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Istat, nel 2023 l’inflazione mangia reddito e risparmio delle famiglie italiane

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Aumenta il reddito, ma non abbastanza, per le famiglie. Nel 2023, secondo i dati Istat, l’inflazione ha mangiato una buona parte della ricchezza prodotta: per questo, nonostante il reddito disponibile delle famiglie sia aumentato del 4,7% (un incremento di 58,7 miliardi di euro) il potere d’acquisto si è ridotto dello 0,5%.

 

Secondo il report l’impatto dell’inflazione si è fatto sentire anche sulla capacità di risparmiare degli italiani: la spesa per consumi finali cresce del 6,5% (ovvero 74,6 miliardi di euro) e la propensione al risparmio delle famiglie cala al 6,3%, dal 7,8% del 2022. È un record assoluto, il minimo dal 1995, periodo di riferimento dei conti.

L’impatto sugli investimenti e la crescita del valore aggiunto

Tra gli altri dati, il tasso di investimento delle famiglie si porta al 9% (dal 9,2% del 2022). Il tasso di profitto delle imprese scende al 44,8% (dal 45,4% del 2022), nonostante la crescita del valore aggiunto del 6,2%. Il loro tasso di investimento si riduce al 20,9% (dal 22,3% dell’anno precedente) a seguito della diminuzione degli investimenti fissi lordi (-0,6%).

Secondo Istat la crescita del valore aggiunto riguarda sia imprese che famiglie. L’istituto sottolinea come il valore aggiunto delle società non finanziarie abbia registrato nel 2023 una crescita del 6,2% (+59,3 miliardi di euro): anche se rallenta rispetto all’anno precedente, la crescita ha permesso l’aumento dei redditi da lavoro pagati ai dipendenti (+6,3%) e delle imposte sulla produzione (+7,5%). Le società non finanziarie hanno ricevuto 23,8 miliardi di euro di contributi alla produzione, in diminuzione rispetto al 2022 (-12,1%, -3,3 miliardi di euro).

Anche se il risultato lordo di gestione, ossia il margine operativo del settore, è aumentato del 4,8% (+14,4% nel 2022), la dinamica è più contenuta rispetto a quella del valore aggiunto. Per questo il tasso di profitto, cioè il rapporto fra risultato lordo di gestione e valore aggiunto, si è portato nel 2023 al 44,8% dal 45,4% dell’anno precedente.

Il conto salato pagato dalle famiglie

Secondo Istat il saldo degli interventi redistributivi nel 2023 ha sottratto alle famiglie 118,8 miliardi di euro, 16,5 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Ad aumentare sono le imposte correnti pagate dalle famiglie (di 24,6 miliardi di euro, +10,7% rispetto al 2022) per la crescita dell’Irpef (+10,2%) e delle ritenute sui redditi da capitale e sul risparmio gestito (+23,0%). “Per i contributi sociali versati dalle famiglie, nel complesso cresciuti di 10 miliardi di euro (+3,3%), si registra un aumento dei contributi sociali effettivi pagati dai lavoratori autonomi (+7,3%, +2,9 miliardi di euro) e una diminuzione di quelli a carico dei lavoratori dipendenti (-4,3% -2,2 miliardi di euro)”, spiega inoltre l’Istat.

Le prestazioni sociali hanno registrato un incremento del 4,3%, cioè +19,1 miliardi di euro (+2,4% nel 2022, +10,2 miliardi di euro). “La dinamica positiva delle prestazioni sociali è dovuta, principalmente, all’aumento delle pensioni e rendite erogate dagli enti di previdenza (+21,5 miliardi di euro rispetto all’anno precedente) e delle misure relative agli assegni familiari (+3,0 miliardi di euro), in particolare per il consolidamento dell’erogazione dell’assegno unico e universale per i figli a carico, che hanno compensato la riduzione registrata nei sussidi per l’esclusione sociale (-10,8 miliardi di euro)”, spiega l’istituto. “Favorita dal prolungamento del sistema di incentivi alle ristrutturazioni, è proseguita nel 2023 la crescita degli investimenti delle famiglie per l’acquisto e la manutenzione straordinaria delle abitazioni (+3,0%, +3,4 miliardi di euro rispetto al 2022), anche se con ritmi più contenuti rispetto al biennio precedente. Le famiglie hanno beneficiato nell’anno di 78,4 miliardi di euro di incentivi agli investimenti erogati dalle amministrazioni pubbliche (+21,2 miliardi di euro rispetto al 2022)”.

 

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