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Rivoluzione Zes: opportunità e criticità per il rilancio del Mezzogiorno

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Le Zes italiane, che fin dalla loro ideazione nel 2017 hanno rappresentato uno strumento di sviluppo economico ad altissimo potenziale, sono destinate a trasformarsi profondamente dopo l’approvazione del Dl Sud dello scorso 7 settembre. Tra le principali novità portate dal Decreto, che mira a supportare la crescita e il consolidamento economico delle aree del Sud Italia, si trova infatti la riorganizzazione delle 8 Zes attualmente esistenti in un’unica ‘Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno’ operante nei territori di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

La proposta di trasformare le Zes territoriali del Mezzogiorno italiano in un’unica, estesa, zona franca era emersa lo scorso luglio con la revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) presentata dal ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto. L’iniziativa, che ha già incassato la luce verde da parte della Commissione Europea, porta con sé diverse opportunità e complessità da  mappare e gestire attentamente.

Un primo punto di attenzione è dato dalla tabella di marcia ad oggi particolarmente serrata: la riforma si concretizzerà entro il 31 dicembre 2023 ed entrerà a regime entro giugno 2024. Oltre alla costituzione della Zes unica, gli interventi normativi che nei prossimi mesi vedranno la luce dovranno concentrarsi sulla creazione di un nuovo sistema di governance basato su una struttura unica nazionale e sulla stesura di un Piano strategico di sviluppo. La ratio sottintesa è quella di poter garantire una visione strategica unitaria per gli investimenti, con un focus su settori chiave come la manifattura, l’agricoltura, l’agroindustria, la transizione verde e digitale, il turismo e la valorizzazione del patrimonio culturale e naturale. Un presupposto, quello di una direzione unica centralizzata degli interventi, che ricalca quanto avvenuto nel corso dell’anno con la rimodulazione della gestione dei fondi Pnrr.

La seconda complessità, fortemente legata alla prima, riguarda gli effettivi spazi di manovra e ascolto di cui tale struttura dovrà godere. Mentre la riforma promette di semplificare e razionalizzare il sistema Zes, alcuni timori provengono da una centralizzazione eccessiva del potere a Roma. In tal senso, la conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, in un documento di inizio agosto, aveva sottolineato quanto fosse necessario garantire alla nuova Zes una rappresentanza multilivello, che vedesse all’interno della governance anche esponenti delle singole Regioni del Mezzogiorno. In tal modo, si punterebbe a valorizzare quanto portato avanti finora dalle Regioni titolari di una Zes per l’attrattività delle aree industriali. Si tratta anche di una questione di programmazione degli interventi: una struttura che veda al suo interno stakeholder locali potrebbe risultare più attenta a pianificare interventi adeguati alle vocazioni e alle specificità territoriali.

Un’ulteriore opportunità da non perdere è riconducibile alla copertura delle risorse, in particolare quelle derivanti dal Pnrr. La Zes unica del Mezzogiorno sarà finanziata con un miliardo di euro, ottenuto tramite il definanziamento di due misure del Piano (Aree interne – Potenziamento servizi e infrastrutture di comunità e Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie). Tuttavia, considerando che già lo scorso marzo la Corte dei Conti riportava l’obiettivo fissato dall’investimento Pnrr relativo alle Zes per il 2023 come di difficile realizzazione, occorrerà una rimodulazione dei tempi previsti, da contrattare con le strutture della Commissione Europea.

Le zone economiche speciali possono rappresentare un volano per la crescita economica nazionale e locale, sostenendo gli investimenti diretti esteri e il potenziale di crescita, grazie alla riduzione della regolamentazione e della burocrazia, oltre a favorire l’innovazione in settore strategici e la convergenza dello storico divario Nord-Sud. Occorre tuttavia affrontare la questione con estrema attenzione per garantire che la riforma delle Zes italiane possa davvero realizzarsi a pieno, mettendo finalmente a regime uno strumento dal grande potenziale, con benefici tangibili per l’intero Sistema Paese.

*Founder e Managing Director di Futuritaly, strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale

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