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Responsabilità giuridica e intelligenza artificiale

robot ai intelligenza artificiale

È dentro quei poteri nuovi, di tipo tecnologico e crescentemente padroni di tutto ciò che ruota attorno all’intelligenza artificiale, che sempre più dobbiamo guardare per capire dove oggi si muove il potere; quello vero, quello cioè che decide il grande flusso, più o meno carsico, degli intrecci nel mondo tra società, economia, istituzioni ed innovazione.

Se facciamo ciò, alcuni elementi balzano di fronte ai nostri occhi.

Da un lato troviamo la difficoltà a leggere questi soggetti di fronte a scenari che li rendono strutturalmente sempre meno decifrabili e riconoscibili, poiché il diritto e la trasparenza che esso richiede li annega sempre più in strutture orizzontali di governance – più che verticali di government – che li rendono tanto visibili quanto, in realtà, nascosti. E poi, dall’altro, essi sono divenuti sempre più abili a presentarsi come poteri soft, che al più abbisognano di piattaforme, di applicazioni e di innovazioni che vivono e sopravvivono innanzitutto intorno alla nostra narcisistica tendenza ad esistere in quanto animali sociali: soggetti pronti a mostrarsi – talvolta anche nei modi meno accettabili – in quella società dell’immagine che ormai ci vuole vedere attori di noi stessi, pur essendo solo fintamente protagonisti di realtà che, appunto, ci sembra di abitare. Ma delle quali siamo, invece, al più spettatori. In questo quadro, l’intelligenza artificiale squarcia la situazione, perché dà e offre soluzioni che aprono scenari nuovi, che superano e travalicano anche quell’uso auto-centrico degli strumenti del digitale. Un’errata interpretazione degli stessi, soprattutto negli ultimi anni, sembra prendere piede.

Così nuove opportunità nascono dallo sviluppo di algoritmi di nuova generazione, e con essi di tecniche di trattamento automatizzato dei dati sempre più raffinate, che dischiudono un quadro d’insieme di problemi pratici, ma anche teorici, in gran parte ancora da capire, studiare ed evidentemente puntualmente regolamentare.

A che scopo? In primo luogo per promuovere uno sviluppo tecnologico che liberi il nostro tempo e ci consenta maggiore libertà di scelta, dentro una crescita economica e un benessere sociale che deve, a maggior ragione, essere garantito. E poi, in secondo luogo, perché l’intelligenza artificiale può favorire una maggiore tutela, anzitutto tramite l’intervento delle istituzioni internazionali e sovranazionali, per tutti quei principi democratici, di libertà e di tutela dei diritti fondamentali che appunto grazie a questi nuovi strumenti ci possono far sperimentare pratiche e paradigmi che ci portino a una nuova articolazione dei rapporti tra individuo ed autorità, ossia tra cittadini e istituzioni.

Ecco allora che si deve sempre più affrontare il tema della responsabilità nelle applicazioni di intelligenza artificiale anzitutto sotto il versante giuridico, perché in realtà proprio questa sfida disvela al fondo la stessa domanda di senso che storicamente, nei secoli, abbiamo sperimentato di fronte a ogni innovazione che chiamava in causa il nostro essere individui in quanto tali da un lato, e la nostra posizione come componenti di una comunità dall’altro.

Serve insomma maggior controllo e responsabilità di tipo giuridico a tutela dei singoli nelle applicazioni di intelligenza artificiale che si stanno via via approntando. E serve farlo da subito, proprio perché il tempo che la responsabilità giuridica colga appieno la dimensione innovativa dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi è certamente più breve di qualsiasi altra innovazione che il mondo abbia mai conosciuto.

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