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Fisica quantistica, satelliti e sicurezza

“Più diamo la caccia ai quanti, più questi si nascondono”, scriveva Einstein in uno scambio epistolare con Paul Ehrenfest, nel 1924. Lo scetticismo del grande scienziato rispetto alla comunicazione quantistica è stato dissolto dalle recenti ricerche, che sono valse il premio Nobel 2022 ad Anton Zeilinger, con Alain Aspect e John F. Clauser per gli esperimenti sui fotoni entangled. Ricerche che agli albori, parliamo dei primi anni 2000, hanno coinvolto anche l’Agenzia Spaziale Italiana, per il tramite del professor Paolo Villoresi, direttore del Quantum Technologies Research Center dell’Università di Padova, che Fortune Italia ha incontrato alla conferenza Space2Connect, per approfondire il tema della declinazione, in ambito di sicurezza informatica, di ricerche quantiche e sperimentazione spaziale.

Space e cyberbsecurity, cosa lega i due ambiti?

Grazie alla ricerca spaziale abbiamo testato i protocolli necessari per utilizzare strumenti di protezione contro i cyber attack. Volendo semplificare: prima c’è la ricerca, poi lo sviluppo tecnologico e poi le applicazioni. Nel contesto spaziale – con applicazioni di cybersicurezza – si parte dalle due colonne scientifiche del ‘900: la teoria dell’informazione, che ha permesso di formalizzare i problemi per la comunicazione, il calcolo e la misura, e di generalizzare l’uso del bit. E la meccanica quantistica, che ha consentito di spiegare il microcosmo, di pensare e inventare i laser, gli effetti super conduttori alla base dei transistor, dei circuiti integrati, la tecnologia per il calcolo, la visione e i sensori di immagini: sono tutti basati su processi elementari quantistici.

Anche l’Europa investe in tecnologia quantistica.

Il budget iniziale assegnato, già nel 2017, alla Quantum technology flagship, iniziativa ammiraglia della Commissione europea (che traccia la linea per la ricerca quantistica in Europa, ndr), fu di 1 mln di euro. Tutto iniziò con un Manifesto, promosso dalla comunità scientifica che utilizzava, scopriva e sviluppava tecnologie quantistiche. Firmato da oltre 3000 scienziati, proponeva alla Commissione europea di adottare queste tecnologie. La Commissione lo ha recepito, e ora siamo alla seconda fase, con un budget di 7 mld di euro. Il progetto è decennale, ha una durata superiore a quella delle Commissioni e al consueto programma quadro settennale, è un’eredità che il nuovo commissario Thierry Breton ha rilanciato, affermando che ‘the future is quantum’, per la cybersicurezza.

Qual è il contributo italiano in questo contesto?

L’Italia ha avviato la ricerca con i finanziamenti ‘Blue sky’ dell’Università di Padova. I progetti successivi sono stati finanziati dall’Asi, altri col contributo Esa, con interventi di taglia media, parliamo di frazioni del milione per progetto. Collaboriamo con Asi da vent’anni, quando c’è stata la necessità di dimostrare lo sviluppo di questi metodi. Trasmettere uno stato quantistico vuol dire legare  due sistemi a livello più fondamentale: la difficoltà è rappresentata dall’energia minima dei portatori, che sono particelle elementari, fotoni. Bisogna seguire una strada diversa rispetto alle Tlc ordinarie, e questo ha richiesto il ‘tryal error’ per arrivare a dimostrare, un passo alla volta, le cose rilevanti: lo scambio dei singoli fotoni, poi la codifica e polarizzazione, la combinazione, tutto per supportare la fattibilità dei protocolli, quello che ora è nel programma europeo di sviluppo delle tecnologie per contrastare il Cybercrime.

Lei, in collaborazione con l’Asi e il Centro di geodesia spaziale di Matera avete avuto un ruolo nell’ambito delle sperimentazioni del premio Nobel Anton Zeilinger.

Il nostro esperimento del 2003 avveniva in un contesto in cui non c’erano precedenti. Io stesso, come responsabile del progetto, ho dovuto imparare molte cose, e alcune sui protocolli quantistici – all’epoca dimostrati in laboratorio – erano patrimonio del professor Zeilinger. Avviato il progetto, presi il treno per andare a Vienna e chiedergli di collaborare. Non avevamo mai fatto la rilevazione dei singoli fotoni su scala temporale dei nanosecondi e il corrispondente tagging temporale – cosa che lui invece aveva sperimentato – e c’era tutta la parte spaziale che per lui rappresentava un passo avanti. Fu una collaborazione sinergica, con il suo team iniziammo a sviluppare gli strumenti, e dopo cinque anni pubblicammo il primo lavoro.

Quali i vantaggi di queste tecnologie applicate al quotidiano e alla cybersecurity?

Le applicazioni di cui lei parla sono quelle concepite dai protocolli di scambio di chiavi, autenticazioni, integrità. Consentono di inviare comandi operativi a un dispositivo, che si trovi nella stazione dei treni, o nella rete di distribuzione dell’energia elettrica, o dell’acqua. Ma può trattarsi anche dei comandi operativi di un satellite. Purtroppo, e questo lo vediamo con il successo di alcuni attacchi informatici recenti, è necessario che questa trasmissione venga protetta. Serve autenticare i comandi, verificare l’integrità delle informazioni che arrivano, o cifrare il contenuto e fare in modo che non venga alterato e arrivi al destinatario autorizzato, senza fuga di notizie. Queste funzioni sono abilitate da protocolli di crittografia. Che hanno bisogno di due cose: numeri casuali genuini e chiavi che vengono scambiate. I protocolli quantistici servono per questo. Di base le comunicazioni di tipo governativo hanno stimolato i primi passi, generando interesse nella Commissione europea e nel governo. Ma anche a livello di sicurezza aziendale, sappiamo che gli attacchi informatici riguardano soprattutto le aziende, e questo è un aspetto di sicurezza: gli Stati hanno ambasciate in tutto il mondo, ma le aziende hanno filiali dove spesso, nelle comunicazioni o nelle unità di backup, avvengono fughe di dati.

 

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