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Alberto Barbera: “Lo sciopero di Hollywood impone all’industria del cinema nuovi modelli”

L’assemza delle star hollywoodiane alla 80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per via degli scioperi degli attori in America, non preoccupa il direttore artistico Alberto Barbera, che a Fortune Italia Entertainment parla di quanto sia cresciuta la
manifestazione nel corso degli ultimi anni, riportando il cinema made in Usa al Lido e aprendo la strada per gli Oscar ad alcuni titoli.

Oggi il festival, con un costo di 16 milioni di euro (contro i 34 di Cannes e i 32 della Berlinale), si attesta tra i maggiori al mondo, a livello artistico e industriale, per il suo sguardo attento al cinema contemporaneo, per la valorizzazione dei classici e per la sua apertura a nuovi
linguaggi e tecnologie.

Barbera, ai festival l’attenzione si concentra troppo spesso sulle star, quando dovrebbero essere i film a contare. Ormai il tappeto rosso, il photocall, le conferenze stampa con gli attori, sono una componente importante di una manifestazione come la Mostra.

I produttori vanno ai festival principalmente per promuovere i film. Noi lo facciamo per un altro motivo. Il nostro obiettivo è sostenere il cinema, quello d’autore, e far conoscere i buoni film della prossima stagione. Le due anime, quella commerciale e industriale da una parte, e quella artistica dall’altra, coesistono da sempre.

Che Mostra sarà l’80esima edizione?

Siamo certi del risultato importante. Il fatto che mancheranno al Lido le stelle di grandi film, anche se fortunatamente si tratta di pochi titoli, toglie qualcosa a questa edizione, ma ce ne faremo una ragione. Abbiamo fatto una Mostra in pieno Covid, con limitazioni ancora più pesanti. I registi ci saranno e faranno la loro parte brillantemente. Non sono troppo preoccupato per questa assenza forzata di attori. Le loro ragioni sono più che condivisibili e la tutela del loro lavoro è sacrosanta.

Alberto Barbera con il presidente della Biennale Roberto Cicutto accanto al manifesto di Venezia Cinema 80

Perdere il film di apertura di Luca Guadagnino, “Challengers”, è stato un duro colpo.

Abbiamo lottato una settimana intera con produttori e distribuzione perché non lo ritirassero. Ma hanno preferito far slittare l’uscita ad aprile 2024, per avere il sostegno di Zendaya durante la promozione. Il film è bellissimo e Luca era molto dispiaciuto di questa decisione. È l’unico film che è stato ritirato dalla Mostra.

In un momento di ripresa della sala, gli scioperi avranno ripercussioni pesanti sul cinema.

Ci saranno sicuramente delle conseguenze sull’industria, che sta affrontando ancora un momento di fragilità. Non possiamo non porci il problema di quel che succederà con lo slittamento delle uscite dei film e del fatto che mancherà il prodotto più attrattivo nelle sale perché
le produzioni si sono fermate. Era stato fatto un grande sforzo per riportare il pubblico in sala, e i risultati li stiamo vedendo tutti. Bisognerà chiedersi cosa fare per convincere il pubblico a tornare nuovamente nelle sale, dopo essersi riabituato a vedere i film a casa. L’industria cinematografica per 120 anni è vissuta su un modello che ha funzionato perfettamente in termini di certezze distributive, e che ora sta venendo meno. Un modello che va ripensato e aggiornato in considerazione delle grandi trasformazioni produttive e dei consumatori, sono cambiate le abitudini e i modi di fruizione.

Questo è il motivo per cui Venezia, rispetto a Cannes, non hai mai escluso le piattaforme dal festival?

Gli streamer sono oggi tra i maggiori produttori di cinema, in particolare d’autore. Alcuni Studios non esistono più, altri producono appena un paio di film all’anno. Rifiutarsi di considerare questo aspetto mi sembra un segno di cecità. La Francia ha un mercato particolare con delle unicità e una legislazione molto rigida, ma la realtà è cambiata sotto gli occhi di tutti.

Presentando i sei film italiani in concorso sui ventitré di quest’anno, “Enea” di Pietro Castellitto, “Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo, “Comandante” di Edoardo De Angelis, “Lubo” di Giorgio Diritti, “Io capitano” di Matteo Garrone e “Adagio” di Stefano Sollima, ha parlato di una stagione cinematografica italiana eccellente in termini di qualità. Sono titoli che possono puntare anche agli Oscar?

Gli Oscar sono sempre abbastanza imprevedibili. Ma sicuramente questi sono film dalle grandi potenzialità. Rispetto allo scorso anno, in termini quantitativi non è cambiato nulla. Si sono prodotti quasi 300 titoli italiani, eguagliando o forse anche superando quelli francesi. È, invece, aumentata la qualità, come gli investimenti sui singoli film, e questo è un segnale estremamente interessante. Il film di Costanzo è  costato 28 milioni, quasi 17 quello di De Angelis, tra gli 8 e i 9 le pellicole di Castellitto e Garrone, qualche milione in più “Lubo”. Fare grandi investimenti vuol dire muoversi in un’ottica diversa, rafforzando le società di produzione e puntando su un livello internazionale.

Il regista Saverio Costanzo con l’attrice Rebecca Antonaci, protagonista del film in concorso ‘Finalmente l’alba’

Quindi il nostro cinema è stato negli ultimi anni un po’ troppo italiano?

Abbiamo guardato a noi stessi, puntando su commedie e abituando lo spettatore a vedere solo certi tipi di film. Non ci siamo resi conto che il mercato stava andando da altre parti. Nell’ultimo periodo abbiamo iniziato a girare anche in inglese e in altre lingue, con cast misti e puntando a un mercato internazionale. Se lì siamo stati fino ad ora poco presenti, spero che ora diventi il campo dove l’Italia giocherà la sua partita, investendo su attori, storie di richiamo e film che possano competere con la qualità dei prodotti esteri.

Dal 2012, da quando è direttore della Mostra, ad oggi quali traguardi ha raggiunto?

Il primo obiettivo, d’intesa con il presidente de La Biennale, ai tempi Paolo Baratta, e ora Roberto Cicutto, è stato rinnovare tutte le strutture di accoglienza al Lido, dalle sale cinematografiche agli uffici. La Mostra era rimasta indietro da questo punto di vista, sia architettonicamente che tecnicamente, e una manifestazione che vuole essere uno tra i maggiori appuntamenti festivalieri deve arrivare al top di gamma in tutti i settori. Siamo riusciti a contrattare la fortissima concorrenza dei festival concomitanti in termini di date, Toronto e Telluride, riportando a Venezia gli Studios hollywoodiani, che prima preferivano fare la promozione dei loro film in America. Questo ha  prodotto un richiamo maggiore anche nei confronti di altri Paesi e oggi le produzioni indipendenti vengono più volentieri al Lido. Molti dei film presentati qui negli ultimi anni sono arrivati agli Oscar, e in alcuni casi li hanno anche vinti, confermando la nomea della Mostra di essere un ideale trampolino di lancio per i film che puntano alla statuetta.

Sono nati in questi anni anche nuovi progetti e sezioni.

Abbiamo creato Biennale College Cinema, che nel corso delle prime undici edizioni ha prodotto 88 film, facendo invidia anche a qualche piccolo produttore indipendente. E abbiamo ideato il concorso Venice Immersive, sull’isola del Lazzaretto, che oggi è al centro dell’attenzione mondiale. È un ambito sperimentale che non è ancora arrivato alla fruizione di massa, ma molto interessante dal punto di
vista linguistico e artistico, oltre che tecnologico.

Bisogna aver paura dell’intelligenza artificiale?

Non si deve mai essere spaventati delle innovazioni tecnologiche, perché nessuno è in grado di fermarle. Ricordo che al mio primo mandato veneziano, nel 1999, fu organizzata una grande convention sul digitale tra lo scetticismo di tutte le figure del settore che lo consideravano un banale strumento a disposizione del cinema e invece nel giro di poco tempo è diventato in grado di produrre e distribuire i film. Ora la discussione si è spostata sull’intelligenza artificiale che viene già utilizzata da tempo. È chiaro che va regolamentato il suo uso perché non crei danni e la riduzione drastica di tante figure in questo settore, ma può essere una sfida destinata ad aprire nuove possibilità nel futuro. Non bisogna averne paura, ma capire come utilizzarla al meglio per rafforzare il potere di comunicazione del cinema.

Non mancherà Venezia Classici, una sezione che ha avuto il merito di avvicinare le nuove generazioni a capolavori del cinema. 

Nonostante alcuni titoli si trovino sulle piattaforme, noi riproponiamo film restaurati e i tanti giovani che frequentano la Mostra scoprono questi classici con sorpresa, interesse e curiosità. Senza conoscere la storia del cinema non si può essere fruitori consapevoli del cinema di oggi. E noi cerchiamo di contribuire anche alla formazione delle nuove generazioni.

 

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