescono a proporre prodotti che si rivelano poi necessari.

Cinzia Malvini congeda gli ospiti del talk con una domanda in pieno stile Mpw: Il design dà pari opportunità a uomini e donne? Ne emerge un quadro che riconosce alle figure femminili un ruolo importante nel design. “Credo che dagli anni ‘70 nel nostro settore l’identità femminile sia stata smarcata – dice Ferruccio Laviani – penso a Gae Aulenti, Cini Boeri. Credo ci sia la stessa competitività, è solo una questione caratteriale e di etica professionale. È logico difendere le identità di ciascuno, ma non facciamolo diventare solo un modo per promuoversi, che siano le capacità a far parlare di sé”.
Ilaria Bianchi riporta elementi da una ricerca della comunità europea. Si tratta di dati “che dimostrano come anche dopo la pandemia il genere femminile ha subito dure ripercussioni. In Italia il divario può raggiungere il 45% per le professioniste. Anche io faccio questa euristica, che Milano sia l’Italia, ma non è così. L’industria creativa sta cambiando, dal momento in cui un evento come questo sta facendo parlare di sé, e aprendo la discussione sul tema della parità. Dal punto di vista dell’autoproduzione, ciascuno può prendersi lo spazio, ma a livello di grandi aziende c’è ancora molto patriarcato, anche nel campo del design. Auspico un momento in cui mi chiamino non in quanto donna, ma professionista”. Tutti si dicono d’accordo sul fatto che sia comunque importante che ciascuna abbia la possibilità di scegliere che tipo di equilibrio attuare nella sua vita. “Il mondo lavorativo è nato al maschile, la donna ha dimostrato di arrivare dove vuole arrivare, e se ha la possibilità di scegliere quello che si vuol fare – commenta Monica Sarti – La donna deve trovare dei suoi equilibri, nell’equilibrio generale fra vita privata e professionale”.
Gilda Boiardi conclude ricordando che “Operiamo in un settore, quello della creatività e del design, in cui c’è quasi prevalenza della presenza al femminile. Storicamente va fatto un distinguo fra periodi storici e paesi. Se pensiamo poi alle grandi imprese, sicuramente la presenza femminile è inferiore, soprattutto nei posti apicali. È comunque importante, sempre, poter garantire la scelta personale”.

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