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Il dovere di cambiare il mercato: la comunicazione di Wpp Italia

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Massimo Costa, country manager Wpp Italia, parla del futuro della comunicazione, dei progetti del suo gruppo e anche di quello che servirebbe al Paese per diventare più internazionale.

Massimo Costa è un affermato professionista internazionale della comunicazione, che guida un gruppo leader nel suo mercato di riferimento, WPP Italia. Dalla prima stretta di mano, nei suoi uffici di Milano, mostra la stessa convinzione quando parla di pubblicità o di marketing e quando il discorso si sposta sulla trasformazione economica e sociale del Paese. Che ha un grande potenziale ma che a volte pecca di una certa forma di provincialismo. Puntualizza di non voler dare indicazioni sulla politica ma non rinuncia comunque a esprimere il suo punto di vista. E se la mission per chi deve cambiare il Paese è necessariamente condizionata da compromessi e incertezze, quella del suo gruppo è piuttosto chiara. “Come leader di settore, sentiamo la responsabilità di aiutare i nostri clienti ad affrontare i cambiamenti del mercato. WPP in Italia è costituita da 65 aziende, con un gestito di 500 mln di dollari, 2600 dipendenti e 1200 clienti, per l’80% italiani. Portiamo in Italia quello che facciamo anche all’estero, con un expertise ben definita: supportiamo i clienti nella digital transformation, offriamo la nostra consulenza per valorizzare l’export e per l’internazionalizzazione, ponendo attenzione ai cambiamenti socioculturali che il data ci permette di leggere”.

Oggi Costa, che guarda alle contrapposizioni “tra Nord e Sud ma anche tra giovani e vecchi e tra donne e uomini”, mette al centro della sua analisi “diversity, inclusivity, social impact”. Perché, spiega, “parlare di sostenibilità è ormai abbastanza scontato ma non basta più avere una filiera sana e occorre gestire anche le dinamiche sociali: trovare un lavoro o ricollocare chi lo ha perso vuol dire, oltre a ridare dignità alle persone, anche ritrovare potenziali consumatori, e clienti”. È cambiato, e molto, anche l’approccio all’utente finale. “Oggi – sintetizza Costa – conta soprattutto la profilazione degli utenti attraverso l’analisi dei dati, che servono a farlo nel modo più accurato possibile al fine di conoscere meglio abitudini e desiderata dei consumatori per aiutare i brand a dialogare con i target di riferimento”.

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di settembre.

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