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Apple Vision Pro troppo complicato da produrre, tagliate le stime

Apple Vision Pro

La realtà mista è un affare complicato. Lo sa Google, i cui Google Glass sono entrati di diritto nella storia dei grandi progetti accantonati del tech. Lo sanno anche Microsoft (Hololens) e Meta (Quest). Ora la lezione potrebbe averla imparata (anche se è presto per dirlo) anche Apple. Dopo aver annunciato in pompa magna l’arrivo del suo Vision Pro da 3.500 dollari, ora il gigante da 3.000 mld di dollari di capitalizzazione di mercato sarebbe stato costretto a tagliare le stime di produzione del suo visore di realtà mista.

Apple nella storia di Wall Street: il titolo vale 3.000 miliardi di dollari

La previsione di Cupertino era quella di arrivare a un milione di dispositivi in 12 mesi, con il lancio commerciale negli Stati Uniti previsto per il prossimo anno.

Adesso, secondo quanto riportato, produrrà meno di 400mila visori entro il 2024, insieme al partner cinese Luxshare. Nel dettaglio, il Financial Times riporta che due fornitori cinesi di componenti hanno riferito come le parti ordinate da Apple e Luxshare, che assembla il prodotto, bastino solo per circa 150mila visori nel primo anno di produzione. E una versione più economica del visore, per ora, non sarebbe prevista. Insomma, i numeri del business principale, gli iPhone, sono ancora più lontani: Apple ne produce 200 milioni all’anno.

Cupertino ha presentato l’Apple Vision Pro come uno “spatial computer” rivoluzionario, “avanti anni luce, diverso da tutto quello che è stato creato finora; va oltre i limiti dei tradizionali monitor, offrendo un’interfaccia pienamente tridimensionale controllata dai sistemi di input più naturali che esistano: gli occhi, le mani e la voce dell’utente”.

Al prodotto l’azienda guidata da Tim Cook ha dedicato un sistema operativo, visionOS, e il 21 giugno ha annunciato l’arrivo di nuovi strumenti per sviluppatori, che quindi possono già realizzare le app di “spatial computing” che andranno a costituire gli elementi fondamentali delle future applicazioni del visore dalle finestre per mostrare contenuti 3D; volumi che creano esperienze visibili da qualsiasi angolazione; e spazi con contenuti 3D illimitati che permettono di immergersi totalmente in un ambiente.

A guardare le caratteristiche del Vision pro, può sembrare comprensibile che la produzione sia complicata. Nel visore ci sono ci sono due display Ultra HD con tecnologia micro-OLED da 23 milioni di pixel nello spazio di due francobolli. “Più pixel di una TV 4K. per ogni occhio”, lo descrive Apple.

C’è la tecnologia di audio spaziale (“la più avanzata di sempre”, dice Cupertino), e un sistema di Led e infrarossi che, proiettando sugli occhi dell’utente, tiene traccia dei movimenti per decifrarne meglio i comandi. In più, l’utente continua a vedere il mondo esterno attraverso le telecamere dell’apparecchio, mentre in tempo reale vengono anche seguiti i movimenti della testa e delle mani. Alla base del funzionamento ci sono il chip M2, su cui gira il software visionOs e che elabora gli effetti grafici e gli algoritmi di computer vision, e il chip R1, dedicato invece agli input provenienti da microfoni, telecamere e sensori.

Quello dei visori, insomma, si conferma un affare complesso, anche se le big tech continuano a puntarci. Si attende la versione tech dei Rayban Stories di Meta prodotti con EssilorLuxottica, mentre l’azienda di Zuckerberg ha recentemente tagliato i prezzi del suo Quest Pro. Sempre quest’anno, è arrivato un nuovo capitolo della lunga e travagliata storia dei Google Glass: Mountain View ha messo la parola fine anche alla versione riservata esclusivamente alle aziende, e a settembre interromperà il supporto dedicato.

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