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L’antidoto alla deriva generazionale

La holding di partecipazioni rappresenta l’evoluzione naturale delle esigenze di protezione e trasmissione delle aziende di famiglia.

Si colloca, infatti, quale naturale antidoto alla cosiddetta “deriva generazionale” e alla necessità di mettere in sicurezza il patrimonio finanziario generato dall’attività imprenditoriale e non direttamente impiegato per il core business dell’azienda.

Quanto al primo tema, la moltiplicazione delle ‘teste’, inevitabile con l’avvicendarsi delle generazioni, impone la creazione di un diaframma societario tra la famiglia e le società operative. Si rende necessario, in altre parole, la creazione della ‘casa della famiglia’, il luogo societario dove la dialettica familiare potrà svilupparsi in via autonoma senza incidere sulla operatività aziendale.

Tale esigenza, peraltro, con il susseguirsi delle generazioni e nelle realtà imprenditoriali più strutturate può anche svilupparsi segregando singoli rami familiari in holding ad hoc.

Nello stesso spirito è possibile immaginare più livelli ove collocare e differenziare i soci operativi rispetto a quelli ‘meramente patrimoniali’ lasciando eventualmente in partecipazione diretta sulle società operative soltanto i profili manageriali più strategici in quanto spesso beneficiari di piani di incentivazione azionaria.

Tutto questo troverà coronamento nella predisposizione delle regole di ‘convivenza’ meglio in grado di resistere alla prova del tempo differenziate, se del caso, per livello e veicolo societario.

L’ambito giuridico più idoneo ad accogliere simili pattuizioni è certamente lo statuto sociale.

Indipendentemente dalla forma giuridica prescelta, infatti, le holding di partecipazione sono caratterizzate da una durata multi-decennale con scadenza finale non inferiore al 31 dicembre 2070.

In altri termini, laddove una holding venisse costituita oggi, avrebbe dinanzi a sé poco meno di cinquant’anni di vita. È evidente che un simile respiro pluriennale impone riflessioni di carattere multigenerazionale che spesso si traducono in una vera e propria ‘sceneggiatura’ volta a disciplinare e indirizzare le dinamiche patrimoniali e amministrative di più generazioni.

La governance societaria, la circolazione delle partecipazioni tra vivi e mortis causa, la permeabilità o meno della compagine sociale rispetto a soggetti estranei alla famiglia, i tempi, modi e misure della distribuzione dei dividendi, la liquidazione o il recesso di un socio, l’accesso al voto di un minore di età, tutto questo troverà nello statuto societario un’adeguata regolamentazione attraverso un processo di scrittura che vede il professionista quale interlocutore naturale di un processo di ascolto sofisticato e profondo volto a costruire il futuro di una vera e propria ‘cassaforte di famiglia’.

Passando alla protezione, infatti, le holding rivestono un ruolo prezioso quale ‘detentore/contenitore’ (l’etimologia della parola è emblematica in tal senso) delle partecipazioni societarie.

Le holding, infatti, sono fatte per detenere le partecipazioni delle aziende familiari, incassarne e custodirne i loro frutti sotto forma di dividendi, affitti o royalties (nell’evoluzione del suo ruolo, infatti, spesso diventa anche contenitore di investimenti immobiliari e beni immateriali quali marchi e brevetti).

All’obiettivo della messa in sicurezza rispetto al rischio imprenditoriale delle società operative sottostanti, si abbina anche l’attività di valorizzazione del patrimonio, finanziario e non, accumulato negli anni con l’attività imprenditoriale.

È qui che, dotandosi naturalmente di adeguate risorse umane, tecnologiche e organizzative, la holding di famiglia compie il vero e proprio salto evolutivo diventando piattaforma di tutte le attività di investimento e disinvestimento della famiglia, di fatto un ‘family office’ dedicato alla valorizzazione del patrimonio attraverso e a beneficio delle generazioni.

Coerentemente con il ruolo strategico che il capitalismo familiare italiano riveste per il nostro Paese, il legislatore ha favorito la nascita delle strutture a holding promuovendo già da tempo regimi di favore volti a rendere gratuita la relativa costituzione.

Al rispetto, infatti, di determinati requisiti di caratura delle partecipazioni coinvolte, si collega la possibilità di dare vita a holding familiari in esenzione fiscale.

Sul piano dell’incasso dei dividendi poi, in linea con altre esperienze europee che storicamente hanno ospitato strutture similari (Olanda e Lussemburgo su tutte), la fiscalità sottostante si rivela particolarmente conveniente.

La tassazione degli utili ricevuti dalle holding, infatti, è pari all’1,20% in quanto soltanto il 5% di quanto incassato è assoggettato a Ires.

Questo rende tali configurazioni societarie particolarmente adeguate, come sottolineato in precedenza, a incassare e reinvestire, praticamente “al lordo”, i frutti dell’attività imprenditoriale.

Ultimo ma non da ultimo, le holding sono delle piattaforme ideali per la dismissione delle partecipazioni societarie ovvero per l’apertura del capitale ad altri interlocutori finanziari o industriali.

Quest’ultima eventualità, peraltro, grazie alla differenziazione dei livelli societari, non comporterà la perdita della coesione della compagine familiare normalmente collocata su piani societari differenziati. Tornando ai profili fiscali, le plusvalenze realizzate attraverso la cessione di quote societarie detenute dalle holding sono tassate analogamente nella misura dell’1,2% rendendo ancora una volta queste strutture particolarmente funzionali all’evoluzione degli obiettivi e delle scelte imprenditoriali della famiglia sia nella continuità aziendale sia, al contrario, nel disimpegno dai settori in cui si è tradizionalmente e storicamente impegnata per dare avvio a nuovi ambiti di sviluppo e crescita.

*Managing partner e fondatore Russo De Rosa Associati

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