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Dopo il caso Ferragni-Balocco ci fideremo ancora della beneficenza?

Ferragni

È successo tutto a causa di un pandoro. In realtà 290.061, che nelle parole di Chiara Ferragni avrebbero dovuto sostenere la ricerca sull’osteosarcoma e sul sarcoma di Ewing e contribuire all’acquisto di un nuovo macchinario per l’ospedale Regina Margherita di Torino.

In realtà, la donazione all’ospedale era già stata fatta precedentemente dall’azienda Balocco (con cui l’influencer aveva stretto un accordo di collaborazione), e per questo l’ex ‘The blond salad’, che grazie ai pandori ha incassato oltre 1 milione di euro, si è ritrovata sotto accusa.

Pandoro-gate, cosa è successo con Chiara Ferragni e Balocco

Se si sia trattato di frode in commercio o di truffa (ben più grave) lo stabiliranno le indagini della Procura di Milano. Per Chiara Ferragni e Alessandra Balocco, ad dell’azienda dolciaria, l’accusa è quella di truffa aggravata dalla ‘minorata difesa’. Ribadiamo, sono contestazioni degli inquirenti milanesi, non è una sentenza di condanna. Dunque al momento gli indagati sono da considerare innocenti. Sul fronte politico, si sono accesi i riflettori su un tema spesso affrontato in maniera superficiale: quello della beneficenza.

Dal caso Ferragni emerge come ci sia “una questione di trasparenza sulla beneficenza, su cui forse bisogna lavorare”, ha sottolineato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che durante la conferenza stampa di inizio anno ha annunciato una normativa in arrivo.

Il pandoro Balocco griffato Chiara Ferragni in una immagine del 2022.ANSA/ GABRIELE DE RENZIS

“La verità è che la tracciabilità di dove finisce il denaro che decidiamo di devolvere è indispensabile. La sfiducia degli italiani, quando parliamo di organizzazioni no profit ad esempio, è già alta. Dopo questa storia diventeremo tutti più diffidenti?”, si chiede a Fortune Italia l’antropologo Marino Niola.

La ‘legge Ferragni’

Giorgia Meloni è stata chiara. “Occorre mettere ordine nel ‘far west’ della beneficenza e impedire a monte pratiche commerciali scorrette e campagne di marketing allusive per promuovere cause che di benefico rischiano di avere ben poco”.

La normativa (che qualcuno ha ribattezzato ‘legge Ferragni) per cui il ministero del Lavoro e quello dell’Economia si sono già messi al lavoro, preverrebbe anzitutto la chiara esplicitazione della modalità di elargizione: in relazione alle vendite o a cifra fissa?

Andrà poi ovviamente specificato se l’eventuale testimonial del prodotto riceverà un compenso e qualsiasi altra informazione utile ai consumatori.

Quanto ci fidiamo della beneficenza?

Il pandoro-gate, secondo Marino Niola, sicuramente accrescerà il sospetto e la diffidenza degli italiani verso le iniziative di beneficenza. “Sono sentimenti che già ci sono. Seppure va detto che, accanto a questi, c’è una capacità di adesione a campagne di beneficenza trasparenti. Perché la mia impressione è che se viene dato modo di fidarsi, tutti sono molto disponibili”.

“Io per primo – continua Niola – nutro sempre un forte sospetto verso alcune campagne. Soprattutto quando vengono da personaggi che non è che si configurino proprio come ‘buoni samaritani’. Sto pagando per beneficenza o per la performance di qualcuno famoso?”.

Come diceva ‘il divo’ Giulio Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”. Inoltre, nel merito della vicenda Ferragni, precisa Niola: ” A me piace chi fa beneficenza senza farlo sapere. La vera nobiltà della beneficenza sta nella scelta dell’anonimato. Solo chi è beneficato deve sapere chi lo ha fatto e nemmeno. Quando le nostre intenzioni sono veramente buone, non c’è nessun bisogno di pubblicità“.

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