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Giovani e politica, un amore non ricambiato in un paese che invecchia senza fine

Le elezioni regionali in Sardegna e in Abruzzo hanno confermato la disaffezione dei giovani alla politica. In troppo pochi votiamo, ci candidiamo e riusciamo a ritagliarci uno spazio dignitoso per provare ad incidere. E tutto ciò accade mentre l’Italia invecchia, si impoverisce e si isola.

L’Istituto nazionale di statistica ha elaborato un’analisi sul trend demografico del Paese. Secondo l’Istat, neanche il flusso migratorio riuscirà a compensare la perdita di 13,2 milioni di residenti entro il 2080, con conseguenze importanti sulle politiche sociali dell’Italia. Tra i trend consolidati ci sono l’invecchiamento della popolazione e la tendenza dei giovani a fare meno figli. L’Istat segnala che nel 2050 le persone con più di 65 anni potranno arrivare a rappresentare il 34% del totale.

Il rapporto tra giovani e anziani è in costante aumento, con l’indice di vecchiaia – cioè il numero di anziani ogni 100 giovani sotto i 15 anni – salito al 188% nel 2022 contro il 138% del 2005. Un incremento aggravato dalla fuga dei cervelli e dal calo delle nascite che hanno portato a creare “un debito demografico nei confronti delle generazioni future soprattutto in termini di previdenza, spesa sanitaria e assistenza”.

Secondo lo studio realizzato dal think-tank Economic Impact e supportato da Haleon, tra i leader mondiali nel settore che misura l’estensione e l’esperienza di inclusione sanitaria, esiste un netto divario generazionale anche in materia di salute.

La Gen Z si sente maggiormente esclusa dal sistema sanitario con il 45% che esprime un disallineamento fra necessità personali rispetto alla qualità dell’assistenza ricevuta. Mentre un quinto di queste due fasce generazionali (21% per Gen Z e 22% per Millennials) parla di accesso completamente negato. Ad aumentare la preoccupazione è un’indagine di Openpolis che mostra come l’incidenza della povertà assoluta tra bambini e ragazzi con meno di 18 anni sia triplicata tra il 2005 e il 2021, passando dal 3,9% al 14,2%. I giovani che restano in Italia saranno sempre più poveri.

Quindi, cosa è mancato? Un aumento degli stipendi? Scelte politiche coraggiose? La valorizzazione delle competenze nate dalle nuove professioni che spesso solo i giovani sono in grado di interpretare correttamente? Ci rendiamo conto che di questo passo inizieremo a parlare dei giovani come di una classe sociale in via d’estinzione? Dobbiamo reagire, non c’è più tempo da perdere.

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