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Libertà di stampa

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Ogni volta che si scrive della libertà di stampa arriva, puntuale, la contestazione: siete una corporazione, difendete rendite di posizione, e siete al servizio dei poteri forti. Sono concetti centrali nella retorica grillina, utilizzati dai leader del Movimento per screditare la mediazione degli organi di informazione e nobilitare l’interlocuzione diretta, quella dei post e dei tweet che quotidianamente raggiungono il popolo della Rete. Per questo, Di Battista e Di Maio scelgono con cura parola come ‘puttane’ e ‘sciacalli’: hanno il pregio di rappresentare il loro bersaglio senza bisogno di approfondire più di tanto.

Ultimamente, questi argomenti sono diventati talmente ricorrenti da convincere anche una parte degli stessi giornalisti. In genere, sono quelli che hanno inseguito a lungo l’obiettivo di diventare grandi firme e, alla fine, loro malgrado, hanno dovuto ripiegare percorrendo strade diverse. Poi, ci sono quelli che hanno scelto la militanza contro i poteri forti, grande stampa inclusa. Questi, da qualche mese, hanno trovato una sponda politica e un consenso popolare che li fa sentire ‘dalla parte giusta’ e che da’ loro anche opportunità finora insperate.

Uscendo dalla narrazione, la realtà è fatta di altro. Ci sono giornalisti che fanno le puttane, nel senso che si vendono per soldi, per interesse personale, per fare carriera. Così come ci sono politici, imprenditori, medici, magistrati, avvocati, poliziotti che fanno lo stesso. Ci sono anche gli sciacalli. E, anche qui, hanno sodali in qualsiasi altra professione.

Poi, però, ci sono tutti gli altri giornalisti. Ne conosco tanti. Hanno scelto questo mestiere, hanno lottato per farlo, spesso umiliati e sotto pagati. E quando sono arrivati a farlo, anche raggiungendo qualche risultato professionale, non hanno mai smesso di lavorare, pensare, fare domande, e scrivere per le notizie. Ricevendo spesso in cambio tentativi più o meno efficaci di censura, tagli di stipendio, licenziamenti. Non sono eroi, non vanno ne’ celebrati ne’ santificati. Ma andrebbero almeno rispettati.

Dovrebbe rispettarli la politica, che li vive a giorni alterni come un potenziale alleato o come il peggiore dei nemici da combattere. Dovrebbe rispettarli il popolo, anche quello della Rete, che dovrebbe essere capace di giudicarli, contestarli o apprezzarli in base a quello che dicono o scrivono. Dovrebbero, poi, i giornalisti rispettarsi tra loro. Rinunciando alla inutile, masochistica, abitudine di prendere le parti del potente di turno pur di ottenere un vantaggio. Perché diventa insopportabile, da qualunque parte venga, il giornalismo che vuole autocelebrarsi come ‘vero’ e dare pagelle ad altro giornalismo.

E’ un vizio solo italiano. La grande stampa internazionale, come quella americana che noi frequentiamo, conosce un altro modo di confrontarsi: contendersi le notizie e, quando possibile, dare fastidio ai concorrenti e ai potenti di turno. Da questo punto di vista, abbiamo da imparare. Speriamo in fretta, perché la libertà di stampa resta l’unica garanzia possibile per chi non vuole che ‘il pensiero unico’ possa veramente affermarsi.

 

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