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Giornata internazionale dell’istruzione: la scuola italiana deve investire sulle risorse umane

“Investire nelle persone, dare priorità all’Istruzione”. È questo il tema scelto dal Ministero per l’Istruzione e il merito per l’edizione 2023 della Giornata internazionale dell’istruzione, istituita nel 2018 dall’assemblea generale delle Nazioni Unite con l’intento di focalizzare l’attenzione degli stati del Pianeta sulla priorità dell’educazione.

L’istruzione è l’arma più potente per cambiare il mondo, ne era convinto Nelson Mandela, ma dobbiamo interrogarci su cosa sia oggi l’istruzione, e quanto si accavalla con il concetto di educazione. Rivolgiamo questo interrogativo a Laura Castellani, Direttore Fondazione ITS SI-  Fondazione Istituto Tecnico Superiore per il marketing e l’internazionalizzazione d’impresa e università. Dal suo osservatorio, Laura Castellani riflette sul fatto che “l’istruzione è nata per dare strumenti utili all’inserimento nella società, un obiettivo base: scrivere, leggere e insegnare a fare di conto”.

Oggi però la scuola ha dei nuovi obiettivi, secondo la Castellani: “Parliamo di competenze avanzate, relazionali e sociali, ma anche professionali. Dobbiamo considerare che fino agli anni ’80 a scuola ci si stava quattro ore, e gran parte della vita dei ragazzi avveniva fuori. Le attività extra scolastiche erano parte integrante della formazione, ma oggi i ragazzi passano a scuola anche otto ore, la socializzazione non può essere delegata all’extra scolastico”. Socialità e competenze organizzate non possono più stare fuori dalle scuole. “Io ho questa posizione a cavallo fra scuola e lavoro, e posso dire che le agenzie per il lavoro e le aziende richiedono più competenze trasversali, che i ragazzi oggi non hanno”. Laura Castellani le chiama “occasioni per sbucciarsi le ginocchia, per  testarsi in un ruolo, per vivere la frustrazione e imparare dall’esperienza, per capire anche quali sono le capacità organizzative del singolo. Ai ragazzi non mancano le competenze, ma la consapevolezza delle proprie abilità come strumenti”.

Gli Its  sono scuole di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica post diploma, espressione di una strategia fondata sulla connessione delle politiche d’istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali, istituite in Italia col decreto interministeriale 93 del 7 febbraio 2013. Laura Castellani è stata chiamata a dirigere questo nuovo percorso formativo, alternativo a quello universitario, che sta prendendo sempre più piede in Italia.  Dal suo punto di vista: “Investire sull’istruzione è investire sulle persone. Il modello di istruzione potrebbe aver bisogno di una revisione, non solo di contenuti di ma di strumenti, contesti. Potremmo domandarci se le nostre aule sono adeguate a formare i ragazzi. Io credo ancora che l’Italia abbia un’ottima scuola. Dobbiamo tornare ad essere orgogliosi delle nostre scuole e dei nostri ragazzi, anche dei nostri insegnanti”.

Per assicurare ai ragazzi un futuro professionale adeguato alle loro aspettative, è importante garantire loro un’istruzione di qualità, che sia inclusiva ed equa, utile a promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti, per migliorare le condizioni di vita delle comunità e della società.

“Noi abbiamo un difetto culturale”, ci fa rilevare la Castellani “mettere in discussione i modelli educativi. C’è la tendenza a giudicare il lavoro degli insegnanti, o degli allenatori. Ecco, io non inneggio al genitore disinteressato, ma penso ci sia una perdita di fiducia, o una certa arroganza che porta il genitore a pensare di poter giudicare l’educatore”. Questo ha tolto autorevolezza agli insegnanti, ai presidi. I ragazzi, gli adolescenti, hanno la necessità di testare i confini, di misurarsi con gli impegni, i vincoli e le regole, perché provare a buttarle dà loro la dimensione della propria forza e li contiene. “Noi abbiamo perso la volontà di contenerli, e loro non riescono più a conoscersi”. Il metro di valutazione applicato dalla Castellani, rispetto ai modelli educativi attuali, nasce a margine delle richieste delle aziende e del mercato del lavoro, con la sua attività di Direttore degli Its la mette in contatto. E secondo l’esperta: “Il metodo Montessori ci dice che l’errore è amico, mentre nella scuola tradizionale è inteso come limitante, giudicante. Invece l’errore è occasione di conoscenza, per i bambini ed i ragazzi, di auto apprendimento”. Da questo dovremmo ripartire. Autonomia, ambiente, materiali, sono strumenti che consentono al bambino di conoscersi autonomamente, di apprendere sulla spinta del proprio desiderio, del proprio interesse. La scuola deve essere attraente. La scuola è importante per la costruzione di una società, è il primo incontro dei ragazzi con l’istituzione.

E soprattutto a seguito della Pandemia, abbiamo visto quanto i ragazzi avessero voglia di tornare a scuola, per molti aspetti che non sono nemmeno scolastici. Incontrarsi con gli altri, vivere la classe, mettersi in gioco, confrontarsi con l’insegnante. “Anche i bambini avevano una gran voglia di tornare a scuola. Molte famiglie hanno dovuto sostituirsi agli insegnanti e questo ha evidenziato l’importanza del ruolo delle maestre”. Dall’esperienza comune recente, la Castellani prende spunto per una riflessione: “La pandemia ha dato grande accelerazione dei processi digitali, e la scuola non ne può fare a meno, perché i ragazzi a 18 anni non devono usare il computer solo per fare ricerche su Google”.

Altra consapevolezza, che la pandemia ha messo in evidenza e che non dobbiamo portarci dietro, è che la digitalizzazione non sostituisce il rapporto umano, l’esperienza, l’importanza della manualità. “Temo la corsa alla digitalizzazione sempre più precoce” dice Castellani, che è una grande sostenitrice delle materie Stem, ma sottolinea: “Un conto è puntare sulle materie scientifiche, sul coding, e un altro è mettere degli ipad in classe. Il bambino ha bisogno, attraverso il movimento della mano, di acquisire conoscenza ed equilibrio attraverso il movimento della mano. Impediamo ai bambini di apprendere e sviluppare competenze cognitive”.

Un’altra conseguenza di Covid è stata la dispersione scolastica: già dalle scuole medie si è sfiorato il 13%, molto al di sopra della media europea che si ferma al 9,9%, secondo quanto riportato dall’Istat. Il dato è storicizzato, non è tutta e solo colpa della Pandemia. E secondo la direttrice degli Its: “Evidentemente manca l’orientamento e l’interesse, la passione o l’opportunità. Ci sono stati sicuramente dei casi di abbandono per necessità economiche, ma spesso anche perché la famiglia non ci tiene e il ragazzo o la ragazza non si sentono valorizzati dalla scuola”. Ripensare quindi al ruolo della scuola, che non deve più limitarsi più solo all’intelligenza logico matematica o linguistica, “Il ruolo della scuola è oggi quello di dare ai ragazzi la consapevolezza, aiutarli a capire il loro ruolo attivo nella società. L’istruzione non è addestramento, deve fornire gli strumenti affinché ciascuno possa definire la propria dimensione. Vedo tante risorse, tanti finanziamenti, ma forse manca veramente una consapevolezza rispetto al nuovo ruolo a cui la scuola è chiamata”.

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