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Marco Troncone (AdR), il nostro progetto di sviluppo sostenibile | VIDEO

marco troncone adr aeroporti di roma
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Dopo aver guidato attraverso la pandemia la società che gestisce l’Aeroporto ‘Leonardo da Vinci’ di Fiumicino, Marco Troncone, riconfermato amministratore delegato, dovrà accompagnarla verso una sostenibilità ambientale che per il settore aereo sarà molto impegnativa da raggiungere. Intanto va garantita la crescita: le norme sui nuovi carburanti non dovranno andare a rallentare, con l’impatto sulle tariffe, una domanda turistica che potrebbe portare Fiumicino a servire 90 milioni di passeggeri l’anno.

La nuova area d’imbarco  del Terminal 1  è il primo progetto targato Mundys, viene completato in tempo per la stagione turistica, e rappresenta quello che Adr sta cercando di fare in tema di sostenibilità. In tutto questo, guardando al recente rinnovo del Cda , l’elemento di continuità è lei.

Sì, ma lo è soprattutto la nostra strategia che trova continuità anche nell’agenda strategica di Mundys e del più ampio Gruppo Edizione. Un’agenda centrata sullo sviluppo sostenibile. Ma la parola sostenibilità da sola non cammina. Deve essere accompagnata da crescita e sviluppo, soprattutto nel nostro settore, che ha una sfida di transizione ambientale molto difficile: sarà probante. Le risorse per finanziare questa transizione devono essere generate dal settore stesso. Questo progetto, che abbiamo inaugurato pochi mesi fa, segue altri grandi rilasci infrastrutturali, non ultimo quello del maggio 2022 con il nuovo Molo A. L’Italia rimarrà un mercato agognato per i viaggiatori globali. Dobbiamo avere un aeroporto in grado di gestire i crescenti volumi di traffico con l’eccellenza che il sistema italiano sa esprimere.

Quella della sostenibilità è sicuramente la sfida più urgente, vista la crisi climatica.

È una sfida centrale, è inutile nascondersi. Siamo visti come un settore che contribuisce in modo concreto alla produzione di gas serra. Nonostante generiamo circa il 2% delle emissioni globali, questo non può essere un alibi. Anzi dimostra soltanto la gravità della crisi climatica: se il settore aereo contribuisce per il 2%, significa un miliardo di tonnellate di CO2, rispetto ai 50 miliardi totali. Noi ci siamo posti l’obiettivo di essere in linea con i traguardi 2050 degli accordi di Parigi già nel 2030, o anche prima. Ma dobbiamo anche essere promotori dell’abbattimento delle emissioni che sono generate dagli accessi all’aeroporto dei passeggeri e soprattutto degli aeromobili. Ecco, qui la situazione diventa più complessa . La risposta spesso non è matura, sia come prontezza tecnologica (penso ai possibili futuri aerei a idrogeno o elettrici) sia come accessibilità industriale. Il biocarburante invece è una tecnologia matura, ma non pronta industrialmente: non è presente nelle quantità e ai costi compatibili per una immediata fruizione. Stiamo cercando di portare il carburante sostenibile Saf (sustainable aviation fuel, ndr) in circolo nei motori degli aerei che partono da Fiumicino. Ma abbiamo bisogno di una crescita della produzione: stiamo lavorando fianco a fianco con attori protagonisti (Eni in primis, ma non solo) per trovare la quadratura economica, oltre a una politica industriale che dovrà essere un collante intelligente tra quello che il mercato è in grado di produrre e quello che l’Europa ci chiede di fare. Ma il carburante sostenibile è ancora più costoso di quello tradizionale.

Senza incentivi ci sarà un rincaro delle tariffe?

C’è bisogno, sostanzialmente, di verificare la capacità del mercato di digerire questo extra costo. Quello che non possiamo permetterci, come sistema, è che l’incremento del prezzo dei biglietti sia tale da poter minare l’evoluzione della domanda. E torniamo al discorso dello sviluppo sostenibile. Bisogna mantenere la barra dritta sullo sviluppo. L’impatto sul costo dei biglietti non potrà essere mai quello che mortifica la crescita, ma potrebbe essere un elemento di rallentamento. Su questo auspichiamo che ci sarà anche uno strumento di incentivazione sul modello del fotovoltaico, con l’obiettivo del raggiungimento di livelli di costo unitario competitivo anche sul Saf.

L’aeroporto di Fiumicino è un biglietto da visita per il turismo, ma anche per l’ecosistema dell’innovazione. Cosa comunica dell’Italia?

Siamo in cima alla lista degli aeroporti europei come qualità del servizio.  Oltre a costruire un aeroporto che è godibile, fruibile senza problemi (come quelli che abbiamo visto anche la scorsa estate in giro per l’Europa), stiamo cercando di creare un aeroporto orientato alla bellezza: arte, cultura, musica, cinema, esperienze gastronomiche. Nel molo inaugurato lo scorso anno, ci sono le statue di Ostia Antica. Hanno 2000 anni. Nella nuova area dell’aeroporto, inaugurata solo poche settimane fa, c’è il Salvator Mundi del Bernini: sono opere di una potenza culturale straordinaria. Ricordiamoci che Fiumicino è anche un hub, l’unico vero hub nazionale dove si genera traffico di interconnessione. Grazie all’esperienza in aeroporto, magari il passeggero opta per due notti in più a Roma: stiamo lavorando molto per potenziare il livello di attrattività dell’aeroporto e della città come destinazione.

Interventi per i quali servono investimenti, anche per affrontare un aumento dei flussi turistici che, secondo le sue previsioni, dovrebbe portare Fiumicino da 43 a 90 milioni di passeggeri l’anno dopo il 2040. Intanto ci sono alcuni grandi eventi da affrontare.

Sì, il Giubileo del 2025 e, speriamo, l’Expo del 2030. Sicuramente siamo pronti a contribuire a una candidatura forte (Adr, con Enac, appoggia la corsa di Roma all’Expo, ndr) e la partita si deciderà questo novembre. Gli investimenti che abbiamo fatto ci consentiranno di avere un aeroporto adeguato per il 2030. Siamo pronti anche per il 2046, a livello di progetto, con il raddoppio della capacità aeroportuale attraverso uno sviluppo dei terminal che andrà a rigenerare aree già pavimentate e già industrializzate, quindi con un impatto nullo sul nuovo territorio e con una riconfigurazione del nostro sistema di piste idonea ad accogliere i nuovi voli.

Produrrà anche un importante beneficio in termini acustici sul nostro territorio. Un progetto molto ambizioso, totalmente auto-finanziato, senza alcun ricorso a risorse pubbliche, che ora prevede 8 mld di euro di investimenti, e che necessiterà ovviamente di regole; quelle regole abilitanti che hanno consentito di invertire drasticamente la rotta portando Fiumicino, da buon ultimo in Europa, a primeggiare ormai da 5-6 anni, grazie a oltre 2,5 mld di euro di investimenti già eseguiti e alla valorizzazione di un capitale umano di eccellenza.

L’accordo con Fs e Ita ha segnato un nuovo capitolo per l’intermodalità italiana. La vecchia rivalità tra aereo e treno è stata superata?

Sì, l’ultimo passo è stato l’integrazione dell’opzione ferroviaria grazie alla partnership strategica con Ferrovie dello Stato, siglata oltre un anno fa, che guardava proprio all’interno della città come a una direttrice strategica. Ci crediamo, anche se nel breve può sembrare quasi contro-intuitivo promuovere l’utilizzo dei treni su destinazioni come Firenze, Bologna e Napoli, che oggi sono servite da aereo. Stiamo lavorando affinché ci siano valide alternative per questi voli. Lo facciamo perché riteniamo innanzitutto che nel medio-lungo termine questo sia un percorso ineludibile: per sostenibilità ambientale, perché sono voli così di breve raggio che hanno un’impronta di emissioni molto consistente, ma anche di sostenibilità economica, perché sono operazioni che per natura non sono propriamente competitive. È davvero un grande esempio di sforzo di sistema e di concertazione industriale nazionale, diversamente da quello che succedeva una decina di anni fa, quando c’era una competizione molto sterile, molto miope. È così che si lavora a livello di sistema, con una regia comune che, devo dire, è anche allineata con la visione della politica governativa.

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