Cerca
Close this search box.

Angelosanto, il generale del Ros cacciatore implacabile di boss mafiosi

Dategli un obiettivo da centrare e ditegli che bisogna catturare un criminale che si è macchiato di reati efferati. Poi basta aspettare un po’ di tempo e state certi che Pasquale Angelosanto (nella foto in evidenza assieme alla premier Giorgia Meloni), 65 anni, generale dei Carabinieri, comandante del Ros (Raggruppamento operativo speciale, reparto d’élite della Benemerita), assicurerà alla giustizia il latitante.

Mafia. La cattura del boss Matteo Messina Denaro

Il cacciatore dei boss

È un cacciatore di boss mafiosi implacabile. La cattura di Matteo Messina Denaro è solo uno dei tanti colpi messi a segno da quest’ufficiale dell’Arma che sin da giovanissimo capitano si è distinto come specialista in arresti di primule rosse delle mafie d’Italia. Nel 1992 consegnò alla giustizia uno dei più sanguinari capi camorra dell’epoca: Carmine Alfieri. Da quel momento ha scalato i vertici dell’Arma passando per incarichi operativi di grande responsabilità.

Prima comandante della Sezione anticrimine del Ros di Roma, occupandosi, fino al 2002, di eversione e terrorismo interno. Qui ha seguito le indagini sugli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi, assassinati dalle Brigate Rosse, e sulle infiltrazioni nel litorale romano della cosca di ‘ndrangheta Ruga-Gallace-Novella, attiva tra Anzio e Nettuno.

Ha lavorato all’Aisi (ex Sisde, l’intelligence interna), occupandosi di terrorismo, anche internazionale, prima di tornare al Ros, dal 2007 al 2009, dove con il grado di colonnello ha comandato il Reparto indagini tecniche. Per quattro anni è stato comandante provinciale dell’Arma a Reggio Calabria. Poi cicecomandante del Ros (dal 2012 al 2014), comandante del Racis di Roma (il settore delle investigazioni scientifiche) fino al 2015, due anni al vertice del III Reparto del Comando generale, poi dal 2017 il ritorno al Ros come comandante. 

Matteo Messina Denaro, dopo la cattura è caccia al tesoro miliardario del capo dei capi della mafia

Messina Denaro arrestato grazie ai sacrifici dei carabinieri

“Non amo i proclami. Certi arresti come quello di Matteo Messina Denaro sono il compendio di un lavoro incredibile di uomini e donne dell’Arma che fanno sacrifici inimmaginabili. I nostri carabinieri hanno passato le ultime feste di Natale a lavorare per arrivare a questo arresto”, racconta Angelosanto, esaltando i sacrifici personali e familiari dei suoi militari.

Negli ultimi anni solo l’Arma ha eseguito 100 arresti di uomini vicini a Messina Denaro e sequestrato e confiscato 150 milioni di euro. A questi numeri bisogna aggiungere i dati altrettanto straordinari di Polizia e Finanza. Questo lavoro sinergico di apparati dello Stato ha compromesso il funzionamento della struttura mafiosa ed ha reso meno difficile la cattura del latitante”, spiega con pacatezza Angelosanto.

Sembra strano, eppure l’impressione che si ricava parlando con il generale, è che seppur la cattura di Messina Denaro è un fatto straordinario anche dal punto di vista simbolico, per lui è una cosa normale. Come se già pensasse al futuro, al domani. Che per lui è studio, analisi, una nuova puntata, forse quella più interessante della cattura del boss: chi ha aiutato Messina Denaro nella latitanza? Chi sono i favoreggiatori? Chi sono i prestanome che nascondono nell’economia legale le montagne di soldi che il padrino mafioso ha reinvestito? Lui è già concentrato, assieme ai suoi migliori investigatori, a rispondere a queste domande. 

Grande interesse per il covo del padrino di mafia

“A Campobello di Mazara abbiamo individuato l’abitazione di Messina Denaro. La Procura della Repubblica di Palermo ha posto i sigilli. Adesso si attendono i rilievi scientifici affidati ai nostri Ris di Messina”, spiega Angelosanto, come a dire, da queste investigazioni, dai rilievi, dai documenti che abbiamo trovato in alcuni posti abitati e frequentati da Messina Denaro, ci aspettiamo di trovare elementi per capire quale è la struttura criminale mafiosa odierna e come potrebbe evolversi con i boss in carcere al 41 bis.   

“Noi riteniamo che si tratti di un’abitazione utilizzata con continuità nell’ultimo periodo e al suo interno confidiamo di trovare elementi significativi sulla rete di protezione del latitante. Faremo dei repertamenti biologici per scoprire se era abitata da più persone”, argomenta il generale, che sembra aspettare finisca il clamore mediatico per la cattura per poter tornare a lavorare sulle indagini patrimoniali e le coperture di cui ha goduto Messina Denaro.  

I problemi di salute del padrino

Sui problemi di salute di Messina Denaro, il generale Angelosanto spiega che “in passato avevamo indicazioni che avesse problemi di salute e abbiamo lavorato in modo da individuare le persone che avevano accesso alla struttura sanitaria e che avevano una particolare patologia. Nell’ultimo periodo – ha aggiunto – c’è stata un’accelerazione perché via via che si scremava la lista e si scremavano le persone, ci siamo concentrati su pochi soggetti fino ad individuare quel nome e cognome. Da qui l’ipotesi che potesse essere il latitante”.

Quella che segue è una intervista che il generale Pasquale Angelosanto rilasciò a Fortune Italia nel luglio del 2021. A leggerla oggi è una analisi spietata della pericolosità e della eversività di tutte le mafie nel Belpaese ma anche l’indicazione di un pericolo tuttora incombente: è la ‘Ndrangheta la mafia più pericolosa, perniciosa e globale da combattere.  

La lunga mano della ‘ndrangheta sulle imprese

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.