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Aloisio, il sarto dalle ‘Forbici d’oro’: Aiutare chi fa impresa a valorizzare il Made in Italy

gaetano aloisio fortune italia

“Un sarto può influire su molte cose: l’immagine, le forme del corpo e soprattutto sull’umore”. Lo dice  spesso Gaetano Aloisio, maestro sarto che a soli 22 anni aveva già ricevuto il riconoscimento de ‘le Forbici d’Oro’, il più prestigioso dei premi del settore.

Nel suo trentennale percorso, il maestro Aloisio ha lavorato nelle capitali del bespoke internazionale, portando la filosofia dell’abito su misura da Roma a Milano, da Parigi a Londra e New York, vestendo i tycoon della politica, della finanza, del jet set internazionale. Presidente dell’accademia nazionale dei Sartori, vice presidente della federazione mondiale dei maestri Sarti, membro del consiglio direttivo nazionale dei Sarti e Stilisti di Confartigianato imprese. Fortune Italia lo ha incontrato per parlare di impresa e artigianato, e del valore del Made in Italy, alla luce della prossima campagna elettorale.

L’Italia è un Paese per imprenditori? Lei ha dato un’impronta importante all’impresa ‘di stile’ in Italia, puntando a coniugare i temi del luxury con la concretezza del business: quali sono gli argomenti che vorrebbe fossero oggetto del dibattito politico?

L’Italia non semplifica la vita alle imprese. Chi fa impresa ha molte difficoltà, è complesso dare vita a qualsiasi iniziativa, o idea. La burocrazia poi è una gran perdita di tempo, questo non è il paese ideale dove fare impresa. Uno dei temi fondamentali sarebbe quello delle risorse umane, che il mercato vorrebbe capaci e formate. Ma è sempre più difficile trovare manodopera, soprattutto specializzata. Anche per un’impresa come la mia, oggi, è complicato pensare di crescere. Pur a fronte di una grande domanda di lavoro, noi siamo limitati nella produzione. Non riusciamo a crescere. Non vorrei puntare il dito contro alcuni provvedimenti recenti, come il reddito di cittadinanza… ma sembra che oggi la gente, anche i giovani, non siano più interessati a lavorare, questo stiamo notando, e per noi è una delle problematiche maggiori. La politica dovrebbe andare nella direzione di dare opportunità alle imprese, anche rispetto alla possibilità di formare i propri dipendenti.

Il valore del Made in Italy è spesso invocato, ma sembra non essere stato compreso. In cosa consisterebbe, secondo lei, un processo efficace di rilancio che crei nuovo business ed attrattori efficaci?

Il Made in Italy è il terzo marchio più conosciuto al mondo. Questo significa che produciamo prodotti di altissimo livello e qualità, dobbiamo quindi cercare di rivalutare, salvaguardare, creando le giuste misure e tutele. Nel mio settore abbiamo tantissimi bravi artigiani, che fanno prodotti di qualità, ma spesso non hanno la capacità imprenditoriale per riuscire a creare mercato, c’è poca cultura d’impresa. E c’è bisogno di formare gli artigiani ad essere gli imprenditori del futuro, ad essere pronti a conquistare i mercati che oggi abbiamo la possibilità di raggiungere facilmente. Per esperienza personale, le dico che le persone più ricche e potenti del mondo ambiscono ad avere i nostri prodotti di eccellenza. Bisogna lavorare affinché la prossima generazione di artigiani abbia qualità imprenditoriali, capacità di rispondere adeguatamente alle richieste del mercato globale.

Le piccole e medie imprese rappresentano il tessuto imprenditoriale portante per l’Italia, su cosa bisognerebbe che la politica investisse per poter davvero far ripartire il Paese, anche alla luce delle difficoltà imposte dalle contingenze internazionali sfavorevoli?

Pmi e artigiani sono fondamentali per la produttività del Paese, e andrebbero rivalutate, bisognerebbe valorizzare l’artigianato italiano, con misure adeguate per poter risollevare le nostre piccole imprese. Viviamo un grande paradosso: siamo in uno dei momenti più belli, in assoluto, per chi fa artigianato e valorizza l’eccellenza italiana, ma non riusciamo a soddisfare la domanda. Noi siamo super richiesti, con la globalizzazione tutti hanno imparato a riconoscere l’eccellenza dei nostri prodotti, ma per noi è difficile soddisfare la domanda. La politica dovrebbe puntare su chi ‘sa fare e far bene’, perché la qualità del Made in Italy non è imitabile, rappresentiamo il ‘non plus ultra’ dell’eccellenza, e dobbiamo salvaguardare il patrimonio di conoscenza e valore. Invece sta accadendo l’opposto, il Made in Italy viene svenduto, quella che è l’eccellenza si sta volatilizzando. Anche noi subiamo l’instabilità del momento storico. In particolare è complesso portare a termine i progetti, perché cambiano gli interlocutori, i processi politici risultano particolarmente instabili e l’impresa subisce questa condizione. Speriamo che si trovi presto una soluzione, anche istituzionale, che ci aiuti a superare i momenti drammatici vissuti, fra pandemia e crisi energetica, che in particolare sta colpendo il nostro settore. Abbiamo problemi nel reperire le materie prime, i costi sono incrementati in modo esponenziale. Bisogna dare alle imprese la possibilità di superare questo momento. Molte rischiano di chiudere, soprattutto chi non ha la possibilità di puntare ad un mercato di sbocco più redditizio.

Qual è, secondo lei, l”occasione irripetibile’ per cambiare l’Italia, 

Un’occasione irripetibile sarebbe cambiare punto di vista. L’Italia è un Paese con un patrimonio culturale inestimabile, con i paesaggi naturali tra i più belli al mondo, e poi abbiamo le quattro A del Made in Italy – Abbigliamento, Alimentare, Arredamento, Automazione – che il mondo intero ci invidia. Il percorso di crescita dovrebbe partire dal nostro patrimonio, dalla fortuna che abbiamo tra le mani. Bisognerebbe dare maggior sostegno al settore terziario, il più importante dell’economia italiana e alle PMI che scelgono di non delocalizzare la propria produzione, e di salvaguardare quindi la qualità e l’eccellenza del Made in Italy.

Quale dovrebbe essere, secondo lei, l’argomento principe di questa campagna elettorale, quello che reputa più importante, e che dovrebbe aiutare la gente a scegliere chi votare?

Un politico dovrebbe avere il dono della coerenza. Essere coerente con quello che dice, che promette. Se già si riuscisse a veder realizzato quello che viene promesso, ogni volta, in campagna elettorale, l’Italia sarebbe un Paese molto ricco. Noi purtroppo ci troviamo spesso di fronte a mera propaganda, io spero in una politica più responsabile, più sana e fedele ai propri principi, che valorizzi il tessuto sociale del nostro Paese, che punti a fare cose concrete. La politica dovrebbe lavorare a vantaggio del Paese, c’è bisogno di gente seria, coerente, che abbia a cuore il Paese.

Qual è il suo consiglio di stile per i politici?

Essere esempio di stile. È una forma di rispetto, di educazione, quella di vestirsi in maniera adeguata al ruolo. Quando ero un giovane sarto ho iniziato a lavorare vestendo molti politici. Oggi neanche uno. Perché è cambiata la classe politica. Per chi rappresenta un Paese, l’abbigliamento è molto importante. È la politica il nostro primo biglietto da visita, in tutti i sensi. I politici rappresentano l’Italia, e anche il modo in cui uno si pone, si veste, non deve essere scontato. I politici che conoscevo, da giovane sarto, erano tutti vestiti bene, erano eleganti, oggi le cose sono cambiate. Una persona che sa vestire dimostra di avere in primo luogo rispetto degli altri. La classe politica è lo specchio del Paese, e l’Italia oggi non è più percepita come Paese dell’eleganza. Eravamo quelli che davano esempio di stile nel mondo, ora non è più così.

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