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UP Arena: Proteggere i minori dalle insidie dei social, parla Francesco Laviola

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È giusto che i minori utilizzino così liberamente i social network oppure è necessario introdurre dei meccanismi per evitare che ciò accada? Se occorrono limitazioni, quale dovrebbe essere l’età minima per l’accesso? E quali gli strumenti per garantirne il rispetto?

Provate a chiedere ad una classe di Gen Z: “In quanti di voi hanno mentito sull’età la prima volta che si sono iscritti a un social network?”. Recentemente mi è capitato più volte di fare questa domanda e di solito mi è stato risposto: “Quasi tutti”.  Dichiarare un’età diversa dalla propria per aggirare le limitazioni imposte dalle piattaforme social sembra un malcostume comune, ma siamo sicuri che, proprio per questo, non serva, a maggior ragione, un limite certo?

A luglio, in Francia è stata adottata una legge sulla “maggiore età digitale”, fissata a 15 anni, a partire dalla quale è espressamente prevista la possibilità di iscriversi ai social network senza consenso dei genitori. Anche in Italia ci sono varie proposte in tal senso presentate in Parlamento. In ogni caso, l’età per esprimere validamente il consenso al trattamento dei dati personali per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori è fissata dalla legge a 14 anni; prima ci vuole l’autorizzazione di chi esercita la responsabilità genitoriale.

Esiste un reale bisogno di un maggior livello di protezione dei più piccoli quando frequentano i social? Senza arrivare per forza a conclusioni drastiche – come ha fatto, invece, la città di New York che il 14 febbraio 2024 ha annunciato di aver fatto causa ad una serie di piattaforme di social network per aver manipolato i minori e aver generato in loro una dipendenza –, possiamo comunque dire di sì: i cyber risk esistono e non possono essere ignorati. Ebbene, è evidente allora che sia il caso di prevedere qualche tipo di controllo. Con un protocollo d’intesa firmato il 12 aprile 2023, il Garante privacy e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni hanno istituito un tavolo per promuovere un codice di condotta che accompagni le piattaforme digitali verso l’adozione di sistemi per la verifica dell’età dei minori che le frequentano.

Anche all’estero il problema è sentito. Per esempio, già nel 2022 la CNIL (il Garante privacy francese) aveva proposto di affidare ad una terza parte indipendente il compito di verificare l’età dei minori, in modo da evitare che l’identificazione venga effettuata dalle piattaforme. A questo scopo, aveva anche provato a lanciare una “demo”, in collaborazione con l’École Polytechnique e il Centro di competenza per la regolamentazione digitale dello Stato (PEReN).

Insomma, posto che è necessario stabilire delle regole e prevedere delle forme di controllo per assicurarne il rispetto, la sfida sta nel trovare il modo di farlo garantendo il massimo livello di tutela dei diritti degli utenti.

*Francesco Laviola ha 30 anni. È funzionario presso il Garante per la protezione dei dati personali e dottore di ricerca in Diritto pubblico presso l’Università degli Studi Roma Tre. Le opinioni espresse in questo articolo sono frutto della riflessione personale dell’autore e non impegnano in alcun modo il Gpdp. Le opinioni espresse in questo articolo sono frutto della riflessione personale dell’autore e non impegnano in alcun modo il Gpdp

 

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