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AI, un’opportunità per le imprese

Gilead

Il potenziale dell’AI è enorme, gli investimenti sul settore in Italia hanno raggiunto 422 mln di euro

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sta avendo effetti trasformativi rapidi, che rafforzano il ruolo della tecnologia come piattaforma abilitante delle relazioni di mercato, e disegnano per l’industria europea e globale scenari di sviluppo in chiave cyberfisica, che saranno guidati dall’interazione uomo-macchina, dal potere degli algoritmi e dall’economia dei dati.

Il potenziale economico connesso all’AI è enorme. Si prevede che le entrate del mercato mondiale per l’intelligenza artificiale cresceranno fino a oltre 1.500 mld di dollari da qui al 2030. Se guardiamo all’Italia, gli ultimi dati Anitec-Assinform indicano che nel 2022 il volume degli investimenti nell’AI ha raggiunto i 422 mln di euro, e potrebbe arrivare a toccare i 700 mln di euro nel 2025, con un tasso di crescita medio annuo del 22%.

L’AI consente alle organizzazioni di incrementare le loro capacità predittive, accelerandone i processi decisionali, e dando vita a ecosistemi intelligenti di mercato, capaci di adattarsi ai mutati contesti competitivi e ai cambiamenti esterni. Ciò genera un cambio di paradigma nei modelli organizzativi e di business, e accelera la richiesta da parte delle imprese di skills e professionalità nuove, dove a maggiori competenze tecniche si dovranno necessariamente affiancare abilità sociali e creative, per una gestione human centered della tecnologia stessa. La crescita economica e le opportunità associate agli investimenti in AI sono enormi anche per le imprese del nostro Paese, pur in presenza di una competizione globale che vede la nostra regione europea schiacciata tra i giganti americani e asiatici. In presenza di investimenti di scala incommensurabilmente superiore, due sono le direzioni per la politica industriale in questo settore: immaginare piattaforme tecnologiche comuni europee e selezionare aree di specializzazione in grado di garantire un elevato grado di competitività alle nostre imprese.

Entrambe le policy sono rilevanti ai nostri fini. Occorre infatti creare condizioni ambientali capaci di funzionare da piattaforme abilitanti per lo sviluppo delle tecnologie AI, con investimenti volti alla creazione di infrastrutture che abilitino la gestione di sistemi digitali interconnessi, e alla progettazione di piattaforme collaborative per favorire non soltanto la condivisione e circolazione di conoscenze e best practice su AI ma anche la comprensione da parte delle imprese, soprattutto le Pmi, delle sue potenzialità. Tale sforzo non può che partire dal coordinamento delle politiche industriali europee in questo settore.

Ma poi occorre alimentare progetti di investimento con una focalizzazione settoriale nell’ambito della quale le nostre imprese possano giocare un ruolo di primo piano, come ad esempio nei settori di eccellenza del made in Italy. E in essi l’AI deve essere letta come una grande opportunità di trasformazione dei modelli di business, che può avvenire mettendo al centro la formazione di un capitale umano in grado di cogliere questa rivoluzione.

Il capitale umano rappresenta un nodo centrale per il futuro sviluppo della tecnologia. La sfida è formare profili capaci di attivare abilità non solo tecniche, ma trasversali e multidisciplinari, per una gestione dell’AI creativa, sostenibile, e a servizio delle persone.

Il Programma strategico per l’intelligenza artificiale dell’Italia si inserisce in questo percorso e punta a trasformare il nostro Paese in un polo di eccellenza sull’AI a livello internazionale, identificando alcune direttrici strategiche di intervento, tra cui la valorizzazione del talento, e la partnership tra Università e impresa per la creazione di efficienti ecosistemi di ricerca tecnologica.

Lo sviluppo dell’AI value based non può prescindere dalla creazione di ecosistemi di fiducia nei confronti della tecnologia stessa. Non possono essere infatti tralasciate le questioni etiche e morali che solleva l’AI e che sono legate ai suoi possibili effetti discriminatori, derivanti dall’autonoma decisione della macchina attraverso gli algoritmi, ma anche ai vulnus alla tutela della sfera privata degli individui che l’elaborazione di dati sensibili da parte di sistemi intelligenti può comportare, oltre ai suoi possibili usi malevoli.

L’AI pone dunque le economie mondiali di fronte a importanti sfide, che sono regolatorie e di governance dei processi di sviluppo e di adozione dei sistemi AI da parte di imprese e individui. Ogni iniziativa intrapresa a livello nazionale e globale non potrà prescindere dall’affrontare nodi che attengono a una sua gestione consapevole, affidabile ed etica.

In questa direzione va la proposta di regolamento europeo in tema di intelligenza artificiale, attraverso la quale l’Ue vuole assicurare che i cittadini europei possano beneficiare di nuove tecnologie sviluppate in conformità ai valori, ai diritti fondamentali e ai principi dell’Unione, creando un’AI sicura, affidabile ed etica, che rispetti determinati requisiti di tutela della sicurezza e della salute delle persone e dei loro diritti. Consentire quindi di raggiungere l’obiettivo di rafforzare la capacità dell’AI di essere un vantaggio competitivo per le imprese europee, favorendo l’affermazione dell’Ue come leader globale in settori ad alto impatto tecnologico, e dall’altro mitigarne gli effetti distorsivi.

La vera sfida che hanno di fronte le istituzioni nel regolamentare l’AI consiste quindi nel tentare di operare un bilanciamento tra la tutela dei diritti individuali, che potrebbero essere minacciati dal ricorso a tale tecnologia, e l’esigenza di non frenare, ma anzi agevolare proprio attraverso un apparato regolatorio adeguato l’innovazione industriale delle imprese.

 

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